A tu per tu con i comunicatori

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Poche ore prima del solenne rito dell’ordinazione episcopale di mons. Antonino Raspanti, l’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Acireale ha organizzato, presso i locali della Curia diocesana, una conferenza stampa con il nuovo vescovo. Si è trattato di un interessante e partecipato incontro con gli operatori della comunicazione, coordinato dai responsabili dell’ufficio, don Marco Catalano e Mario Di Prima. I quasi quaranta giornalisti accreditati hanno avuto, così, l’opportunità di fare la conoscenza di mons. Raspanti e di apprezzarne subito il notevole bagaglio culturale, l’intelligenza viva, la profondità di pensiero, lo spessore umano, che certamente ne fanno una delle figure più belle del clero siciliano.

All’inizio dell’incontro don Marco Catalano, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali, ha presentato nei minimi dettagli il rito dell’ordinazione, un rito molto ricco di simboli e segni, soffermandosi sugli elementi principali della celebrazione che si sarebbe svolta nel pomeriggio. Ha ricordato, inoltre, come, per la prima volta nella storia della nostra diocesi, un vescovo di Acireale viene ordinato nella nostra Chiesa Cattedrale. Le precedenti nove cerimonie di ordinazione avevano, infatti, riguardato vescovi ausiliari oppure sacerdoti destinati a guidare altre diocesi.

A seguire, mons. Raspanti si è sottoposto al “fuoco di fila” dei giornalisti, che lo hanno bersagliato con domande a volte assai impegnative, rispondendo sempre con garbo e acutezza. Egli ha confessato, anzitutto, di essere stato preso da un sentimento di trepidazione e di smarrimento, non appena ha saputo della sua nomina a vescovo di Acireale. “Anche se non conosco bene la Sicilia orientale – ha detto il vescovo – entro con il cuore ardente di amore nella vita della diocesi”.

Tra le altre dichiarazioni rilasciate alla stampa, mons. Raspanti ha poi precisato di vivere con travaglio il suo essere siciliano perché convinto, come tutti i grandi scrittori isolani del novecento (Pirandello, Sciascia, Bufalino), che l’insularità, intesa come isolamento, non fa crescere. Ecco perché, nel suo percorso di formazione umana e spirituale, ha sempre cercato di creare ponti tra la Sicilia e il resto del mondo.

Ha, quindi, chiarito ai presenti la simbologia dello stemma episcopale, in cui ha voluto inserire un richiamo alla sua formazione teologica (i tre cerchi, simbolo della Trinità, e la stella, simbolo della Madonna) insieme ad altre immagini che si ricollegano alla sua storia personale: l’aquila, simbolo dell’evangelista San Giovanni (a cui è intitolata la Facoltà Teologica di Sicilia, di cui è stato a lungo docente) nonché della sua città natale (Alcamo); i faraglioni di Aci Trezza (presenti nello stemma civico di Acireale) e le api, simbolo della laboriosità. Il suo motto riprende due parole che sintetizzano l’infaticabile ministero episcopale di San Francesco di Sales: “Humilitas ac Dulcedo” (umiltà verso Dio e dolcezza verso il popolo affidato al vescovo).

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