La “tragedia dionisiaca” al teatro greco di Siracusa

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La “tragedia dionisiaca”  Baccanti di Euripide, in scena per il XLVIII ciclo di rappresentazioni classiche al teatro greco di Siracusa, dall’11 maggio al 30 giugno 2012, nella traduzione di Giorgio Ieranò, per la regia di Antonio Calenda e con Maurizio Donadoni nel ruolo di Dioniso riscontra un alto gradimento di pubblico e di critica. 

Inizialmente il ruolo di Dioniso era stato assegnato al grande Giorgio Albertazzi, un higlander del teatro italiano, un immortale che nonostante abbia superato i 90 anni sa reggere la scena con la sua conclamata professionalità ma un improvviso intervento chirurgico ed il conseguenziale riposo assoluto  ha aperto il ruolo di primo attore al non meno bravo Maurizio Donadoni, l’attore bergamasco giunto così alla quinta stagione a Siracusa.

La trama racconta ruota intorno al dio Dioniso (il Bacco latino a cui appunto erano consacrate le baccanti). Questi era nato da Zeus e dalla mortale Semele. Le sorelle ed il nipote Penteo sparsero però la voce che non si trattava del figlio di Zeus ma di un comune mortale. Per dimostrare la propria origine divina, Dioniso raggiunge Tebe, governata da Penteo, e induce alla follia le donne le quali salgono sul monte Citerone a celebrare i misteri dionisiaci.

Penteo continua a non credere alla natura divina di Dioniso e si fa convincere a travestirsi da donna e a spiare i riti ed i prodigi che intanto si racconta vengano compiuti dalle donne.
Per volere di Dioniso, Penteo viene però scambiato dalle donne per un leone e viene ucciso in un momento di follia.
Agave, la stessa madre di Penteo, ritorna a Tebe con la testa del figlio, ancora convinta che si tratti di un leone. Solo quando rientra in sè si rende conto dell’orrore compiuto.
Al termine della tragedia appare Dioniso come deus ex machina e spiega che si tratta della punizione per non aver creduto nella sua natura divina.

Pur non essendoci veri protagonisti e il dramma è corale, Dioniso è il personaggio principale. Nelle Baccanti si produce lo scontro fra l’irrazionale (rappresentato da Dioniso), e il razionale (rappresentato da Penteo, re di Tebe). Più in generale fra umano e sovraumano. E se in un primo momento assistiamo ai reiterati e fieri proclami di un Penteo che si rifiuta, in nome della razionalità, di riconoscere la natura divina del figlio di Zeus, successivamente lo stesso re di Tebe cede alla spinta poco razionale della curiosità: di assistere cioè, costretto a travestirsi da donna, alle sregolatezze delle baccanti che, come è noto, quando lo scoprono finiranno per sbranarlo, con in testa, accecata dalla vendetta del dio, nientemeno che Agave, la madre di Penteo.

 

 

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