La Domenica del Papa / Con il poco si sfama il mondo: cosa insegna la moltiplicazione dei cinque pani e due pesci

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Pagina famosissima la moltiplicazione dei cinque pani e dei due pesci, il mistero di Gesù come AFR210904-003pnutrimento di vita. Ma a leggere in profondità l’inizio del sesto capitolo di Giovanni non possiamo non sentirci interpellati anche noi dal dialogo che si sviluppa tra Gesù e gli apostoli, in quei giorni in cui “era vicina la Pasqua”. Sottolineatura non indifferente nel nostro riflettere, quasi a significare qual è il vero cibo che nutre la vita dei discepoli.
Ma seguiamo il dialogo. Ad accorgersi delle folle è Gesù che dice a Filippo: dove possiamo comperare il pane perché tutta questa gente abbia da mangiare? E lui dopo un rapido conto – duecento denari – esprime l’impossibilità che, con quella cifra, ognuno possa riceverne un pezzo. Andrea, un altro degli apostoli, entra nel dialogo con un ragazzo che ha con sé i pani – pane d’orzo, il pane dei poveri – e i pesci.
Ancora una volta Gesù mette alla prova i suoi: fa una richiesta che sa non essere praticabile; conosce già la risposta, ma lascia che siano i discepoli a trovare la soluzione. Questi ragionano con la logica del mondo, lui con la certezza che “tutto è possibile a Dio”; ragionano “in termini di mercato”, dice il Papa all’Angelus, invece “Gesù alla logica del comprare sostituisce quell’altra logica, la logica del dare”. Il Signore ordina di far sedere la gente sull’erba: e qui troviamo l’eco del salmo “il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare”. Poi benedice quel poco che è nella cesta del ragazzo, che diventa il tanto con il quale sfama le folle; anzi, ciò che resta del pasto viene messo in dodici canestri.
Quante volte, di fronte alle difficoltà di chi a fatica riesce ad accedere al cibo, ci sentiamo rassicurati pensando: qualcuno penserà a loro, il governo, un organismo internazionale. “la nostra tendenza a disertare di fronte a temi difficili è umana”, diceva Papa Francesco lo scorso luglio alla FAO, “è un atteggiamento che spesso amiamo prediligere anche se poi non manchiamo ad una riunione, ad una conferenza, o alla redazione di un documento”. In quella occasione, e non solo in quel discorso in Vaticano, il Papa ricordava che l’accesso al cibo è un diritto di tutti e i “diritti non consentono esclusioni”.
Ma torniamo a quei pani e pesci. È poco ciò che il ragazzo ha nella sua cesta, ma lo offre. Così l’evangelista, con il racconto del miracolo compiuto da Gesù, ci mette di fronte a una verità che è sotto i nostri occhi: basta il poco che abbiamo per sconfiggere la fame; un poco di amore e di compassione per vincere la solitudine, la sofferenza; un poco di beni materiali per aiutare chi è nelle difficoltà; un poco del nostro tempo per portare un sorriso a chi si sente emarginato, escluso. L’importante è mettere quel poco nelle mani del Signore, affidarsi a lui e non rinchiuderci nel nostro egoismo. In questo tempo difficile, di crisi, quanti sorrisi potremmo donare se solo riuscissimo a fare qualche rinuncia: “di fronte alla sofferenza, alla solitudine, alla povertà e alle difficoltà di tanta gente, che cosa possiamo fare noi?”, si chiede all’Angelus Papa Francesco. E risponde: “lamentarsi non risolve niente, ma possiamo offrire quel poco che abbiamo, come il ragazzo del Vangelo. Abbiamo certamente qualche ora di tempo, qualche talento, qualche competenza… Chi di noi non ha i suoi ‘cinque pani e due pesci’? Tutti ne abbiamo. Se siamo disposti a metterli nelle mani del Signore, basteranno perché nel mondo ci sia un po’ più di amore, di pace, di giustizia e soprattutto di gioia. Quanta è necessaria la gioia nel mondo. Dio è capace di moltiplicare i nostri piccoli gesti di solidarietà e renderci partecipi del suo dono”.
Ricordava padre David Maria Turoldo: “credo che sia più facile moltiplicare il pane, che non distribuirlo. C’è tanto di quel pane sulla terra che a condividerlo basterebbe per tutti”.
Si tratta, è sempre Papa Francesco a ricordarcelo, di assumere con più decisione l’impegno di modificare gli stili di vita: “la sobrietà non si oppone allo sviluppo, anzi, è ormai evidente che è diventata una sua condizione”.

Fabio Zavattaro

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