Scuola / A pochi metri dai terroristi gli studenti francesi gridavano “Charlie, Charlie”

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La scuola, si sa, è un’occasione speciale per “addestrarsi” alla vita. Nel senso che il percorso scolastico-educativo, in situazione relativamente protetta e garantita da una gestione professionale, permette ai più giovani di diventare grandi e, piano, piano, protagonisti della propria esistenza. Queste sono in buona sostanza, le finalità della scuola.

Come avviene tutto questo nelle aule scolastiche? Considerando che si tratta di un percorso lungo e non facile? Anzitutto attraverso la trasmissione e l’elaborazione delle conoscenze, grazie al portato specifico di ogni materia scolastica che aiuta a modo proprio l’allievo ad avanzare. Trasmissione ed elaborazione che avvengono in un contesto di relazioni che dovrebbe essere ben gestito e che ha un rilievo fondamentale nel processo di insegnamento/apprendimento. Non solo perché ne costituisce la cornice, il “brodo di coltura”, ma anche perché esso stesso diventa parte fondamentale e contribuisce ad arricchire il cammino di crescita. Il grande meccanismo della scuola funziona mescolandone con sapienza gli ingredienti – allievi, docenti, materie, conoscenze, relazioni… – e promuove competenze e personalità. Che vanno poi a costruire nuovi rapporti e nuove relazioni, un tessuto sociale e comunitario che ogni volta si rinnova, nel meccanismo continuo della comunità umana che si evolve.?????????????????????????????????

Viene da pensare a tutto questo provocati dalle questioni di attualità. Dagli attentati di Parigi e dai sentimenti di odio che lasciano trasparire. Dallo “scontro di civiltà” evocato di continuo ogni volta che si verificano attentati di terroristi estremisti, lasciando pensare a culture impermeabili, contrapposte. Entrare nel merito sarebbe troppo lungo. Il pensiero alla scuola, però, è immediato. Perché, al contrario dello scontro, evoca – la scuola – l’incontro e la possibilità della convivenza delle diversità, alimentata dalla conoscenza e dalla comprensione reciproca.

Viene da pensare alla scuola – e all’educazione in generale – perché è a partire dai più giovani che si può sperare in un domani migliore. Quei giovani che a scuola hanno l’opportunità di conoscere, di sviluppare lo spirito critico, di incontrare e “misurare” pensieri e valori che hanno costruito la società nella quale vivono e le altre che vi stanno intorno. Conoscenza e pensiero critico sono alla base della libertà e della responsabilità e si formano anche nell’incontro non solo coi “saperi”, ma con le persone e i valori che queste portano con sé. Non sarà la panacea per tutti i mali, ma un buon antidoto ad estremismi e violenze sì.

Sono cose risapute, in verità. Quasi scontate. Ma vale la pena ripeterle e ripetersele, soprattutto quando al percorso lungo e faticoso della costruzione di civiltà, si corre il rischio di preferire – sull’onda di emozioni legittime – la scorciatoia della contrapposizione e dell’incomunicabilità.

Nelle vicinanze della tipografia nella quale erano asserragliati i terroristi francesi c’erano anche degli studenti, “blindati” per sicurezza in una scuola. Dalle finestre, però, urlavano insieme “Charlie, Charlie”. Presumibilmente erano ragazzi diversi, per estrazione sociale, culture di provenienza, appartenenza religiosa, eppure accomunati dal rifiuto della logica del terrorismo e della morte, della paura, con un grido diventato simbolo. Compagni di scuola, che la vita magari dividerà, ma che potranno portare con sé l’esperienza di un percorso comune possibile.

Da quelle finestre e da quel grido condiviso viene speranza.

Alberto Campoleoni

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