Sono cinque i quesiti a cui, in quanto cittadini italiani aventi diritto al voto, saremo chiamati a rispondere nel referendum abrogativo indetto sabato 8 e domenica 9 giugno 2025. Quattro di questi riguardano aspetti cruciali del mondo dell’occupazione. In particolare, licenziamenti illegittimi, contratti a termine, proroghe e rinnovi, nonché responsabilità per la sicurezza nei luoghi di lavoro. Il quinto interviene invece sulla concessione della cittadinanza italiana, proponendo di ridurre da dieci a cinque anni il requisito di residenza legale per la richiesta da parte degli extracomunitari maggiorenni. Trattandosi di referendum abrogativi, i quesiti sono formulati con l’obiettivo di cancellare, totalmente o in parte, norme già in vigore.
Votando “sì” ci si esprime a favore dell’abrogazione. Votando “no”, si sceglie invece di mantenere la normativa attuale. Come previsto dalla legge, affinché il referendum sia ritenuto valido, è necessario che venga raggiunto il quorum del 50% + 1 degli aventi diritto al voto. In quest’occasione, anche i fuorisede – che per motivi di studio, lavoro o cure mediche si trovano temporaneamente fuori dal proprio comune di iscrizione elettorale per un periodo di almeno tre mesi – avranno la possibilità di votare. Chi ha presentato regolare richiesta entro lo scorso 4 maggio, potrà recarsi alle urne presso il comune del proprio domicilio temporaneo.
Referendum / Primo quesito: stop ai licenziamenti illegittimi
Il primo dei cinque quesiti referendari riguarda i licenziamenti ingiustificati. In base alla normativa introdotta con il Jobs Act nel 2015, i lavoratori licenziati illegittimamente non hanno, salvo casi eccezionali, il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro. La tutela si limita a un risarcimento economico, la cui entità è stabilita dalla legge. Questa disciplina è stata oggetto di numerose critiche, in quanto ritenuta fortemente lesiva dei diritti dei lavoratori. Anche la Corte costituzionale, in più occasioni, ne ha evidenziato profili di illegittimità rispetto ai principi sanciti dalla Costituzione. Con il referendum si chiede agli elettori se intendano abrogare queste disposizioni. Un voto favorevole (Sì) esprime la volontà di cancellare l’attuale normativa, riaprendo la strada a forme più incisive di tutela per i lavoratori licenziati senza giustificato motivo. Un voto contrario (No) conferma invece l’interesse a mantenere in vigore la disciplina attuale.
Referendum / Secondo quesito: tutele per lavoratrici e lavoratori di piccole imprese
Il secondo quesito propone di rafforzare le tutele per lavoratrici e lavoratori impiegati nelle piccole imprese (con meno di 16 dipendenti). Attualmente, in caso di licenziamento illegittimo, questi lavoratori possono ottenere esclusivamente un risarcimento economico molto contenuto (dalle sei alle dieci mensilità) calcolato sulla base dell’anzianità di servizio. Il referendum propone di eliminare questo limite rigido, consentendo al giudice di determinare, caso per caso, l’entità del risarcimento, in modo da garantire una tutela più equa e adeguata. Si tratta di un tema particolarmente rilevante, poiché le piccole imprese rappresentano la stragrande maggioranza del tessuto produttivo italiano. Nel Paese circa il 90% delle imprese ha meno di 15 dipendenti. Votare “sì” significa tutelare i diritti di chi lavora in queste realtà, intervenendo su una situazione che coinvolge direttamente milioni di persone.
Referendum / Terzo quesito: riduzione del lavoro precario
Anche il terzo quesito riguarda il mondo del lavoro, con particolare riferimento al precariato. Attualmente, un datore di lavoro può assumere con un contratto a tempo determinato e rinnovarlo fino a dodici mesi senza fornire alcuna motivazione. Il referendum propone di abrogare alcune norme che regolano questa possibilità. Votando “no”, la situazione resterà invariata. Votando “sì”, il datore di lavoro sarà invece obbligato a giustificare la scelta di un contratto a termine anziché uno stabile. L’obiettivo è contrastare l’abuso del lavoro precario, che garantisce minori tutele ai lavoratori. Anche questo quesito coinvolge una parte significativa della popolazione: in Italia, i lavoratori a tempo determinato sono circa 2 milioni e 200 mila, in gran parte giovani e donne.
