Calcio / Il 2016 dell’Italia: un anno di forti emozioni

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italia-spagna-euro-2016-2Gli anni pari, si sa, sono particolari e densi di avvenimenti per gli amanti del calcio: sono scanditi e contrassegnati da Mondiali ed Europei, manifestazioni che finiscono per catalizzare un’attenzione quasi spasmodica, ancor più accentuata nell’era di internet e dei social network. Normalmente, in queste annate, i giocatori simbolo delle nazionali vittoriose vengono eletti migliori calciatori del pianeta, magari sottraendo il riconoscimento a chi, in stagione, aveva fatto di più: altre volte, invece, capita che le carriere di mestieranti del pallone vengano esaltate fino a scrivere pagine indelebili di storia dello sport.

La fortuna di far coincidere il mese e mezzo migliore della carriera in occasione di Europei e Mondiali è capitata a Schillaci, Materazzi, Grosso per citarne alcuni: avrebbe potuto esserlo, in questo 2016 che si avvia alla fine, anche per “carneadi” come Giaccherini e Pellé, alfieri di un’Italia coraggiosa e operaia condotta da Conte a un passo dal compiere la scorsa estate una vera e propria impresa sportiva.

Parte prima: Conte e gli Europei 2016

Parlare di impresa sfiorata, riferendoci allo sfortunato quarto di finale tra Germania e Italia vinto ai calci di rigore dai primi, non è iperbole: la nazionale presentatasi a Euro 2016, a detta degli addetti ai lavori, era una delle più povere tecnicamente di tutta la storia. Una rosa dall’età media molto alta, privata fra l’altro a centrocampo della luce e della sapienza tattica di due colonne come Marchisio e Verratti: ci si basava sulla grande tenuta difensiva, garantita dall’attempato ma solidissimo blocco Juve. Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini: la BBC azzurra, granitica e temprata da successi in serie, era l’unica ancora di salvezza in una desolante mancanza di qualità ed esperienza internazionale.

Sappiamo tutti com’è finita: il condottiero Antonio Conte è riuscito a compattare il gruppo, facendo gettare a ogni atleta il cuore oltre l’ostacolo. Lo splendido 2-0 nell’esordio agli Europei contro il super Belgio dei giovani, siglato da Candreva e Pellé, è stato il preludio del magnifico trionfo degli ottavi di finale contro i bi-campioni europei della Spagna: un altro 2-0 siglato da Chiellini e ancora Pellé, giocatore diventato improvvisamente il simbolo di una Nazionale operaia, solida, in cui tutti davano l’anima per un unico obiettivo. Quel simbolo, però, si è improvvisamente dissolto in una serata di inizio luglio: i quarti con la Germania, trascinatisi sino ai rigori dopo l’1-1 griffato dal rigore di Bonucci, rimarranno impressi per i goffi errori di Zaza e dello stesso Pellé.

Errare è ovviamente umano: la gaffe clamorosa della punta azzurra è stata quella di voler sfidare Neuer mimando il celebre gesto del cucchiaio, per poi spedire la palla ben lontano dai pali. Un peccato di presunzione che ha trasformato la favola in incubo: Italia fuori a testa altissima, Pellé assurto a capro espiatorio. L’avventura di Conte sulla panchina azzurra finisce in maniera amara, ma con la consapevolezza di aver avuto il massimo da un gruppo che, inevitabilmente, avrebbe dovuto affrontare un rinnovamento.

Parte seconda: l’inizio di una nuova av-Ventura

Un rinnovamento che, almeno all’inizio, è lento: Giampiero Ventura, maestro di calcio genovese chiamato dalla Federazione per affrontare il percorso verso i Mondiali 2018, ha idee diverse rispetto ai ritmi forsennati e all’approccio fisico e caratteriale di Antonio Conte; da uomo navigato qual’è, l’ex tecnico granata capisce però che la sua rivoluzione gentile dev’essere attuata gradualmente, di pari passo con l’inserimento delle nuove e promettenti leve che il nostro campionato mette in mostra.

La sconfitta in amichevole con la Francia fa male ma non troppo, all’esordio nelle qualificazioni si fatica molto in Israele prima di strappare i tre punti, subendo per quasi tutta la partita la Spagna nel big match del girone G e trovando la rete dell’1-1 solo dopo aver gettato in campo tutta la sua batteria di attaccanti. In Macedonia, a 20′ dalla fine, stava per materializzarsi un’imbarcata che avrebbe avuto del clamoroso: la svolta si è avuta quando, dismessi i tradizionali panni del 3-5-2, il ct è andato finalmente incontro alla sua vocazione mettendo le ali a una squadra che, così facendo, ha ribaltato la partita.

E’ stato Ciro Immobile l’hombre del partido: emblema di una nazionale che sta cambiando pelle, riabbracciando Verratti e lanciando Romagnoli al centro di una difesa rabberciata dagli infortuni a rotazione del blocco juventino. Senza dimenticare Belotti: il “Gallo” granata, concentrato quasi perfetto di fisicità, furia agonistica e senso del gol, sembra essere il compagno ideale del Ciro biancoceleste. Ci sono poi altri atleti in rampa di lancio: Donnarumma è ormai il vice-Buffon, Rugani sta dimostrando alla Juve di essere degno erede della BBC bianconera, Bonaventura (lasciato a casa da Conte agli Europei) è elemento imprescindibile in mediana.

Come scordarci, infine, di quella magnifica batteria di esterni d’attacco che costituisce il cuore stesso della “rivoluzione venturiana” in nome del 4-2-4? Bernardeschi, Berardi, El Shaarawy, Insigne e Sansone potrebbero realmente rappresentare il cambio di passo rispetto allo scorso biennio. “Abbiamo cominciato un percorso importante – ha dichiarato il ct qualche settimana fa – sia per qualificarci ai Mondiali, che per creare i presupposti affinché i Mondiali diventino importanti“. Il 2017 è già alle porte: una nuova Italia bussa per scrivere altre gloriose pagine di storia.

Giorgio Tosto

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