La domenica del Papa / Alla Sistina Francesco battezza 33 neonati e dice: “Un cristiano senza lo Spirito non evangelizza”

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Siamo di nuovo sulle rive del Giordano, con il Vangelo di Marco; troviamo Giovanni Battista che battezza con l’acqua, annunciando che arriverà chi battezzerà in Spirito Santo, una persona alla quale lui non è degno nemmeno di slegare i lacci dei sandali: un gesto che comunemente veniva fatto dai servi al padrone. Giovanni in questo modo si definisce addirittura meno di un servo. Cristo, la persona indicata dal Battista, è lì in fila con gli altri peccatori, pur non avendo peccato. Non sgomita per passare avanti, e non dice ‘lei non sa chi sono io’; non vuole privilegi, corsie preferenziali. È lì, si mescola con la folla, si confonde nella fila con i più poveri, gli emarginati, i peccatori; è dalla loro parte, solidarizza con questa umanità e attende il suo turno.battesimo sistina

È una immagine che deve farci riflettere, in questo che è un tempo di confusione, di manipolazione, di abuso e offesa del nome di Dio. Lo abbiamo anche visto nella follia di chi in nome di Dio ha ucciso e ferito in Francia. Troppe volte c’è chi si mette su un piedistallo, anche mediatico, e decide di agire in nome e per conto di Dio. Troppe volte una umanità arrogante decide chi è e cosa deve fare Dio. Con padre David Maria Turoldo potremmo dire che la violenza, la guerra è come un terribile vulcano in eruzione “esplosi da oscurità insondabili nel cuore della follia” che possono esplodere da un momento all’altro “più incontenibili ancora, più deliranti. Tempi segnati da furori di morte. E anzi neppure di morte, ma di oltre morte”. Quanto sono attuali queste parole che padre Turoldo scriveva nel ricordare l’anniversario del secondo conflitto mondiale. “L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona” leggiamo in Isaia.

Il Signore al quale guardiamo è colui che rimane accanto all’uomo, a ogni uomo e a tutto l’uomo; si fa prossimo a ogni persona, solidale con chi è ferito dal male. È il Dio della vita che guarda all’umanità ferita, per dire che le tenebre non prevarranno. È accanto nei momenti faticosi, scegliendo tutti coloro che mostrano i propri limiti e le proprie fragilità.

Come racconta Marco nel suo Vangelo, dopo il battesimo il cielo si apre: “è così finito il tempo dei cieli chiusi, che stanno a indicare la separazione tra Dio e l’uomo, conseguenza del peccato” afferma Papa Francesco all’Angelus. I cieli che si aprono e la manifestazione della forza del Signore, una onnipotenza che si svela nell’umiltà, nello stare in fila al Giordano con i peccatori, nell’inginocchiarsi a lavare i piedi dei discepoli. Non appartiene alla fede un Dio che si rivela nella violenza, nell’uccisione dell’altro; non è alzando le armi ma chinandoci in ginocchio che raccontiamo e viviamo l’amore di Dio per l’uomo.

Ricorda Francesco che Dio lo possiamo incontrare, “sperimentandone tutto l’amore e l’infinita misericordia”, realmente “nei sacramenti, specialmente nell’eucaristia. Lo possiamo riconoscere nel volto dei nostri fratelli, in particolare nei poveri, nei malati, nei carcerati, nei profughi: essi sono carne viva del Cristo sofferente e immagine visibile del Dio invisibile”.

Il tempo nel quale viviamo parla una lingua diversa, la cultura dello scarto che più volte Papa Francesco ha denunciato; una cultura che mette da parte le persone che la società ritiene non produttive; che guarda al potere, all’apparenza. Cristo non ha paura, e nemmeno vergogna a stare accanto al povero, di entrare nella casa del peccatore.

Il battesimo, ci dice Francesco – nella Cappella Sistina ha amministrato il sacramento a 33 neonati – significa “porre sotto l’azione dello Spirito Santo la nostra vita di cristiani”; significa “ritrovare coraggio apostolico necessario per superare facili accomodamenti mondani. Una comunità e un cristiano, sordi alla voce dello Spirito Santo, che spinge a portare il Vangelo agli estremi confini della terra e della società, diventano anche un cristiano e una comunità muti che non parlano e non evangelizzano”.

Fabio Zavattaro

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