Settimana sociale. Dopo vent’anni Torino torna capitale dei cattolici impegnati

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Anche numerosi giovani tra i partecipanti

(13-9-2013) Due Settimane Sociali, a due decenni l’una dall’altra. Non sono cambiati i protagonisti: guidati e sostenuti dai loro pastori, sono i laici lo “zoccolo duro” della riflessione e dell’impegno. Tocca a loro, ha ricordato ieri Papa Francesco nel messaggio d’inizio lavori, prendersi l’impegno della creatività, per reinventare la presenza nel sociale e nel politico.

L'ingresso del Teatro Regio di Torino che ospita la 47^ Settimana Sociale
L’ingresso del Teatro Regio di Torino che ospita la 47^ Settimana Sociale

Vent’anni, in un giorno. Stesso luogo, vent’anni dopo. Un pensiero che mi colpisce improvviso, tutto in una volta. Torino 1993, Torino 2013. Due Settimane Sociali, a due decenni l’una dall’altra. “Ieri” solo i computer (e molto meno evoluti di quelli odierni), “oggi” l’esordio anche nel multimediale, tweet e video. “Ieri” l’ingresso nel favoloso mondo dei “vaticanisti”, da ultima new entry della fila, e per giunta donna. Oggi le parti si sono invertite, e la platea dei giovani colleghi (donne soprattutto) non mi appartiene più. Una domanda, però, non cambia, è la stessa di sempre: “Sarò all’altezza di raccontare un evento così corale di Chiesa?”. Esami, sempre esami, diceva il buon Eduardo. Essere di nuovo qui a Torino, dopo vent’anni, è un’emozione e una gioia autentica. Un appuntamento a cui non ero “preparata”, che mi arriva quasi inatteso, nonostante il pensiero dei vent’anni in più fosse già balenato nella mia mente. Forse, inconsciamente, l’ho rimosso. O forse, semplicemente, non pensavo che mi avrebbe fatto questo effetto.

I partecipanti alla Settimana Sociale
L’interno del Teatro Regio durante lo svolgimento dei lavori

È cambiato tutto, in questi vent’anni, e al tempo stesso… nulla è cambiato. È cambiato il tema della Settimana: vent’anni fa, a Torino si discuteva di “Identità nazionale, democrazia e bene comune”. Era appena finita la prima Repubblica, solo da poco il partito unico dei cattolici non esisteva più, e la comunità ecclesiale, nelle sue divere articolazioni, s’interrogava su nuove forme di presenza e di testimonianza. Oggi – ancora una volta qui a Torino – si parla di famiglia, tra memoria e futuro, e il momento politico non è meno delicato. “Governare questo Paese, in questo momento, è una fatica eroica”, ha detto tra gli applausi ai milletrecento convegnisti riuniti stamattina al Teatro Regio il presidente del Consiglio, Enrico Letta.

Anche numerosi giovani tra i partecipanti
Numerosi giovani tra i partecipanti

Non sono cambiati, a Torino, i protagonisti: guidati e sostenuti dai loro pastori, sono i laici lo “zoccolo duro” della riflessione e dell’impegno. Tocca a loro, ha ricordato ieri Papa Francesco nel messaggio d’inizio lavori, prendersi l’impegno della creatività, per reinventare la presenza nel sociale e nel politico. Illuminati da “santi” come Toniolo, l’inventore delle Settimane.
Stessi luoghi, stessa elegante, sobria, raffinata e inebriante atmosfera della prima capitale d’Italia. Stessa voglia, per il “popolo cattolico”, di essere una sana provocazione per la città. È cambiato tutto, ma non il desiderio e la tenacia di un popolo – famiglia di famiglie – di esserci. Di “fare la differenza”, a partire dalla differenza. Perché è l’indifferenza per la differenza, che crea disastri. Che erige barriere tra le generazioni, segregazione tra mondi, e toglie ossigeno ai giovani. L’alternativa, diceva ieri il cardinale Bagnasco, è tra “sabbia” e “roccia”. Gratitudine, allora come oggi, è il sentimento dominante. No, qui a Torino non c’è un popolo “sterile”.

M.Michela Nicolais (inviata Sir a Torino)

(Fonte: SIR)

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