In poche settimane la guida discreta di Leone XIV è apparsa così salda da sembrare risalire ad anni. Egli affianca alla capacità di centrare i punti focali delle questioni con asserti semplici, diretti e inequivoci, la facilità di ricollegarsi ad essi con puntualità e precisione, pur muovendo da ambiti e contesti prima facie non strettamente correlati.
Come nel primo incontro con le delegazioni diplomatiche accreditate presso la Santa Sede.
Evocando l’auspicio che nei loro futuri rapporti possa prevalere il senso di essere sempre famiglia, il Papa ha introdotto tre parole chiave su cui improntarli: pace, giustizia e verità.
E lapidariamente vi ha ricondotto l’accezione di famiglia. Sì che l’inciso si rivela non fortuito ma… fortemente voluto, per una delle sue prime prolusioni.
“E’ compito di chi ha responsabilità di governo adoperarsi per costruire società civili, armoniche e pacificate. Ciò può essere fatto anzitutto investendo sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna ‘società piccola ma vera e anteriore a ogni civile società“. Un chiaro messaggio ai governi di tutto il mondo, di tutelare la famiglia come primigenio nucleo sociale fondato sul diritto naturale. Declarato sin da subito come principio inderogabile per ogni Paese, a cui ispirare il proprio Diritto. Richiamo che per quanto ci riguarda fa pendant con quanto già sancito nella Costituzione, ma che pare rimosso.
Che il Diritto naturale abbia costituito retaggio ispiratore per i Padri Costituenti, è di solare chiarezza. Che il suo patrimonio etico sia stato man mano relegato all’oblio è, tuttavia, di altrettanta evidenza. E non perché il lascito dei suoi principi normativi sia venuto meno, ma perché volutamente eclissato.
Non solo nelle attuali dinamiche di attuazione normativa della Costituzione, ma forse ancor più nella sua stessa accezione, quale substrato antropologico condiviso dall’intera comunità nazionale.
La Famiglia naturale trova espressione nell’articolo 29 della Costituzione
Eppure il riferimento al diritto naturale, coltivato dai Padri Costituenti come una fonte primigenia del diritto positivo è, e resta, incontrovertibile. In tale quadro si colloca il principio basilare che trova espressione nell’articolo 29 della Costituzione. Pietra miliare di riferimento per ogni percorso di rivisitazione e interpretazione del dettato costituzionale. Ciò in quanto “riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Il che rileva per un duplice ordine di profili, l’uno conseguente all’altro.

Il primo per cui la Repubblica riconosce, e non già istituisce, la comunità familiare come società naturale. E così ammette la preesistenza allo stesso Stato, di un nucleo sociale, quello familiare, ordinato secondo norme previgenti allo stesso diritto positivo. E quindi la natura archetipa e immutabile del diritto naturale rispetto a qualsivoglia diritto statale, vigente in ogni luogo o epoca.
Il secondo per cui se l’istituzione familiare inerisce per composizione strutturale e dinamiche relazionali, a un ordinamento riconosciuto originario; ed a questo si riferisce il diritto positivo per configurare la prima cellula umana della società; allora la famiglia promana soltanto dal matrimonio. Assunto di assoluto rilievo che si staglia con forza cogente per tutti, credenti e non. Al punto che si fa fatica a comprendere come possa essere stato sempre più così diffusamente adombrato.
Che poi dai credenti non si sia difeso in modo adeguato un principio cardine del nostro ordinamento giuridico, e prima ancora della stessa comunità nazionale, è constatazione tanto amara, quanto vera! Difesa che non può circoscriversi solo alla pur sacrosanta istituzione familiare, ma deve estendersi ben oltre, e ancor prima, alla priorità genetica e ordinamentale, del diritto naturale sul diritto statale. Diritto Naturale il cui fondamento è ben noto al credente, come frutto della Legge Morale impressa da Dio nei nostri cuori (Ger. 32,33-34; Rom. 2,14-16).
Ecco perchè disconoscere o anche solo misconoscere la sua priorità ontologica rispetto a ogni istituzione statale o sovranazionale, equivale nei fatti a occultare la Verità ed escludere la guida di Dio dalla società. Con i tristi esiti a cui oggi si assiste. Agli operatori del diritto, coltivare e attuare la luminosa intuizione dei costituenti e promuoverne il rispetto dalle norme di diritto positivo. Agli operatori di pace, e cioè per elezione a noi tutti, accogliere l’esortazione di Papa Leone XIV: “E’ tempo… di cominciare un cammino nuovo, animati dalla speranza di poter costruire lavorando insieme, ciascuno secondo le proprie sensibilità e responsabilità, un mondo in cui ognuno possa realizzare la propria umanità nella verità, nella giustizia e nella pace”. Buon lavoro a tutti!
Giuseppe Longo