La cattedrale Santa Maria Annunziata di Acireale custodisce il monumento funebre di mons. Ottavio Branciforte (Palermo, 29 novembre 1599 – Acireale, 14 giugno 1646), arcivescovo di Catania, protagonista dell’intervista di oggi.
Bentrovato, mons. Branciforte. Appartenete all’illustre famiglia siciliana, casata proveniente da Piacenza e insediatasi in Sicilia sotto il regno di Federico I. Ci volete raccontare i vostri anni a Palermo?
Sono il primogenito di sei fratelli e tre sorelle, nato in seconde nozze di mio padre Ercole Branciforte, primo duca di San Giovanni, quinto conte di Cammarata e capostipite dei principe di Scordia, dei conti S. Antonio e dei Duca Branciforte, con Agata Lanza dei principi di Trabia. Intraprendo gli studi umanistici presso il collegio dei padri gesuiti di Palermo e mi laureo a Messina nel 1623 in Teologia e Diritto canonico. Sono nominato sacerdote nel 1629 dalle mani del nunzio apostolico Giovanni Battista Pamphilj, il futuro papa Innocenzo X.
Prima della consacrazione sacerdotale, nel 1626 ricevete l’incarico di portare avanti un’impresa religiosa dell’arcidiocesi di Palermo.
Dal vicerè di Sicilia Emanuele Filiberto di Savoia sono nominato capo della delegazione incaricata a traslare alla corte di Spagna alcune reliquie di S. Rosalia, il cui corpo era stato da poco scoperto in una grotta di Monte Pellegrino a Palermo.
Monsignor Ottavio Branciforte, quando e dove siete nominato vescovo?
A soli 33 anni nel 1623 fui presentato dal re di Spagna per guidare la sede vescovile di Cefalù: la bolla di nomina è del 10 gennaio 1633. Durante il periodo episcopale a Cefalù ho goduto della stima presso le autorità politiche, presiedendo due sessioni del Parlamento generale siciliano nel 1635 e nel 1636. Negli atti vescovili pretesi che si apponesse il titolo:: Octavius Brancifortius a Cortina et Consiliis Philippi magni Regis catholici.
Dopo alcuni anni di episcopato trascorsi nella diocesi di Cefalù, siete nominato vescovo dell’arcidiocesi di Catania.
Con la bolla di nomina datata 21 marzo 1638 fui presentato dal re Filippo IV per la sede vescovile di Catania, per sostituire mons. Innocenzo Massimo. In quel periodo la città di Catania non attraversava un buon periodo: c’era una forte crisi economica, le scelte politiche furono infelici e la gestione dei re di Spagna disastrosa. Addirittura mons. Massimo, inimicatosi con le autorità di Enna e di Catania, fu costretto ad allontanarsi dalla città per un lungo periodo. Pertanto la mia presenza a Catania, nonostante avessi la piena fiducia dal re, era una posizione scomoda. Presi nomina della diocesi il 23 aprile 1638 per procura data a mio fratello Antonio, il principe di Scordia. Entrai a Catania il 6 maggio di quello stesso anno.
Quali sono i primi interventi del vostro episcopato nell’arcidiocesi etnea?
Innanzitutto ampliai la Cattedrale di Catania e il palazzo vescovile lo abbellii con arredi d’argento di scuola palermitana; introdussi nel territorio i Carmelitani scalzi della riforma di S. Teresa, detti teresiani; impiantai un giardino nella zona di Cifali, a nord della città.
Monsignor Ottavio Branciforte, il vostro episcopato è macchiato da eventi spiacevoli con i rappresentati del governo. Ce ne volete parlare?
Vi racconto due episodi sgradevoli: uno avvenuto nel febbraio 1643, in occasione della visita del vicerè Alfonso Henriquez de Cabrera, conte di Modica, ospite a Catania per partecipare alle celebrazioni in onore di sant’Agata. Quando tutta la corte arrivò in Cattedrale per assistere alla messa, si pose il problema del cerimoniale e chi doveva stare vicino al vicerè. Una situazione incresciosa. L’altro evento, che ancora oggi mi irrita ricordare, si svolse durante i riti di Pasqua del 1643: nella chiesa dei SS. Cosimo e Damiano di Catania, in occasione della festa della Madonna della Consolazione, trovai al posto di onore i drappi delle autorità cittadine e non il mio.
Marcello Proietto