Lucca, cala il sipario su “I teatri del sacro”

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Si è conclusa oggi a Lucca, con l’ultima giornata di spettacoli, “l’avventura dello spirito” offerta da “I teatri del sacro”,(www.iteatridelsacro.it) la rassegna di teatro sui temi della spiritualità promossa da Federgat e dalla Fondazione comunicazione e cultura del Servizio nazionale per il Progetto culturale della Cei (Lucca, 19 – 25 settembre). Sette giorni di programmazione, ventisette spettacoli rappresentati in alcune suggestive chiese di Lucca, una lunga processione di persone che ogni sera si sposta da un luogo all’altro per assistere agli spettacoli presentati. Compagnie amatoriali e professioniste, da ogni parte d’Italia, hanno offerto diversi spunti per riflettere sul sacro, affrontato in tutti i possibili linguaggi della scena. Una occasione di incontro e di confronto, ma anche una “esperienza”, vissuta nella concretezza del teatro. Non solo una rassegna di spettacoli, ma anche un’occasione di scambio offerta dal laboratorio “I 70 visioni e condivisioni”, un “viaggio di ricerca” sugli spettacoli in programma destinato agli spettatori che ogni mattina, coordinati da Giorgio Testa e Gabriele Allevi, si sono riuniti per “raccogliere esperienze” sugli spettacoli visti. Al termine di questa ”maratona teatrale”, il Sir ha voluto raccogliere le impressioni di Fabrizio Fiaschini, presidente della Federgat.

Cosa è successo in questi giorni?

“Tra le cose più importanti che sono successe in questi in giorni, senz’altro è la grande partecipazione del pubblico quella più evidente. Un pubblico non solo di addetti ai lavori, ma di persone sinceramente interessate a come ogni spettacolo voleva manifestare il tema del sacro. È una dimostrazione di quanto l’esperienza del sacro tocchi tutti, e di quanto abbia successo l’affrontarlo da punti di vista così diversi. Il festival ancora una volta ha dimostrato la grande varietà dei linguaggi teatrali: non è una rassegna monotematica o monolinguistica, ma tutti i linguaggi, dalla danza, alla prosa, dalla commedia alle performance artistiche, si sono espressi. E questa mi sembra una grande ricchezza. E poi l’incontro tra amatoriali e professionisti, caratteristica del festival, che ha dimostrato come gli amatoriali affrontino il teatro in maniera affatto superficiale, a dimostrazione di come il teatro sia uno dei mezzi privilegiati per indagare su se stessi”.

Con la grande varietà di mezzi di comunicazione, di mezzi espressivi o artistici, perché proprio il teatro per affrontare il tema del sacro?

“Paradossalmente proprio oggi nel dominio del virtuale, c’è bisogno di teatro, incontro tra corpi, condivisione. È un linguaggio privilegiato per far incontrare le persone attorno a  un tema, che diventa concreto. C’è bisogno di questo, di rendere i temi “esperienza”, fatto concreto. In questo senso il teatro è attualissimo, perché fa sì che le emozioni non restino cose distanti o astratte, ma si realizzino nel corpo vivo del’attore. E il sacro nel teatro, dimostra che anche chi non crede può trovare un posto dove cominciare a dialogare con i temi della fede. Gli spettacoli parlano a tutti senza dare delle ricette, delle certezze, ma itinerari di ricerca e riflessione. È un territorio che tutti possono attraversare”.

Per “esserci” in questo scambio, avete pensato anche ad una “educazione dello spettatore”…

“L’esperienza de “I 70 visioni e condivisioni” è un vero laboratorio per lo spettatore, un momento fondamentale per il festival, perché lo spettacolo non finisce con la rappresentazione, ma continua nell’esperienza dello spettatore. “I 70” meditano sugli spettacoli non secondo criteri estetici, ma sulla esperienza dello spettacolo come un incontro, uno scambio tra palco e platea. Sono stati il nodo del festival, perché lo spettatore è lo spettacolo, momento di dono dell’esperienza”.

a cura di Marta Fallani, inviata Sir a Lucca

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