“Intervista su Dio”, il nuovo libro del card. Camillo Ruini

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“L’uomo postmoderno non accetta il suo limite ma nemmeno la trascendenza. Rifiuta l’assoluto, ma non ha fiducia neanche in se stesso. Dio non verrà incontro a noi automaticamente, ma se ci imbattiamo in una testimonianza di fede e amore alimentate dalla speranza”.

Il card. Camillo Ruini, già presidente della Conferenza episcopale italiana e oggi presidente del Comitato Cei per il progetto culturale, è intervenuto la sera del 20 settembre al secondo dei tre appuntamenti che Tv2000, l’emittente dei cattolici italiani, dedica al suo libro, “Intervista su Dio. Le parole della fede, il cammino della ragione”. Al dibattito con il cardinale hanno partecipato cinque donne appartenenti al mondo della politica, dell’informazione e della cultura: Marina Corradi, giornalista di “Avvenire”, Eugenia Roccella, deputato del Popolo della libertà, Rosy Bindi, deputato del Partito democratico, Emma Fattorini, docente di storia alla Sapienza di Roma, e Mara La Posta, membro della Società biblica.

Perché ci sarà sempre spazio per la domanda di Dio? “Perché la domanda di Dio e l’uomo sono indissociabili”, ha risposto il card. Ruini. “Senza Dio, l’uomo sarebbe solo una particella della natura. E se l’uomo non è qualcosa di diverso dall’essere-natura, l’approccio decade. Per questo il legame è profondissimo: l’intelligenza dell’uomo è più della sua sensibilità, perché l’uomo è libero non solo da un punto di vista esterno ma anche e soprattutto internamente”.

Perché è importante la conoscenza di Dio? La conoscenza di Dio, ha spiegato, “serve a noi stessi, perché molti hanno una fede robusta ma che non si confronta con la cultura che pure hanno, e questo provoca un disagio interiore. E poi è importante che tante persone testimonino la fede con la loro vita ma anche che sappiano dire qualche parola sulla fede stessa”.

Una secolarizzazione ancora radicata. Se “Giovanni Paolo II era convinto che la secolarizzazione fosse alle spalle”, il cardinale ammette di esserlo anche, “ma in un modo diverso”, anche perché papa Wojtyla “lo diceva negli anni Ottanta” e, con il tempo, “da una parte è stato così, dall’altra la secolarizzazione, con le sue radici profonde, continua il suo percorso radicale”.

Avvicinarsi a Dio. Per il cardinale, “se l’identità viene vista solo come contrapposizione e chiusura agli altri, ci allontana da Dio, che è amore”. E allora “il rischio è quello di cadere nella tendenza che vanifica le opinioni e non ha più radicata l’apertura verso Dio”. Anche la “via della bellezza” è un sentiero percorribile per “incontrare il volto di Dio”, soprattutto per i bambini: “L’umanità bambina, d’altra parte, arrivava a Dio tramite la bellezza”.

Un momento unico. Quello del Concilio Vaticano II. “Avevo trent’anni”, ha raccontato il card. Ruini, “e l’ho vissuto come una cosa strabiliante: la Chiesa era su tutte le pagine dei giornali e c’era un’attesa che mi ha fatto rimanere incantato, anche se non era così semplice”. Erano gli anni delle contestazioni, ma “non c’era solo la contingenza” e, dopo tutto, la questione “è tra il credere o non credere”.

Come far comprendere la sovranità di Dio? “L’argomento razionale vede il male come privazione del bene che dovrebbe esserci. Mentre il bene rimanda a Dio – ha spiegato – si rimane sempre un po’ sospesi di fronte al dato di fatto che nella vita non sempre i conti tornano”. A questo problema ovvia “la doppia risposta di Cristo, che si prende sulle spalle il male fino alla croce, e spalanca le prospettive fino all’eternità”. Con la resurrezione di Cristo, “qualcosa è accaduto alla morte stessa. Cristo vince la potenza della morte e apre a una speranza nuova: per questo il tema della resurrezione, spesso dimenticata, è così centrale nel cristianesimo”.

Perché la narrazione scientista ha più successo di quella religiosa? “La scienza – questa la risposta del cardinale – innegabilmente ci consente enormi progressi, ed è frutto dell’intelligenza umana, che per noi credenti è dono di Dio”. Oggi l’uomo da una parte avanza “rivendicazioni impossibili, come evitare la sofferenza e rifiutare la creaturalità e la casualità della nostra vita”, dall’altra sente di essere “qualcosa più non solo nel senso della dignità, ma anche del futuro”. È questo, secondo il porporato, “il dilemma irrisolto della postmodernità. “La resurrezione, però, è al di là della natura e della vita stessa: e chi non accetta fino in fondo la morte non può accettare fino in fondo neanche la vita”.

Come può la lettura della Bibbia alleviare la sofferenza umana? “Aiuta senza che ce ne rendiamo conto. La narrazione cristiana della vita e della morte in fondo è narrazione biblica. Praticarla, leggerla e meditarla è fondamentale per approfondire la propria ottica. Per me è stata importantissima la lettura del Vangelo”, ha risposto il card. Ruini.

Il dono della fede e l’approccio a Dio. “Nel Cristianesimo, ed è questo lo scandalo, l’uomo viene preso terribilmente sul serio”, ha detto il card. Ruini. “Di fronte a Dio siamo sempre mendicanti che hanno bisogno del dono” e “l’impegno intellettuale non rappresenta un’alternativa al dono. L’impegno non ci rende autosufficienti ma ci rimanda a Dio senza il quale non potremmo operare. Dio, prima di essere dirimpetto a noi, è dentro: è Spirito Santo che anima il cuore dei credenti”. Il bisogno di Dio, però, concretizza il “rischio del Dio fai-da-te”: se è a nostra misura, “non è Lui, che non può essere ridotto alla nostra dimensione, o modificato secondo i nostri desideri. Per approcciare Dio serve un approccio umile, non dobbiamo spiegargli cosa deve essere e cosa deve fare”.

Comunicare ed evangelizzare. Seppure “in questo tempo di rifiuto dell’assoluto”, il Cristianesimo rimane “uno specifico umanesimo che non è solo tale” ma conserva “una capacità di rottura” che si può comunicare solo “vivendolo, trovando il coraggio e le parole amorose per dirlo”. La religione, d’altra parte, “riguarda anche il modo di concepire la vita pubblica”. Di qui l’importanza della “nuova evangelizzazione: se non testimoniamo Cristo, che cristiani siamo?”.

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