“Il cuore dell’essere umano sembra essere caduto in un baratro d’insondabile oscurità da cui possiamo e dobbiamo risalire solo in Dio e con Dio, riscoprendo la preziosa identità della nostra umanità”.
Questa massima di Manuela Maccarrone è il leit motiv della sua raccolta di poesie Luci ed Ombre, presentata lo scorso 9 maggio nel Salone degli Specchi del Comune di Giarre.
Figlia della nostra terra, ove è rientrata dopo una giovanile permanenza in Svizzera, è cultrice di studi classici e in particolare di arte e letteratura russa. Da sempre legata ai temi umanitari e con una spiccata sensibilità per i valori della patria, ha deciso di pubblicare i suoi versi.
Dopo i saluti del sindaco dott. Leonardo Cantarella e del prof. Raciti per conto dell’Associazione Giarrese di Storia e Patria, siamo introdotti alla sua opera prima dalla conduttrice Rita Patanè e dalle prolusioni di diversi relatori, punteggiate da intermezzi musicali del maestro Rosario Mangano.
La docente e saggista Cinzia Emmi ha illustrato il peculiare valore letterario delle liriche i cui stilemi, secondo canoni stilistici più recenti, si avvicinano alla prosa. Si ripropone l’atavico rapporto dicotomico tra luce e buio, un dualismo tra bene e male che appare sotteso a molti versi. Dualismo che è risolto e superato dall’amore, principio ispiratore il cui afflato le lega le une alle altre.

Il ricercatore e consulente Gianni Viola si è soffermato sul tema del dolore e della guerra, trattato dall’autrice con particolare trasporto emotivo in alcune liriche dedicate alle genti del Donbass e di Gaza, ove i bambini privati dall’innocenza patiscono un’identità violata. Come testimoniano gli sguardi timorosi e smarriti ritratti in alcune fotografie intercalate ai suoi versi.
Lo stile di alcune liriche in lingua siciliana è stato analizzato dalla docente Lucia Cardillo, che ha evidenziato la particolare musicalità con cui si dà voce all’autenticità di alcune espressioni del nostro vissuto quotidiano. Perciò ne ha perorato l’adozione per gli studenti, a custodia della nostra tradizione.
Sulla fede che traspare dai versi si è soffermata la dott.sa Nancy Pennisi. Sull’affidamento dell’autrice alla Madre Celeste, premurosa e provvidente, da cui discende l’amore espresso nei versi per la madre terrena. Nell’accezione di una fede che se talora non rimuove le ombre, ci riconduce sempre alla luce.

Sul senso e l’ispirazione dei suoi versi, Manuela Maccarrone non si è sottratta alle nostre domande.
Come nasce l’ispirazione di trascrivere emozioni e sensazioni in versi e poi di darle alle stampe?
Dopo aver curato la pubblicazione postuma di “Ricordi di Guerra Grecia 1940-45″, un libro scritto da mio nonno Salvatore D’Urso, reduce della seconda guerra mondiale, ho deciso di raccogliere delle poesie che ho composto in varie riprese, in un arco di tempo che intercorre tra il 2013 e i giorni nostri. Si tratta di immagini e sensazioni carpite alle esperienze del vissuto quotidiano, anche le più semplici. O suggerite dalle emozioni sgorgate da vicende, talora pure tristi, ma non solo, accadute anche altrove. Ho così ritenuto di parteciparle a quanti vi si vogliano accostare, per sensibilizzare verso i temi trattati.
Il filo conduttore di queste Luci ed Ombre sembra rievocare una sorta di chiaroscuro che può adombrare il cammino della vita. E’ una simbologia corretta e aderente allo spirito dell’opera?
In un certo senso, se riguardiamo i testi secondo una visione organica complessiva, essi sembrano infatti descrivere un’alternanza di luci e ombre che in fondo riflette il chiaroscuro dei tempi attuali. Si succedono infatti dei versi suscitati dalla percezione del dolore e della violenza che affliggono tanta comunità. Ancor più inammissibili quando coinvolgono dei bambini e in generale i più indifesi. Ad altri invece ispirati a una visione più ottimistica, frutto di tante esperienze personali da cui traspare quel tanto di buono che v’è ancora in un animo umano se pur spesso degradato. Mai del tutto dissipato.
Alcune delle sue composizioni sono state pensate e vergate in lingua siciliana. Da dove promana questa sua scelta di dare voce alle proprie ispirazioni anche attraverso il nostro vernacolo?
Ritengo che nella lingua di ogni comunità sia custodito tutto il tesoro della sua cultura, il retaggio di esperienze secolari tramandate di generazione in generazione. Ciò è particolarmente vero per il siciliano, che più che un semplice dialetto è la ricca espressione di un linguaggio pensato e condiviso. Non scordiamoci che il siciliano fu una delle prime lingue in volgare a dar vita alla letteratura italiana. Da qui l’opportunità, anzi forse ancor più la necessità, di esprimere alcuni pensieri in tale linguaggio.

Inevitabile ricomprendere la pubblicazione di tali versi nella collocazione temporale dell’Anno Santo del giubileo della speranza. Possiamo oggi intravedere un futuro più di luci che di ombre?
Certamente. Pur nella contraddittorietà di questi tempi e nella difficoltà di trarne o comunque individuarne una trama comune, resta ferma una luce inestinguibile sostenuta dalla speranza nella presenza provvidenziale di Dio. Presenza che ho potuto chiaramente percepire in tanti momenti cruciali del mio percorso di vita. E’ a questa roccia di salvezza che dobbiamo ancorare la nostra fede.
“Perciò non smettere mai di splendere”, l’invito accorato che nell’ode A te l’autrice rivolge a tutti noi. Raccogliamo e condividiamo tale auspicio, confidenti che questa Luce possa diradare le nostre ombre.
Giuseppe Longo