Irene Anastasi parla della sua tesi sul “Principe della risata”: “Penso fosse un buon cristiano”

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Liliana De Curtis tra Irene Anastasi e don Santino Spartà
Liliana De Curtis tra Irene Anastasi e don Santino Spartà
Liliana De Curtis tra Irene Anastasi e don Santino Spartà

Irene Anastasi, giovane randazzese, è una fan di Totò così “sfegatata” da averne fatto anche l’oggetto della sua tesi di laurea. L’abbiamo intervistata e lei ci ha accolti a braccia aperte, lieta di rispondere ad ogni nostra curiosità.

– Da cosa scaturisce l’idea di uno studio su Totò?
“Mi è sempre piaciuta la sua comicità e personalità, sin da bambina. Tant’è che detengo una collezione dei suoi film, che di frequente amo rispolverare. Fu così, che intrapresi questo studio per realizzare la mia tesi di laurea”.

– Nello specifico, che opera ha approfondito?
“Un film poco conosciuto del principe della risata, La Mandragola. Si basa sul testo teatrale di Niccolò Machiavelli, anche se Lattuada (regista del film), ne accentua la componente erotica. Totò, entusiasta di interpretare un film d’autore, accettò persino una paga inferiore rispetto a quelle che era solito percepire. Precedentemente, il regista milanese avrebbe voluto Totò in un altro film, Il Delitto di Giovanni Episcopo, ma affidò il ruolo a Renato Rascel”.

– Da cosa fu dettata tale scelta?
“Perché Lattuada non era certo di poter contenere la comicità del principe. Addirittura, per non snaturare l’esuberante umore di Totò, lo fece recitare in napoletano, anziché in fiorentino, rispettando il suo motto ‘Il monaco è un po’ un soldato, si sposta ovunque’. Quindi non bisogna alterare la veridicità dell’essere”.

– Quante le scene girate da Totò?
Sono cinque, di cui una (quella con i teschi) viene inventata dal regista per far scatenare il comico che è in Totò”.

– In cosa crede emerga la professionalità del principe?
“Intanto da quell’unicità comica, che lo ha contraddistinto, e poi da un episodio davvero singolare: Nel 1965, il principe non era più vedente e per non venir meno alla sua abilità, studiava il percorso da fare, così da apparire quanto più naturale possibile, accompagnato dal regista.”

– Come è venuta a conoscenza di Liliana De Curtis?
Tramite un incontro casuale, in chiesa, con don Santino Spartà, e parlando del più e del meno riguardo i miei studi, gli raccontai della mia tesi. Mi domandò se avessi avuto piacere nel conoscere la figlia del principe e, senza indugio alcuno, risposi che ne sarei stata onoratissima. Fu così, che in mia presenza la contattò. La signora De Curtis, fin da subito gentile e disponibile, durante il colloquio esternò il suo interesse nell’avere una copia della tesi, su quello che rappresentava uno degli ultimi film del padre”.

– Com’è avvenuto l’incontro con Liliana?
“Proposi alla signora De Curtis che, anziché spedirle una copia, potevamo incontrarci. Prontamente accettò. Mi recai nella capitale e scortata da don Santino andammo a trovarla”.

– Si è sentita un po’ imbarazzata?
“Per niente. Liliana è stata dolcissima, accogliente. Ebbi l’impressione di conoscerla da sempre. Fu molto disponibile ed esaustiva alle domande da me poste sulla vita del padre. Mi soffermai su alcuni suoi film, in quanto ho sempre creduto che Totò non a caso avesse impersonato, per ben tre volte, il ruolo del frate. In effetti, la figlia del principe ci raccontò che da piccolo il suo adorato papà costruiva degli altarini e che comunque ci fossero diverse dimostrazioni della sua fede”.

– Di quali film si trattava?
Uccellacci e uccellini di Pasolini, dove emerge uno spirito francescano e fra’  Timoteo della Mandragola, laddove affiora uno spirito irriverente, quasi boccaccesco. Palesemente spicca la personalità di Totò, è come se realtà e finzione fossero un tutt’uno. Penso proprio che, in una ipotetica trilogia di religiosi, Totò avrebbe voluto interpretare volentieri il ruolo di don Abbondio”.

– Pensa che Totò fosse credente?
“Decisamente sì! Credo che più volte abbia dimostrato di ‘essere un buon cristiano’. Basti pensare all’aiuto che silenziosamente porgeva ai poveri del suo quartiere, mai dimenticati, nell’introdurre sotto la fessura della porta una somma di denaro. Tutto ciò nel cuore della notte. E ancora… la solidarietà dimostrata verso i colleghi bisognosi affidando loro una particina in uno dei film, che avrebbe lui retribuito. Ne sono testimoni la figlia Liliana, Carlo Croccolo (doppiatore ufficiale dei suoi film) e Sivana Pampanini (attrice). Del resto, ‘la vera generosità è quella che non fa rumore’”.

Maria Pia Risa

 

 

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