Sinodo / Nell’Instrumentum laboris creatività pastorale per una “Chiesa viva e differenziata”

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Il testo diffuso in questi giorni, in preparazione alla prossima assemblea sinodale (Vaticano, 4-25 ottobre 2015), restituisce l’immagine di una Chiesa viva e differenziata, non in lotta al suo interno, ma in ascolto delle istanze del mondo – nel caso specifico sulla famiglia – pronta a rispondere con il Vangelo

Una Chiesa che si fa prossima e ascolta; riflette e s’interroga; sostiene e sinodoincoraggia… Una Chiesa che fa proprie, con affettuosa condivisione – come insegna il Concilio Vaticano II -, le gioie e le speranze, i dolori e le angosce della famiglia… L’Instrumentum Laboris, diffuso in questi giorni, in preparazione alla prossima assemblea sinodale (Vaticano, 4-25 ottobre 2015), consegna l’immagine di una realtà viva e differenziata, non in lotta al suo interno, ma in ascolto delle istanze del mondo – nel caso specifico sulla famiglia – pronta a rispondere con il Vangelo. Sia ben chiaro: stiamo parlando di uno strumento di lavoro e non di un documento conclusivo in cui vengono definite le questioni dibattute. Questa non è una semplice sottigliezza semantica, ma è il punto di partenza con cui accostarsi al testo che farà da piattaforma alla discussione nel Sinodo di ottobre.

L’Instrumentum Laboris raccoglie il documento conclusivo dell’assise straordinaria dell’autunno 2014, integrato dalla consultazione avvenuta nel mondo (attraverso il questionario) per approfondire – e così proseguire – il cammino sinodale. Riflette, dunque, in modo affidabile la percezione e le attese della Chiesa intera sul tema cruciale della famiglia. Da qui la sua importanza: è esso stesso espressione di quella sinodalità tanto cara, insieme alla collegialità, a Papa Francesco. Quello attuale, allora, non è un passaggio “qualunque”. Il vescovo di Roma ha chiamato i vescovi per due Sinodi, tra ottobre 2014 e 2015, non come tempi isolati, bensì all’interno di una rinnovata vita sinodale della Chiesa. L’Instrumentum è, pertanto, una sintesi del percorso fatto collegialmente, “frutto – viene spiegato nella conclusione – del cammino intersinodale scaturito dalla creatività pastorale del Papa”.

Una prima chiave di lettura del testo sta proprio nella creatività pastorale: i temi delle due assemblee – “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” (ottobre 2014) e “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo” (ottobre 2015) – scandiscono un cammino segnato da tre momenti intimamente connessi: l’ascolto delle sfide sulla famiglia, il discernimento della sua vocazione, la riflessione sulla sua missione. Senza creatività non si sarebbe giunti a tutto ciò. Lo scenario tracciato è incoraggiante perché creativo, ovvero donato dallo Spirito Santo. “Il Sinodo – ha più volte affermato Francesco – non è un parlamento (…), è uno spazio protetto affinché lo Spirito possa operare”. Se non si tiene conto di questa premessa fondamentale, il rischio è ridurre il processo in corso a letture parziali e ideologiche. I problemi elencati nel documento, i diversi punti di vista, le proposte offerte e le ipotesi dicono, in modo esplicito, la volontà di affrontare concretamente le difficoltà vissute dalle famiglie, specialmente quelle più in difficoltà. La creatività allarga lo sguardo e apre l’orizzonte, facendo emergere con maggior ampiezza le sfide contemporanee che sollecitano i vescovi e il popolo di Dio. Nessuna meraviglia, allora, se la Chiesa intende prendersi cura, con particolare premura e attenzione, di chi si trova in situazioni difficili e cariche di sofferenza.

Parlare di vescovi che “bocciano le nozze gay, ma aprono a omosex e divorziati” è riduttivo ed errato. È questione di sguardo con che incontra la realtà. Ed è questa una seconda chiave di lettura che emerge dall’Instrumentum, dove – grazie anche al ventaglio di temi affrontati – è possibile constatare un’analisi più serena e condivisa rispetto a quanto qualcuno registrava come voci preoccupate ma che, in definitiva, erano approcci diversi. Tutto ciò si può riassumere in una parola – sguardo, appunto – che appartiene al lessico di Bergoglio. Oltretutto, nella spiritualità ignaziana la trasformazione dello sguardo è molto importante e il verbo “mirar” (guardare) è uno dei più presenti negli “Esercizi spirituali” con grande ricchezza di significati: osservare, discernere, contemplare e anche prendersi cura… Con misericordia! Che non significa buonismo, anzi… tutt’altro: è qualcosa di estremamente impegnativo. La misericordia, infatti, si legge nel documento (n. 68), “è verità rivelata” ed “è strettamente legata con le fondamentali verità della fede – l’incarnazione, la morte e risurrezione del Signore – e senza di esse cadrebbe nel nulla”. Il volto del “depositum fidei” (patrimonio di tutte le verità) non è rigido o funereo, ma estremamente gioioso e misericordioso. Per questo, la Santa Madre Chiesa si rende prossima e si fa compagna nelle situazioni difficili. Lo sguardo misericordioso fa “accogliere e integrare”. E ciò, ha sottolineato il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, “significa stare vicino alle persone rispettando la loro situazione, indicando la via del Vangelo e offrendo nuova speranza. Questo è il vero senso dell’apertura”.

C’è, infine, una terza chiave di lettura per comprendere l’impostazione dell’Instrumentum e che, in definitiva, è la sintesi di tutto il percorso sinodale: il discernimento come metodo di lettura della storia e di progettazione pastorale. Il discernimento, sintetizzava Papa Francesco nell’intervista a “La Civiltà Cattolica”, “si realizza sempre alla presenza del Signore, guardando i segni, ascoltando le cose che accadono, il sentire della gente, specialmente i poveri”. Insomma, discernere è un’esigenza reale della comunità cristiana nella sua multiforme presenza nella società. Discernere, però, non per dividere, ma per unire ed edificare sempre più una Chiesa madre, che non ha paura di mangiare con il figlio peccatore, che vede i problemi e che aiuta a guardarli nella luce del Vangelo. Una Chiesa che si fa prossima e ascolta…

Vincenzo Corrado

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