Salute / Invecchiamento cerebrale e stimolazione cognitiva

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Riportiamo il parere dell’esperta, la dottoressa Pamela Cantarella, riguardo il naturale processo di invecchiamento cerebrale e i percorsi di stimolazione cognitiva. Percorsi volti al miglioramento della qualità della vita e al raggiungimento di uno stato di benessere generale. Percorsi che, con la guida di un valido esperto, si adattano alle esigenze di ciascun soggetto.

“Quando il giardino della mente inizia a inaridire, si dovrebbero accudire le ultime rose con un affetto ancora maggiore” (Orhan Pamuk)

Invecchiamento cerebrale e stimolazione cognitiva

L’Invecchiamento è un processo biologico del tutto naturale che inizia subito dopo il picco di crescita durante l’età adulta, che interessa dunque ogni soggetto e dal quale non si può scappare. Come tutte le parti dell’organismo, anche il cervello è soggetto ad invecchiamento. Sia da un punto di vista strutturale, con una degenerazione progressiva dei suoi neuroni (apoptosi), una diminuzione delle sinapsi e la comparsa di alterazioni nella sua struttura (placche senili).

Sia da un punto di vista funzionale, attraverso il declino di tutta una serie di funzioni cerebrali chiamate funzioni cognitive (memoria, concentrazione, attenzione, velocità di elaborazione delle informazioni, linguaggio, orientamento spazio-temporale…). Tutto ciò riguarda un processo di “invecchiamento fisiologico” che consiste nei classici disturbi dell’età senile, che possono cominciare tra i 50 e i 60 anni. L’invecchiamento di per sé non è dunque sinonimo di malattia ed, in assenza di particolari stati patologici, grazie ai progressi della scienza, si può arrivare a superare i 100 anni.

Invecchiamento / Predisposizione genetica e stile di vita

C’è da dire che non tutti invecchiano allo stesso modo. Si tratta, infatti, di un “fenomeno multidimensionale e multidirezionale” in quanto esiste, da soggetto a soggetto, una grande eterogeneità del processo di invecchiamento. Sia a livello dell’esordio dello stesso (precoce o tardivo), che dell’entità della compromissione delle varie funzioni. Da un lato i processi d’invecchiamento si configurano come un normale percorso evolutivo dell’essere umano. Dall’altro possono però essere accelerati e condizionati da una serie di fattori. Fattori detti “di rischio” che possono portare, purtroppo, al raggiungimento di “forme patologiche” di demenza senile.

Tra di essi si ritrovano la predisposizione genetica alla comparsa di deterioramento cognitivo, la familiarità per lo stesso. Ma anche il rischio vascolare (demenze vascolari) e uno stile di vita negativo (stress prolungato, sedentarietà, fumo e alcol, isolamento sociale…). I fattori di rischio si vanno a confrontare con tutta una serie di fattori detti “di protezione” che possono invece “rallentare” il decadimento e, addirittura, potenziare il cervello. Uno stile di vita positivo ad esempio (esercizio fisico, passioni intellettuali, scambi ed interazioni sociali, hobbies, alimentazione sana…). Inoltre un buon livello di scolarità, il mantenimento dell’attività lavorativa più a lungo possibile, e la possibilità di poter usufruire di tecniche di Stimolazione Cognitiva.

Invecchiamento cerebrale / L’importanza della stimolazione cognitiva

“L’invecchiamento cerebrale è dunque da intendersi come il risultato di un delicato equilibrio tra fattori di rischio e fattori di protezione”. L’invecchiamento “normale” deriva da una favorevole interazione tra questi fattori. Si parla invece di invecchiamento “patologico” quando evidentemente i fattori di rischio sono maggiori di quelli di protezione. Quando le compromissioni che riguardano il soggetto determinano dei sintomi a livello cognitivo, comportamentale o della personalità. Tali da determinare un’alterazione del suo stato funzionale, con gravi ripercussioni sull’autonomia e sullo svolgimento delle normali attività di vita quotidiana.

Purtroppo l’ineluttabilità della vecchiaia sta nel non poter bloccare in alcun modo questi processi (sia naturali che patologici). Ma in un’ottica più generale di “qualità della vita” e di “prevenzione” è possibile ridurre i rischi e i disagi correlati a questo inevitabile evento. A questo proposito, ormai da tempo, è diventato estremamente importante approfondire la ricerca e la clinica al fine di comprendere come sia possibile mantenere il più a lungo possibile attività e funzioni fondamentali alla persona, soprattutto per continuare a vivere in autonomia.

Invecchiamento / Deterioramento cognitivo

Il deterioramento cognitivo, soprattutto in presenza di stati patologici, sia un processo “progressivo” e quasi sempre “irreversibile”. Si è visto però che il suo decorso si può manifestare secondo modalità differenti a seconda dei casi. E che in “soggetti più stimolati e maggiormente coinvolti socialmente” possono avere un declino più lento. Si tratterebbe dunque di sfruttare quest’importante concetto al fine di provare a rallentare il decadimento e mantenere attive alcune funzioni. Funzioni che in assenza di un continuo esercizio tenderebbero a deteriorarsi e decadere, ad “atrofizzarsi” sempre più in base al principio, ampiamente dimostrato e scientificamente validato. “Si perde ciò che non si usa, e si conserva ciò che viene mantenuto attivo mediante continuo esercizio”.

É in virtù di ciò che vi è la possibilità di poter intraprendere dei percorsi di Stimolazione Cognitiva, intesi come interventi strategicamente orientati al benessere complessivo della persona, in modo da incrementarne il coinvolgimento in compiti finalizzati al mantenimento delle competenze residue, e al rallentamento della perdita funzionale soprattutto in condizioni di patologia.

