Conferenze / Paolo VI, il papa della modernità

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Nei locali dell’istituto San Luigi di Acireale la prof.ssa Anna Bella ha tenuto una’approfondita conferenza su “Paolo VI: il Papa della modernità”, organizzata dalla  Confederex – Unione Ex alunni/e delle Scuole Cattoliche – Consiglio Regionale Sicilia di Acireale, presieduta da Rosaria Patanè Sciuto.
Il segretario regionale della Confederex, dott. Gianfrancesco Sciuto , ha tracciato con linearità l’introduzione, ringraziando il numeroso pubblico intervenuto.
Riportiamo per intero il testo della sua conferenza.

“La storia della Chiesa, dopo la seconda guerra mondiale, ha un volto nuovo per merito di tre grandi papi: Giovanni XXIII, Paolo V I, Giovanni Paolo II. Con il Papa, per antonomasia “buono”, Angelo Roncalli, ha il primato l’aggiornamento della Chiesa romana: l’indizione del Concilio Vaticano II e la pubblicazione di due encicliche, “Mater e t magi s t r a ” sulla dottrina sociale; “Pace m in  t e r r i s” sulla pace nel mondo.
Con Giovanni Paolo II, successore di Paolo V I, si prosegue nel cammino del Post- concilio; inizia il suo pontificato, esortando tutti ad aprire le porte a Cristo: attraverso l’ impegno evangelico e la parola profetica, specie nei suoi viaggi, attrae i popoli a Cristo.
Tra i due Papi, in mezzo, Paolo V I, il papa della modernità, colui che garantisce lo svolgersi del Concilio, talvolta contestato, e supera ostacoli che vi si frappongono: colloca la Chiesa nella contemporaneità con coraggio, indirizzandola verso Gesù Cristo.
In un colloquio con Giorgio La Pira, che accompagna da lui 400 giovani toscani, Paolo V I fa questa riflessione: “Io mi domando spesso cosa diranno gli uomini del futuro della Chiesa dei nostri tempi. Mi augurerei che potessero dire: era una Chiesa che soffriva ma che con tutte le sue forze amava l’uomo”.
E’ tempo in cui la secolarizzazione imperversa: una nuova civiltà industriale pretende di poter trascurare del tutto  il sacro. Paolo V I è il testimone del contrario, specie attraverso la sua bella concezione della gioia del cristianesimo.

