XXII Master di giornalismo Fisc: da Catania si guarda al futuro dei beni culturali

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La barocca Badia di sant'Agata di Catania
(21-9-2013) Alla tavola rotonda è intervenuto l’arcivescovo di Catania, Salvatore Gristina. Ha rivendicato come “la cultura siciliana emerga dalla ricchezza del patrimonio ereditato”.

La barocca Badia di sant'Agata di Catania
La barocca Badia di sant’Agata di Catania

È stata la Badia di Sant’Agata, perla del cuore barocco di Catania, incastonata tra il mar Jonio e l’Etna, ad ospitare ieri sera il convegno sul tema “Turismo: cultura e prospettive occupazionali. Dalla magna Grecia alla Sicilia 2.0”. La tavola rotonda si inseriva all’interno del XXII Master di aggiornamento “Monsignor Alfio Inserra” che ha coinvolto in sessioni dedicate alla formazione direttori, amministratori, redattori, fotoreporter e giovani giornalisti dei periodici cattolici.

Valorizzazione è responsabilità. Di una identità, quella siciliana, “fatta non di mafia” ha parlato monsignor Salvatore Gristina, arcivescovo del capoluogo etneo: “La nostra cultura – ha spiegato – emerge dalla ricchezza del patrimonio. Abbiamo i problemi che ci sono altrove, ma la nostra identità rimane ricca, è bella. Un patrimonio è qualcosa che ereditiamo, noi dobbiamo essere fieri – ha aggiunto – dei nostri padri che ce lo hanno trasmesso. E, dal momento che valorizzare significa essere responsabili, anche noi – ha concluso – siamo chiamati a lasciare tracce che domani potranno essere ammirate”.

I relatori della Tavola rotonda: l'assessore Sgarlata, l'Arcivescovo Gristina, Michela Giuffrida (la giornalista che ha fatto da moderatrice), e padre Signorello
I relatori della Tavola rotonda: l’assessore Sgarlata, l’arcivescovo Gristina, Michela Giuffrida (la giornalista che ha fatto da moderatrice) e padre Signorello

Dove è passata la storia. Se il patrimonio siciliano, ha sottolineato Mariarita Sgarlata, assessore ai beni culturali della Regione siciliana, “ci consente di ricostruire la storia dell’uomo” il “ritardo nella valorizzazione dei nostri beni culturali è ingiustificato”. L’assessore ha auspicato una maggiore attenzione “non solo ai monumenti ma ai patrimoni nel loro complesso”, e in quest’ottica si inserisce il registro delle eredità immateriali, come olio, grano e vino. “Abbiamo avuto – ha proseguito – uno sviluppo disarticolato, che non ha parlato il linguaggio della sostenibilità ma quello della speculazione edilizia. Occorrerebbe un piano paesaggistico che ci sottragga dal caos normativo, per orientarci, così come nel resto dell’Europa, alla riqualificazione dell’esistente”. Così, anche se “la Comunità europea ci dice che abbiamo utilizzato troppi fondi per le chiese e pochi per i siti archeologici, rimango del parere – ha concluso Sgarlata -, che i luoghi di culto dovrebbero essere oggetto di un approccio diverso”.

Luoghi di fruizione. Una maggiore attenzione per i luoghi di culto è stata auspicata da padre Carmelo Signorello, direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali, in una città, Catania, che nel mese di febbraio, in occasione della festa di Sant’Agata, ospita migliaia di fedeli collocandosi al terzo posto nel mondo per numero di presenze in occasione di un evento religioso. L’edificazione delle chiese, “particolarmente prolifera nel X secolo, rispondeva all’esigenza della comunità cristiana di sentirsi ecclesia” e “coinvolgeva tutte le maestranze della città: il nostro compito, ancora oggi, – ha concluso – è rendere fruibili i beni culturali, che custodiscono peculiarità irrinunciabili”.
a cura di Lorena Leonardi
(Fonte: SIR)
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