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Invecchiamento cerebrale / Stimolazione cognitiva: i benefici

In questo senso la stimolazione cognitiva identifica un intervento non farmacologico che produce degli effetti positivi non solo sulla sfera cognitiva, ma anche su quella affettiva, comportamentale e relazionale del soggetto. Questo utilizzando tecniche differenti a seconda del contesto e dell’individuo stesso, e stimolando un processo di resistenza ed adattamento. L’obiettivo è il mantenimento o il raggiungimento del miglior livello di funzionalità psicologica e sociale possibile. Il fine e quello di garantire una “buona qualità di vita” ed uno “stato generale di benessere” per il soggetto che vi si sottopone.

Stimolazione cognitiva / Gli effetti 

Diversi studi hanno dimostrato benefici maggiori quando il trattamento farmacologico viene associato ad un trattamento neuropsicologico e/o psicosociale. Lo stesso piano nazionale Demenze del 2016 (DGR 990) indica gli interventi di stimolazione cognitiva come “trattamenti non farmacologici e di tipo psicosociale, dove lo scopo principale dei percorsi è quello di favorire il coping e l’adattamento della persona alla sua condizione”.

Un’ampia letteratura scientifica è presente anche a conferma delle evidenze di efficacia nel miglioramento della qualità di vita dei soggetti affetti da deterioramento cognitivo sottoposti a programma di stimolazione cognitiva. Soprattutto nelle fasi iniziali di stati patologici già accertati (malattia di Alzheimer) o semplicemente in stadi prodromici. Tra questi l’MCI, ossia il Mild Cognitive Impairment, che rappresenta una “condizione borderline” di declino cognitivo definito “lieve”, situata tra l’invecchiamento normale e la demenza (Fagherazzi et al, 2009; Buschert et al., 2010).

Invecchiamento / Mantenimento di competenze residue

É possibile parlare di lavoro di mantenimento di competenze residue in quanto l’applicazione di procedure di riabilitazione cognitiva si basa sul fatto che il deficit di demenza ha un “carattere modulare”. A fronte di abilità cognitive deficitarie ve ne sono altre che appaiono ancora “conservate”. Il lavoro di stimolazione permette dunque di esercitare le abilità cognitive che il deterioramento al momento ha risparmiato. Lo scopo è quello di contrastare il processo di declino mediante l’attivazione di meccanismi di compensazione.

Questo importante concetto, oltre che a livello funzionale, è valido anche a “livello strutturale” e per comprendere meglio cosa ciò voglia dire, bisogna fare riferimento alla concezione che le Neuroscienze hanno del cervello e del sistema nervoso umano, differenziandone una visione classica da una visione più moderna ed attuale:

  • Le Neuroscienze classiche consideravano il cervello un organo statico che, alla fine dell’età dello sviluppo, diventava una struttura rigida ed immodificabile;
  • Le Neuroscienze moderne, grazie alle inarrestabili ricerche in questo campo, sono arrivate a scoprire la straordinaria possibilità di modificazioni a livello neuro-strutturale anche in età adulta: la cosiddetta “plasticità cerebrale”.

Invecchiamento cerebrale e stimolazione cognitiva

“Il cervello rappresenta dunque una struttura infinitamente modificabile e perfezionabile, essendo in grado di riconfigurarsi a qualsiasi età in relazione a condizioni sempre diverse”. Nel caso specifico dell’invecchiamento, il cervello rappresenta una struttura in grado di “attivarsi per riparare gli stati deficitari” (effetto neuro-protettivo). Indipendentemente dal fatto che siano stati determinati da condizioni di deterioramento cognitivo fisiologico, o da eventi di carattere patologico. La “plasticità” si verifica grazie ad una graduale riattivazione funzionale di vie nervose secondarie, ampiamente diffuse nei sistemi nervosi adulti. Il cervello è infatti dotato di una sorta di “riserva cognitiva” costituita dal numero di cellule presenti nel sistema nervoso e dalla quantità dei percorsi che le connettono.

A partire da ciò, mantenere cognitivamente impegnate le persone affette da deterioramento cognitivo facilita l’attivazione di questa sorta di riserva cerebrale: “in risposta a una lesione o a una perdita fisiologica di materiale neuronale sarebbe dunque possibile il recupero di alcuni collegamenti inibiti, tramite esperienze di stimolazione sistematica” (Cesa-Bianchi, 1999).

Invecchiamento cerebrale / Il percorso più idoneo di stimolazione cognitiva

Per poter dare avvio al percorso di stimolazione cognitiva più idoneo ad un determinato soggetto, appare indispensabile poter partire dal suo “profilo cognitivo”, ossia dalla conoscenza del livello di compromissione delle sue capacità cognitive e delle sue abilità residue. Nello specifico, le funzioni cognitive possono essere misurate attraverso la somministrazione di appositi “test psicometrici”. Questi valutano selettivamente le varie capacità del soggetto (memoria, attenzione, denominazione, ripetizione, orientamento..), affinché poter effettuare un lavoro di screening neuropsicologico preventivo.

A questo punto per gli specialisti del settore (Neuropsicologi e Psicologi esperti in Riabilitazione Cognitiva) sarà possibile predisporre una proposta di attività di stimolazione cerebrale specifica ed individuale. Modulata in base alle caratteristiche del soggetto, che possa dunque rappresentare l’intervento più efficace per il raggiungimento di uno suo stato di benessere generale. Che nasce dal rallentamento delle perdite funzionali e dal mantenimento, quanto più a lungo possibile, delle competenze residue.

Dott Pamela Canterella

Dott.ssa Pamela Cantarella,

Psicologa Clinica, Responsabile Settore Comunicazione Pronto Soccorso Psicologico-Italia

 

assessorato salute regione sicilia

 

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