Su “Avvenire” del 14 ottobre 2018, giorno della canonizzazione di Paolo V I, una pagina è dedicata al cinquantesimo del quotidiano cattolico -1968 -2018 – voluto dal Papa, come dice Marcello Semeraro, vescovo di Albano, “per dare voce ai cristiani”. Un vivace articolo di Marco Roncalli traccia ricordi e aneddoti della nipote del  Papa, Chiara Montini, figlia del fratello Francesco; alla domanda del giornalista  “In cosa trova sia stato davvero coraggioso lo zio Paolo V I?” Singolare, la risposta di Chiara: “direi nell’accettare il confronto con la modernità, nel tenere un dialogo sempre aperto. Ma con ogni sforzo, con tenacia. Diceva che per compiere il proprio dovere, bisogna fare qualcosa di più del proprio dovere. E lui l’ha sempre fatto.”  Chiara Montini rievoca le vacanze in Svizzera, le visite dello zio:”a volte percorrendo sentieri ripidi lo zio mi stringeva la mano”.
Il postulatore della causa di canonizzazione, padre Antonio Marrazzo, in un incontro con giornalisti, il 13 ottobre 2018, dà questo flash di Paolo V I : “Ad essere canonizzato non sarà il Pontefice, ma tutto l’uomo Giovanni Battista Montini … Ha vissuto nella sua stessa carne il ”martirio bianco” dei contrasti, delle incomprensioni, delle critiche aperte. Ma è rimasto fermo, non perché testardo, ma perché la barca di Pietro restasse ferma ….E’ stato il primo Papa ad aprire il Portone di bronzo al mondo,ha fatto entrare aria fresca.”
Molto interessanti gli articoli, con belle foto della piccola Amanda, sui “due miracoli a beneficio della vita nascente”, riconosciuti dall’èquipe medica, – quello della beatificazione e il secondo della canonizzazione. Significativa la nota del postulatore: ”Due segni del cielo più che eloquenti, se solo si pensa che Montini è stato il Papa della contestatissima H u m a n a e  vitae”; inoltre, Marrazzo ricorda come  il 29 giugno 1978, nel suo ultimo intervento pubblico, Paolo V I afferma che “il suo pontificato altro non era se non una difesa della vita.” Il secondo miracolo, che dà diritto alla canonizzazione, si verifica con la bimba, nata per le preghiere della famiglia a Paolo V I: si chiama Amanda, ovvero “colei che va amata”, mentre i medici, in seguito alla perdita del liquido amniotico, nella gravidanza della mamma, Vanna Pironato Tagliaferro, infermiera all’ospedale di Legnago, nel Veneto, parlano di aborto.  L’enciclica citata è sull’evoluzione dei costumi e dei connessi problemi, quali il controllo delle nascite e i metodi contraccettivi .
Nell’enciclica “Populorum  progressio”viene analizzata la questione sociale su piano mondiale: dallo sviluppo dipende la pace. E’ il Papa della modernità, che, fondato il quotidiano “Avvenire”, sostiene come, in quanto giornale, debba saper essere, ‘centro di dialogo. ’ In un articolo  del 50°, l’arcivescovo di Milano Delpini illustra che “si deve riconoscere una evoluzione significativa nel magistero di Montini e della Chiesa: il recupero della interpretazione biblica della nozione di verità …. Tra le ragioni profonde che hanno motivato l’impegno di Montini per il quotidiano cattolico non si possono ignorare l’appassionata insistenza sulla verità, l’appello stringente alla responsabilità dei cattolici, la fiducia nei percorsi dell’argomentazione. Ragioni che danno da pensare anche a noi, anche oggi.” All’altare, in quella mattinata di sole del 14 ottobre 2018 , in Piazza S. Pietro, dinanzi alla folla proveniente da vari Paesi del mondo, celebrante Papa Francesco, viene portata come reliquia la maglietta con le macchie di sangue dell’infame attentato del 1970 a Manila, dove Paolo V I fa un discorso sul “mistero della stampa”, in quanto la parola scritta è documento quasi come “un sacramento della verità e dell’immortalità” della Parola, ovvero del Logos. Intuitiva la sua osservazione: “Alla stampa il mondo moderno non riconosce il suo ministero apostolico!” E’ il Santo Paolo V I che s’immola per la verità; in “Colloqui religiosi” di Montini, assistente della Fuci nel 1931, leggiamo:”Amerò ancora e innanzitutto la verità. Senza esitazioni, restrizioni, compromessi, come pura libertà e cordiale fortezza di spirito.”

Il giorno precedente la canonizzazione, 13 ottobre 2018, luminosa la relazione di mons. Claudio Stercal, docente ordinario di teologia spirituale, su “La gioia cristiana al cuore dell’esperienza di Paolo  V I”.
Nel primo messaggio pasquale da Papa, la gioia è al centro del cristianesimo: “ La fede, la grazia, Cristo è la vera gioia del mondo, è legata all’incontro personale … Dio è la gioia … Il fulcro della vita cristiana è la croce … La gioia è un dono della carità.” Da “Scritti spirituali di Paolo V I” si intravede l’esperienza della gioia nella sua vita: “il fatto stesso di esistere … meraviglia e gioia dell’essere … La conoscenza trasfigurata di Gesù … Gesù Cristo fonte della gioia e della vita spirituale … La gioia metafisica di sentirsi esistenti, vivi … Dio è amore.” Lo stesso giorno  ha luogo l’interessante Seminario di studi, presieduto da Giuseppe Elia, presidente del Movimento ecclesiale d’impegno culturale, in collaborazione con Fuci, nell’Aula Magna dell’Università Lumsa di Roma. La Tavola rotonda è sul tema: “Quale cristianesimo per quale modernità: l’eredità di Paolo V I”. Vi partecipa un gruppo di soci del Meic di Acireale, con il presidente, giudice Pietro Currò, i due consiglieri nazionali, Giuseppe Rossi e Marinella Sciuto; il prof Stefano Figuera e la moglie ed altri soci. Si conclude la sera con la Veglia di preghiera nella chiesa di Santa Maria in Traspontina: intensamente si vive la grande attesa e si prega con fervore. Domenica 14 ottobre, viviamo nella Piazza San Pietro l’esperienza di forti emozioni, di gioia profonda, in onore di San Paolo V I. La vita avverte il riflesso del Cielo, del Patrono.

