Il culto dei morti / Un legame forte perché “la vita non ci viene tolta, ma trasformata”

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Il culto riservato alle persone che ci hanno preceduto in questa vita ha radici antiche. Dagli scritti e dagli scavi troviamo come dare degna sepoltura sia stato un impegno di tutte le culture di cui abbiamo notizie storiche fino ad oggi.  Un culto che scaturisce non solo da parte dei familiari e degli amici ma che nel tempo diventa un preciso impegno umano che investe le istituzioni pubbliche. Il legame affettivo che lega i figli ai padri si traduce nel ricordo indelebile nel cuore e nell’imitarne i gesti e continuare gli esempi di vita. Un legame comprensibile, che rivela il  bisogno umano di non scomparire nel nulla dopo una vita di sacrifici, di impegni sociali, familiari, culturali. “Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha nell’urna”, si legge in qualche lapide nei nostri cimiteri, come ammoniva il Foscolo nei suoi “Sepolcri”.

Gli affetti sono anche quelli di amici e parenti, ma anche quelli che il popolo riconosce a quanti hanno vissuto una vita donata per il bene comune, per migliorare l’esistenza umana con le loro capacità e risorse individuali, quali scienziati, ricercatori, inventori, … Chi non ricorda anche a distanza di millenni, pur non avendoli conosciuti in vita, uomini come Cristoforo Colombo, Michelangelo, Galilei, Dante, don Pino Puglisi, il giudice Livatino, Luigi Pirandello, Giovanni Verga, Andrea Camilleri e non vanta la loro vita e il loro genio, e non riconosce i segni speciali lasciati a noi della loro esistenza?

Sappiamo che la vita umana ha un limite, un tempo, mentre l’anelito del cuore è senza limiti. Perché morire, se la vita è piena di ogni ben di dio e può recare gioia, gratificazioni, consolazioni, emozioni, impegno di intelligenza, di genialità, di imprese, di successi all’uomo vivente?

Dal momento della nascita, sappiamo che la vita ha un limite, a cui nessuno può sfuggire, la morte.

Quale miglior rimedio alla morte se non il ricordo indelebile del cuore da parte di chi nella vita ha   ricevuto amore?

I morti vivono nei nostri cuori con il loro esempio di vita, con i loro valori ideali, con la loro capacità di amare, e perfino con i loro errori. Si, è vero, si dice che ai morti non si addebitano errori, dei morti non bisogna parlar male, ma è anche vero che ai morti si perdonano gli errori e nel perdonarli noi viventi li rimettiamo in vita, lasciando cadere il nostro rancore, il nostro malessere.

Non a caso, la commemorazione dei defunti, nel culto cattolico, si celebra dopo la festa di tutti i santi, in cui la Chiesa ricorda che la vita dell’uomo finisce come presenza corporea e attiva in questa terra per trasformarsi in anima pura. “La vita non ci viene tolta, ma trasformata”, ci spiega la liturgia dei defunti, cioè, la vita dell’uomo con la sua morte non è più visibile nel suo corpo di carne, che presto si trasformerà in polvere, così come era prima di venire al mondo, ma diventerà vita spirituale, simile gli angeli, assorbita dallo Spirito purissimo del Dio Trinitario e tale  resterà per sempre. Questo è il destino dell’uomo, diventare completamente spirituale e uniformarsi agli angeli e confondersi nella vita trinitaria del Corpo Mistico, di cui Cristo è il capo, in quanto unico nostro Signore, Salvatore, Liberatore e Redentore. 

La trasformazione del corpo in puro spirito permette a noi che siamo ancora in vita di comunicare con loro in modo spirituale, mediante preghiere e suppliche a Dio, alla Madonna e ai Santi per favorire la loro purificazione dal peccato commesso nella fragilità della condizione umana e alimentare in noi il desiderio di una vita degna di meritarci il gaudio del Paradiso insieme agli angeli e ai santi per tutta l’eternità.

La nostra tradizione ci permette anche di educare i nostri bambini a mantenere vivo il ricordo delle persone di famiglia che ci lasciano invitandoli a pregare per loro e offrendo a nome loro i regali che al mattino troveranno accanto ai loro lettini. I nonni ci vogliono ancora bene, non possiamo dimenticarli, siamo anzi grati a loro per quanto hanno fatto e continueranno a fare per noi dal cielo, ormai purificati e privi di sofferenza, beati perché vivono nella purezza dello Spirito e perciò sono diventati Santi.      

Teresa Scaravilli

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