Testimonianza / Don Antonio Loffredo e i suoi giovani del rione Sanità che credono nella bellezza

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Don Antonio Loffredo con i giovani del rione Sanità

Don Antonio Loffredo, parroco del rione Sanità di Napoli, insieme a due dei suoi ragazzi, si trova ad Acireale in occasione della festa di San Sebastiano. Ovunque vada porta con sé la propria testimonianza, quella della rinascita del rione Sanità. Si rivolge soprattutto ai giovani, pieni di speranze come quelli del suo rione, ed è per questo che come tappa ha scelto il Liceo Classico “Gulli e Pennisi”.

Don Antonio Loffredo con i giovani del rione Sanità

L’incontro con gli alunni dell’ultimo anno di liceo si è svolto nell’aula magna dell’istituto dove il racconto di questa realtà ha preso inizio per bocca di Don Antonio stesso ed è stato proseguito anche dai due giovani.

Il rione Sanità all’epoca greco-romana fu luogo di sepoltura; vi sorsero necropoli e poi catacombe. Nel 1656 fu lazzaretto durante l’epidemia di peste e in seguito nacque un cimitero. Eppure in questo luogo di morti la gente ha continuato a vivere. All’inizio dell’Ottocento viene eretto un ponte per collegare Napoli con la reggia di Capodimonte, che passa proprio sotto il rione Sanità. Fu così che pian piano il rione venne abbandonato a se stesso. Un vallo dimenticato dal resto della città. Si interruppero i rapporti esterni e gli scambi di merci e così il piccolo rione si chiuse sempre di più in se stesso. Così negli anni si è insediata anche la camorra. Il paesaggio culturale-artistico è andato sempre più sparendo e molti monumenti sono stati abbandonati, e tra questi diverse chiese, palazzi reali e le catacombe di San Gennaro e di San Gaudioso. Ma oggi la situazione è totalmente diversa, grazie al programma di restauro eseguito dalla stessa comunità del rione per mezzo di associazioni interne composte da giovani intraprendenti.

Così, diverse chiese sono state adibite ad oratori, teatri, centri d’istruzione. E le catacombe sono state riportate alla luce e sono diventate il fattore determinante della rinascita e riapertura del rione che, così, si è scrostato la polvere di dosso e si è rialzato in piedi. Gli abitanti del posto hanno riscoperto la ricchezza di questa terra di morti e l’hanno voluta condividere con il mondo: le catacombe sono infatti il principale polo attrattivo le cui visite turistiche aumentano di anno in anno.

Le catacombe di San Gennaro

Il turismo ha portato maggiori controlli e quindi maggiore sicurezza contro l’esistenza della camorra e di conseguenza è migliorato anche l’ambiente sociale. La dispersione scolastica era molto elevata, ma anche in questo campo il rione ha saputo migliorarsi. Oggi i ragazzi frequentano le scuole, seguono corsi pomeridiani artistici, crescono sognando un futuro più luminoso per se stessi e per la loro terra. Tra i più grandi in pochi seguono la carriera universitaria, ma frequentano comunque corsi e scuole che danno loro un’adeguata preparazione. E per chi con i libri non riesce a familiarizzare, ci sono scuole di lavori manuali. Ciò che rende questi giovani persone eccezionali è il farsi da sé. Una studentessa chiede se in questo loro impegno abbiano ricevuto un aiuto da qualcuno e uno dei ragazzi risponde che gli aiuti sono solo privati, perché quelli ministeriali non arrivano o comunque impiegano troppo tempo. In poche parole non rimandano a domani ciò che possono fare oggi. Sono un esempio di un cambiamento autonomo. Ogni lavoro di restauro, la bellezza restituita ai loro vicoli è tutta opera delle loro mani, del loro impegno, del loro sudore. Il rione Sanità – con la sua lenta ma luminosa ripresa – è esempio di un’Italia che non si arrende. È un esempio per tutte le giovani generazioni che hanno a cuore la propria città.

“Non aspettiamo che una mano ci arrivi dall’alto, il cambiamento deve e può avvenire dal basso”, dice Don Antonio. Sono persone che nel cambiamento ci credono, ma ci credono davvero, e invece di sprecare il tempo in vane parole, preferiscono i fatti.

Durante il suo racconto Don Antonio non parla della camorra, perché il loro scopo non è quello. Non hanno ridato bellezza al proprio rione con lo scopo di combatterla, ma con lo scopo di garantire un presente sereno ai propri bambini, alle generazioni future. “Il male si presenta in diverse forme e noi possiamo allontanarlo con la bellezza” aggiunge.

Non a caso il loro credo è che la bellezza salverà il mondo.

Incredibile pensare che oggigiorno esista una realtà così bella, sembra quasi utopica per i ragazzi che sono soliti pensare al futuro individuale e non a quello collettivo. Tuttavia, alla fine della testimonianza, gli studenti ne sembrano profondamente colpiti e continuano ancora a porre domande. Con questa testimonianza c’è un altro importante messaggio che ci è stato trasmesso: che non servono rivolte, rivoluzioni, non serve la violenza, le minacce, le proteste; il segreto per attuare un cambiamento, o un miglioramento, è la forza di volontà, la collettività e l’amore per la propria città. La base è la speranza dei giovani, quella che riesce a vedere il mondo pieno di possibilità, è l’entusiasmo che dipinge con colori vivaci ciò che in altre mani andrebbe abbandonato, perduto come un prezioso gioiello.

Eugenia Castorina

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