Società / Quando il volontariato tra i giovani non va di moda, la democrazia si indebolisce

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VolontariatoMentre si riafferma l’intenzione di consolidare l’esperienza dell’anno di servizio civile volontario, per ampliare il numero di persone da poter coinvolgere nell’esperienza e si discute di una riforma del Terzo settore, si osserva che tra i giovani sono poco diffuse le pratiche di volontariato e di partecipazione civica.
L’ultima conferma proviene da alcuni dati ricavati dall’indagine Rapporto Giovani: il 64,7% degli intervistati non ha mai praticato esperienze di volontariato; l’86,4% non partecipa a forme associative o gruppi organizzati. La partecipazione diminuisce ancora quanto si considerano partiti o movimenti politici: è coinvolto solo l’8,8% dei giovani intervistati.
La tendenza è grave in quanto porta a un indebolimento della democrazia. I motivi sono diversi, non solo perché si rileva uno scarso interesse per il sociale e il bene comune per una grande maggioranza delle persone, nate a cavallo del 2000, ma anche perché l’impegno civico è indicatore della coesione del tessuto sociale e incide su quella “solidarietà democratica”, che per Jurgen Habermas veicola nella società un reciproco riconoscimento nella diversità e costituisce il sostrato che rende accettabili le regole sociali e la legittimazione degli equilibri di potere nelle istituzioni.
Per il futuro è importante domandarsi perché tra i giovani c’è solo uno sparuto gruppo di impegnati?
Un primo elemento per costruire una risposta proviene da alcuni processi culturali in cui siamo immersi dove si è privilegiata la dimensione individuale rispetto a quella comunitaria: in una società consumistica i messaggi che spingono alla competizione e al successo portano a disinteressarsi della cura dei legami e delle relazioni, per favorire un impegno verso la soddisfazione dei propri desideri.
Un secondo elemento è indiretto e possiamo riconnetterlo allo scarso livello occupazionale. Infatti, le persone che non lavorano poi risultano essere meno coinvolte nella partecipazione civica, perché si sentono meno integrate nella società in cui vivono, e perché tendono a ricercare un sostegno piuttosto che offrirne agli altri.
Un ulteriore elemento si rintraccia nell’egemonia involontaria delle generazioni adulte che radicate nelle diverse pratiche di volontariato, civile e politico hanno anche spinto la grande maggioranza delle nuove generazioni al disimpegno. Questo è un effetto della sproporzione demografica tra giovani e adulti che creano uno stallo. I giovani infatti sono generalmente portatori di novità, che stridono con l’abitudine delle organizzazioni di volontariato dove sovente vige la regola del “si è fatto sempre così”.

 

Andrea Casavecchia

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