Sebastiano Fresta nel contributo pubblicato nel 2003 su Memorie e Rendiconti dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale, in occasione del centenario della morte di monsignor Giuseppe Alessi, afferma, riferendosi a lui: «è gloria di Giarre, ma è principalmente gloria dell’oratorio acese». Oggi abbiamo il piacere di avere con noi monsignor Giuseppe Alessi (Giarre, 11 giugno 1855 – Padova, 16 dicembre 1904).
Don Paolo Leotta dell’oratorio acese, nella cerimonia del 1923 in occasione della solenne commemorazione delle feste tricentenarie che Giarre rese a San Filippo Neri, con queste parole ricorda la sua figura: «Oh! Nobile personaggio, che come stella fulgidissima con dottrina e con sacra eloquenza illuminaste le principali città d’Italia apportandovi il Verbo di Vita alla luce del Vangelo: a te onore e vanto di questa città di Giarre».
Monsignor Giuseppe Alessi, ci parlate della vostra famiglia di origine?
Sono nato a Giarre l’11 giugno 1855 da Antonio e Giuseppina Crimi, nella casa di proprietà di Calabrò in via Etna. Dopo pochi mesi la mia famiglia si trasferisce nel palazzo dell’arciprete Salvatore Grassi in piazza San Giorgio, oggi piazza mons. Alessi, intitolata in mio onore.
Dove vi formate?
Frequento le classi elementari nel collegio Callipoli di Giarre; per il ginnasio, il liceo e la Teologia, da seminarista, frequento il Seminario di Acireale. Conclusi gli studi, insegno italiano e storia nell’istituto San Michele di Acireale. Il 19 settembre 1879 sono ordinato sacerdote da mons. Gerlando Maria Genuardi.

Oltre all’insegnamento vi dedicate alla predicazione in Sicilia e in tutta Italia.
Nel 1885 predico il mio primo quaresimale a Padova. Nella città di Sant’Antonio, divento amico di mons. Callegari, vescovo della diocesi. Nel 1889 mi trovo a Venezia per predicare il quaresimale. La mia fama di predicatore si diffonde in tutta Italia. Nel 1891 sono a Palermo e nella chiesa Madre di Giarre, dove ricevo una pergamena in ricordo della conferenza scientifico-religiosa tenuta nella mia città di origine.
Nel 1893 ricevete la laurea direttamente dal pontefice Leone XIII.
Il Sommo Pontefice mi conferisce la laurea in Sacra Teologia ad honorem. In quell’occasione il Papa mi chiede come mai avessi scelto la mia residenza a Padova. Gli rispondo che pur essendo siciliano e legato alla mia terra di origine, l’attaccamento a mons. Callegari e alla scuola da me fondata mi hanno plasmato padovano di elezione.
Arrivano anche le prime importanti nomine.
Sono nominato protonotario apostolico, canonico, teologo, professore di Metodologia Apostolica e di Scienza della Religione.
Rimanete molto legato alla vostra terra, nonostante la lontananza da casa.
Sono molto legato, in particolare, al Santuario della Vena di Piedimonte Etneo. Ricordo la festa del settembre 1893 con il comitato dei festeggiamenti composto da me, da mons. Genuardi, dall’arciprete di Piedimonte Etneo, Mariano Leotta, e dal rettore del Santuario, Ignazio Leotta. Alla messa del 12 settembre tengo l’orazione panegirica: argomento sulla ragione provvidenziale dell’esistenza dei Santuari; passo in rassegna le glorie del Santuario e infine descrivo le rovine di quel secolo. Dopo più di un’ora di panegirico, il vescovo conclude la funzione religiosa impartendo la benedizione apostolica dal pulpito.
Vi ricordate un passo importante delle vostre predicazioni tenute in Italia?
Ricordo l’omelia in occasione del quaresimale di Padova sulla figura del prete cattolico: il sacerdote sul pulpito predica la Verità e la Carità; la Verità si deve difendere sempre con tutte le proprie forze, l’errore si cercherà sempre di combatterlo con tutto lo zelo che è imposto alla missione sacerdotale.
Marcello Proietto