Opera dei pupi / Ad Acireale successo senza tempo dei paladini di Francia

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spettacolo dell'opera dei pupi

I pupi siciliani e il loro teatro sono patrimonio dell’Unesco. Un’arte che il mondo ci invidia, e che nel 2025 ha ancora qualcosa da dirci. La “Chanson de Roland” è il testo principe dell’Opera dei pupi, ma la tradizione è stata arricchita ed ampliata dalla letteratura cavalleresca italiana: dall’ “Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto all’”Orlando Innamorato” di Matteo Maria Boiardo, passando per la “Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso.

Spesso ci si riferisce all’arte pupara come arte povera, ci permettiamo di dissentire. Quest’arte è l’espressione più genuina e verace del popolo: parte dal basso e trova in alto la sua espressione più compiuta.Opera dei pupi 2025

Il maestro Emanuele Macrì stesso, con i suoi mezzi umili e modesti, ha dato un volto nuovo all’Opera, creando spettacoli e narrazioni originali e avvincenti che hanno fatto testo. Rinaldo, Orlando, Tancredi, Angelica, Esaù e Carlo Magno sono personaggi fissi, è vero, ma parlano a tutti noi. Esprimono e rappresentano l’umanità nelle sue vertigini- l’amore puro e indefesso, la coscienza dell’onore coadiuvato da un’etica incorruttibile- che si trasformano per idealismo in oscuri abissi. In torbida e martellante gelosia e in cieca e spietata vendetta. Il tutto inserito nella cornice dell’epos; dunque l’epicità trova la sua forma più avvincente nell’umanità fragile e umbratile.

Piazza Alfio Grassi e il teatro Emanuele Macrì location dell’Opera dei pupi

Quest’ultimo fine settimana da sabato 14 a domenica 15 giugno sono andati in scena gli ultimi cinque spettacoli del festival dell’Opera dei pupi. L’evento, approntato dal comune di Acireale, ha visto una notevole partecipazione di pubblico: cittadini e turisti, di cui alcuni capitati lì per caso e altri consapevoli del festival.Pubblico in piazza Grassi

Piazza “Alfio Grassi”, in pieno centro storico, e il teatro “Emanuele Macrì” sono stati i luoghi delle azioni teatrali. In particolar modo la prima rappresentazione di sabato 14 giugno delle 18  e le rappresentazioni di domenica 15 giugno delle ore 11 e delle ore 18 hanno avuto luogo proprio nel teatro intitolato al maestro. Mentre il palco di piazza “Alfio Grassi” ha visto le imprese dei paladini sabato 14 giugno alle 20.30 e il giorno successivo alla stessa ora. I fratelli Scalia sono stati i protagonisti di entrambe le rappresentazioni pomeridiane e di quella mattutina di domenica, mentre  quelle serali di sabato e di domenica sono state curate rispettivamente dai fratelli Cuticchio e dai fratelli Napoli.

Bella prova dei fratelli Scalia con la “Gerusalemme liberata”

Tutti gli spettacoli hanno riscosso successo, sebbene quelli dell’ultima giornata si siano rivelati più fiacchi e meno incisivi di quelli del sabato. L’azione teatrale che ha aperto il fine settimana, ossia la rappresentazione dei fratelli Scalia al teatro “Macrì”, è stata, a nostro avviso, la più significativa del festival. Ispirandosi al finale della “Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso, ha saputo legare dinamismo scenico, monologo, dialogo e introspezione dei personaggi. Il lungo prologo iniziale ha illustrato esaustivamente quel che da lì a poco sarebbe avvenuto. Ed è stato proprio questo il quid in più dello spettacolo: coordinare azione e narrazione. Senza movimenti e gesta esagerati ed impacciati, e a fare da collante una grande chiarezza narrativa.

Fin qui tutto pacifico. Ma perché dedicare solo due settimane a un’arte così unica? Solo qui teatro e bellezza artistica si incontrano, e facciamo così poco per veicolarla?!? Il contentino di due settimane e sporadiche puntate nel carnevale infiorato non sono segno di amore per la Storia dei pupi. Meglio poco che niente?  Consoliamoci così…

Giosuè Consoli