Se di diritto alla vita si parla sempre troppo poco (e male)

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Da qualche tempo la stampa generalista ha smesso di parlare di un argomento che a parere nostro resta di somma importanza. Stiamo parlando di aborto, cioè di una materia che dovrebbe toccare sempre la coscienza dei cittadini. Abortire è innegabilmente un atto cruento contro una vita che si è appena formata. A nulla valgono i distinguo degli abortisti che tentano di far passare l’uso della pillola abortiva come un procedimento “dolce”. Si tratta in ogni caso della vittoria del più forte sul più debole. Ma non una semplice vittoria in una competizione equilibrata, ma la prevaricazione della morte sulla vita.

Malgrado il colpevole silenzio della stampa le due fazioni (abortisti ed antiabortisti) restano l’un contro l’altro armate. Pronte a sferrare fendenti ad occhi chiusi a prescindere dalla logica, dalla liceità, dalla fondatezza delle decisioni che via-via vengono adottate dai diversi organismi pubblici a ciò preposti. L’Azienda ospedaliera Sant’Anna e S. Sebastiano di Caserta ha stipulato un’intesa con una associazione di volontariato per promuovere il seppellimento dei feti al di sotto delle 20 settimane in un apposito spazio del cimitero comunale. Nulla di male. Si tratta di un atto di pura e semplice umanità; non si può considerare il feto come un rifiuto da mandare in discarica. Contro questa civilissima iniziativa si è scagliato il “coordinamento 13 Febbraio” ritenendola terribile. “Ci opponiamo a questa perenne fossa in memoria degli aborti, tale da essere nell’immediato individuata come zona del peccato. Non è affatto rispetto per il dolore ma istigazione al linciaggio della donna che in nome della propria autodeterminazione difende la scelta di una procreazione libera e pensata”.

La reazione, peraltro generalizzata ovunque si affronti il dramma dell’aborto, sta ad indicare due cose: prima, non v’è alcuna possibilità di dialogo con gli abortisti ne di convergenza su possibili obiettivi comuni, come, ad esempio, la tutela e la salvaguardia della salute fisica e psichica della donna; secondo, la reazione rabbiosa del mondo femminista è sintomo di paura ed apprensione soprattutto per la rinascita di un nuovo fronte pro-vita che era ormai dato per morto. Il capo gruppo di Rifondazione comunista della regione Umbria si augura che “mai più, provvedimenti che riguardano direttamente la libertà di scelta ed il diritto alla salute delle donne, vengano ostacolati da ostruzionismi legati a dogmi, opportunismi e tatticismi politici”.

Insomma si pretende di parlare esclusivamente di diritto a morire e non di diritto alla vita. Persino il TAR del Piemonte va in questa direzione. I giudici, infatti, trascurando il dettato dell’art. 2 della legge 194 “i consultori possono avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono aiutare la maternità difficile dopo la nascita”, hanno definito “discriminatoria” la delibera regionale che avrebbe regolato l’ingresso nei consultori delle associazioni che avessero nel loro statuto la “difesa della vita umana fin dal concepimento”.

Leonardo Sorrentino

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