Quotidiano / Quelle lacrime possono rendere onore al buon giornalismo e riaccendere i riflettori sullo scontro civile in Siria

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Probabilmente in questo momento storico il mestiere del giornalista è uno dei più complicati da svolgere e o-GIORNALISTA-ALEPPO-facebookmai come adesso la figura professionale entra in collisione con la sfera umana del professionista. “Il cinico non è adatto a questo mestiere”, direbbe il polacco Ryszard Kapuscinsky; dinanzi alle atrocità e alle violenze di questo nostro tempo può saltare fuori tutta l’emotività di chi quei terribili attimi li sta raccontando al mondo e ne subisce direttamente l’effetto mediatico, che è ben diverso dal sensazionalismo mediatico cui noi ci siamo fin troppo abituati, quasi riuscendo a non piangere e a non emozionarci più dinanzi a uccisioni, strangolamenti e omicidi di comuni cittadini. Le lacrime del giornalista di Al Jazeera Miled Fadel, riversate in diretta mentre descrive uno dei drammi più forti di questo nostro tempo qual è Aleppo, rendono onore al buon giornalismo e restituiscono alla categoria quella dimensione pro sociale da cui spesso si prendono le distanze a causa di un’informazione malata che non conosce più la frontiera (legittima) emotiva e scivola alla deriva (illegittima) del sensazionalismo. “Non si può non stare dalla parte di queste 300mila persone”: queste parole di Miled Fadel, pronunciate con le lacrime sul viso, sono il testamento del buon giornalismo. Perché, se è pur vero che al centro del racconto devono esserci i fatti evitando l’emotività, è pur vero che la soggettività del giornalista è parte integrante della notizia. Il giornalista “sente” sulla propria pelle la profonda crisi umanitaria che minaccia Aleppo est – sotto assedio da quasi un mese, con le forze di Bashar al-Assad che impediscono l’arrivo degli aiuti umanitari. In Siria questo dramma non sembra avere mai fine: Al Nusra ha lasciato Al Qaeda e si è alleato con i moderati (anche se gli esperti commentano ciò come un’operazione di facciata), l’Isis partecipa alle offensive attaccando le linee governative e, infine, pesa il fattore curdo le cui forze fungono da spalla a quelle governative. Non resta che chiederci, pensando anche noi alle 300mila persone sotto assedio messe a repentaglio da uno scontro civile senza tregua, se ci volevano queste poche lacrime per riaccendere i riflettori su Aleppo e tutta la Siria. L’impressione, almeno per chi scrive, è proprio questa.

Domenico Strano

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