Intervista a Carmelo Carmeni, il randazzese campione mondiale di forgiatura: “Partire dalle scuole per rivalutare l’artigianato”

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Abbiamo incontrato il campione mondiale di forgiatura: il giovane quarantunenne Carmelo Carmeni, rinomato artigiano randazzese. Ci siamo così recati nella sua fucina, nella zona industriale della località etnea. Ci accoglie sorridente e con molta umiltà. Chiediamo così al primatista di parlarci un po’ di questa sua esperienza e se possibile di ammirare l’opera, che ci mostra con molta semplicità.

Carmelo Cameni con l'opera che lo ha laureato campione mondiale di forgiatura
Carmelo Carmeni con l’opera che lo ha laureato campione mondiale di forgiatura

Dove si è svolto il campionato?

“A Stia, in provincia di Arezzo, per la XX biennale europea d’arte fabbrile.”

In quanti partecipavate?

“200 fabbri provenienti da ogni parte del mondo.”

Come era strutturata la partecipazione?

“La gara è iniziata il 5 per concludersi l’ 8 settembre, il tutto corredato, per una maggiore attrazione, da una fiera mercato, che si trova nelle vicinanze, laddove ogni fabbro espone i propri lavori. Vi sono 12 postazioni, e ad ogni concorrente viene messo a disposizione un lasso di tempo di tre ore per realizzare la propria opera.”

A chi è permesso osservare durante la gara?

“Alla giuria, naturalmente, ed al pubblico seduto in tribuna, solitamente gente del mestiere.”

Da chi era composta la giuria?

“Da membri internazionali. Ha presieduto il prof. Paolo Blasi, con altri esperti del settore come Michael Bondi (Stati Uniti), Pavel Tasovsky (Repubblica Ceca), Cristoph Friedrich (Svizzera), Chris Topp (Inghilterra), Peter Elgas (Germania).”

Qual era il tema?

“La plasticità. Dar vita ad un semplice pezzo di ferro.”

Un primo piano dell'opera vincitrice: "Uno, nessuno e centomila"
Un primo piano della statua di Carmeni: “Uno, nessuno e centomila”

Come ti sei cimentato in quest’opera?

“Ho sezionato in tre parti l’attuale statua, prima che giungesse allo stato attuale.”

In che senso “sezionare”?

“La riduzione in sezioni era necessaria per potere esaminare con i canoni di proporzionalità l’opera definitiva.”

Come avviene questo processo?

“Ho forgiato le varie parti,  per poi conoscerne le misure nell’insieme. Per esempio ho provato le dimensioni della testa, poi del busto, a seguire le gambe, gettando via il ferro servitomi per queste prove.”

Come mai ti sei ispirato proprio a Pirandello per il titolo della tua opera?

“Perché amo molto le sue opere e ho trovato che il mio lavoro avesse tanto di “uno, nessuno, centomila”, proprio perché basta cambiare l’angolazione di essa per suscitare svariate interpretazioni. Come dire: la visione, che si perde nella soggettività per lasciare spazio all’infinito commentare. Ed in ultimo, perché no, anche lo scrittore era siciliano come me.”

Pensavi di poter vincere?

“La mia vittoria stava già nel vedere la gente, membri della giuria compresi, osservarmi mentre sfoderavo le armi del mestiere.”

Cosa c’è da osservare, gli arnesi non sono tutti uguali?

“Non direi, in quanto i miei attrezzi sono stati forgiati da me.”

Perché pensi di aver vinto?

“Credo per l’originalità dell’opera e poi per la pulizia, cioè la mancanza di sbavature.”

In che materiale è realizzata la base della statua?

“Pietra bianca. L’ho scelta per creare contrasto. È poco lavorata così da far ricadere l’occhio direttamente sulla statua.”

Da cosa è dato questo chiaro-scuro?

“Questo si ottiene nel lavoro finale di ‘pulitura’ della calamina.”

Che cosa hai provato nel sentire il tuo nome quale vincitore mondiale?

“Le parole non renderebbero giustizia alle emozioni, comunque è stata una esperienza singolare. Ciò, che in realtà mi ha fatto davvero battere il cuore ed accapponare la pelle, più che la targa è stato l’udire l’inno d’Italia durante la mia premiazione.”

Come pensi possa influire questo riconoscimento?

“Nell’accrescimento di ‘fame’.”

Potresti spiegarci meglio?

“Certamente. Per ‘fame’ intendo quella voglia di curiosità, di conoscenza, di sapere, che ti induce a migliorarti, ad essere sempre alla ricerca di cose nuove. Sono stato sempre caratterizzato da ciò, ed è per questo motivo che molto presto lasciai di fare il fabbro per cimentarmi nel forgiatore.”

Carmelo Carmeni al lavoro nella sua fucina
Carmelo Carmeni al lavoro nella sua fucina

A quanti anni hai iniziato?

“A fare il fabbro all’età di 13 anni. Più passavano gli anni e maggiormente cresceva la mia insoddisfazione, continuava a martellarmi l’idea della forgiatura. Fu così che, nel 2004, mi recai nella Repubblica Ceca, e da lì decisi fermamente di tuffarmi in questa avventura. Pur conoscendo le difficoltà che avrei incontrato.”

Perché parli di difficoltà?

“Non conoscevo il mondo della forgiatura, pur essendo molto creativo. Pertanto ho iniziato da autodidatta per poi investire molto sui corsi di formazione. Infatti è su ciò, che i giovani e le istituzioni dovrebbero impegnarsi. C’è troppa teoria e per niente pratica.”

Che messaggio senti di lanciare ai giovani?

“La moda di oggi ‘tutto e subito’ non conduce da nessuna parte. Bisogna impegnarsi, se si vuole raccogliere. Non pensare che sporcarsi le mani sia umiliante, meno redditizio. E poi, questo riconoscimento potrebbe essere un’idea anche per far girare l’economia.”

Cosa intendi dire?

“Si potrebbe allestire un luogo con duplice valenza,  dove far affluire gli ‘affamati’, ed anche le scuole, in modo da far vedere, sin da piccini, l’emozione di dar vita ad un pezzo di ferro, far toccare con mano cosa si prova, stimolare la creatività. Solo così si potrebbe rivalutare l’artigianato. Si prenda ad esempio Murano.”

Salutiamo Carmelo, ringraziandolo per il tempo e le informazioni che ci ha regalato e augurandogli: ad maiora!

 Maria Pia Risa

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