Referendum / Quarto quesito: più sicurezza sul lavoro
La quarta domanda che ci attende alle urne si propone di intervenire in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In Italia il numero di infortuni e decessi sul lavoro aumenta di anno in anno. Arrivano fino a 500mila le denunce di infortunio e si contano circa 1000 morti l’anno: in media, tre persone al giorno perdono la vita mentre lavorano. La normativa attuale, in caso di appalto, non consente di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Nemmeno quando questa abbia affidato i lavori a ditte prive di solidità o non in regola con le norme di sicurezza. Votando “sì”, si propone di abrogare tali limitazioni, attribuendo una responsabilità diretta anche al committente. L’obiettivo è garantire maggiori tutele per lavoratrici e lavoratori, rafforzando i controlli e la prevenzione da parte di chi affida l’appalto. Affinché questi risponda in prima persona in caso di infortunio o decesso causato da negligenza.
Referendum / Quinto quesito: più integrazione con la cittadinanza italiana
Il quinto e ultimo quesito riguarda invece la concessione della cittadinanza italiana agli extracomunitari maggiorenni residenti. Oggi la legge prevede che siano necessari almeno dieci anni di residenza legale in Italia per poter presentare la domanda. Il referendum propone di ridurre questo periodo a cinque anni. Votando “sì”, si esprime quindi la volontà di abbreviare i tempi richiesti per ottenere la cittadinanza. La modifica riguarderebbe solo la durata della residenza. Resterebbero comunque invariati tutti gli altri requisiti previsti dalla normativa: la conoscenza della lingua italiana, il possesso di un reddito adeguato negli ultimi anni, una fedina penale pulita, il rispetto degli obblighi fiscali e l’assenza di motivi ostativi legati alla sicurezza dello Stato. L’approvazione del quesito rappresenterebbe un passo importante per tutte quelle persone di origine straniera che vivono stabilmente in Italia da anni.
Referendum 8 e 9 giugno / Esercitare la democrazia: ogni voto conta
In un Paese dove la partecipazione democratica sembra spesso soffocata da una comunicazione istituzionale debole e da un clima politico sfiduciato, il referendum dell’8 e 9 giugno rappresenta un’occasione concreta per far sentire la propria voce. Nonostante l’invito all’astensionismo arrivato da parte di alcuni esponenti politici — un atteggiamento discutibile, lontano dallo spirito costituzionale — votare resta un diritto, ma anche un dovere civico. Il non voto è pur sempre una scelta, ma una scelta passiva. Un “non schierarsi” che finisce per rafforzare lo status quo, lasciando ad altri la responsabilità di decidere per tutti.
E in questo caso più che mai, è una scelta che incide pesantemente sull’esito stesso della consultazione. Ricordiamo infatti che affinché il referendum sia valido, è necessario il raggiungimento del quorum del 50% + 1 degli aventi diritto al voto. Recarsi alle urne significa prendere parte attiva alla vita democratica del Paese. Significa scegliere se cambiare, migliorare o intervenire su questioni che toccano direttamente la qualità della vita di milioni di persone. Ciascun quesito è autonomo: è quindi possibile decidere di rispondere “sì” o “no” a ognuna delle singole domande referendarie in base alla propria scelta, senza alcun vincolo. Dire “sì” a un quesito non implica necessariamente fare lo stesso con gli altri, e lo stesso vale per il “no”.
È bene ricordare inoltre che questo referendum non arriva dall’alto, ma nasce dal basso, voluto da cittadine e cittadini che hanno raccolto centinaia di migliaia di firme per riportare alcuni temi cruciali al centro del dibattito pubblico. Proprio per questo, il voto assume oggi un valore ancora più forte. Al di là delle ideologie, al di là degli schieramenti. Partecipare significa dimostrare che la democrazia esiste ancora, se la si esercita. E che il cambiamento è possibile, ma solo se ciascuno di noi sceglie di esserci.
Mariachiara Caccamo