Passiamo alla biografia di Giovanni Battista Montini, nato il 26 settembre 1897 a Concesio, un piccolo centro in provincia di Brescia, educato da genitori profondamente cristiani. La famiglia dimora in una bella palazzina, circondata da un giardino, simile a quelle che si trovano nel territorio acese; nel vederla dalla strada, ho voluto un po’ sostare, per ammirarla. L’impegno cristiano di Battista è unico. La madre, Giuditta Alghisi, in un pellegrinaggio a Roma, conosce Giorgio Montini: il primo agosto 1895 si sposano. Tre i figli: Lodovico, Giovanni Battista, chiamato in famiglia con il secondo nome, Francesco. Battista frequenta la scuola materna nell’Istituto delle Ancelle della Carità, poi passa al collegio “Cesare Arici” dei Padri Gesuiti, conseguendo la licenza liceale nel liceo “Arnaldo da Brescia”. Il padre, avvocato, direttore del giornale “Il Cittadino” fino al 1912, parteggia per il superamento del “non expedit”, cioè il dissenso della Chiesa romana circa la possibilità per i cattolici di partecipare alla vita politica dello stato italiano. Nel 1905 Pio X l’attenua, preoccupato dell’affermazione delle sinistre. Il divieto è tolto da Benedetto XV nel 1919, ma già nel 1913 si verificano candidature cattoliche, essendo stato stipulato in quell’anno dal presidente dell’Unione elettorale cattolica Gentiloni, l’omonimo patto, in segreto, con i liberali seguaci di  Giolitti: i cattolici avrebbero votato i candidati giolittiani con programmi concordati con l’Unione, ovvero difesa dell’insegnamento religioso, della scuola privata ecc. Giorgio Montini viene eletto per tre legislature deputato del Partito Popolare Italiano, fondato dal calatino don Luigi Sturzo. L’amore per la cultura è già coltivata in famiglia e sarà una peculiare scelta di Battista.
Spiritualmente, è legato all’Oratorio filippino di S. Maria della Pace; ha un amore straordinario per i poveri; secondo l’esempio della famiglia, fa parte  della Società di S. Vincenzo. Seguendo la sua vocazione, nel 1916 diviene, per motivi di salute, alunno esterno del seminario maggiore di Brescia, al diciannovesimo anno d’età. Nel 1918 comincia a collaborare al giornale studentesco “La Fionda”, diretto dall’amico Andrea Trebeschi; Battista avrebbe voluto fondare un movimento studentesco innovatore. L’anno seguente s’iscrive alla Fuci, partecipando al convegno fucino di Montecassino, nel 1919.
Il 29 maggio 1920 viene ordinato sacerdote nel Duomo di Brescia; celebra la prima Messa nel Santuario della Madonna delle Grazie, a cui la famiglia Montini è devota, indossando la pianeta, confezionata dall’abito nuziale della mamma. Successivamente accompagnato dalla famiglia, è ricevuto a Roma dal papa Benedetto XV. In novembre 1920 ritorna a Roma, alloggiando nel Collegio Lombardo, essendosi iscritto ai corsi di Diritto Civile e Canonico nella Pontificia Università Gregoriana e al corso di Lettere e Filosofia all’Università Statale. In seguito all’interessamento di un avvocato del Partito Popolare presso la Santa Sede, dopo tre anni, viene accolto alla Pontificia Accademia Ecclesiastica. Per quattro mesi del 1923 viene inviato alla nunziatura di Varsavia. Al ritorno si laurea in Filosofia. A Parigi, frequenta corsi di lingua e letteratura moderna francese; traduce “Les trois riformateurs” (Lutero, Cartesio, Rousseau) di Jacques Maritain, filosofo francese del Novecento, ammiratore del tomismo, famoso anche all’estero.
Montini, attratto dalla modernità, scopre in sé un profondo interesse per la cultura cattolica e letteraria europea, obiettivo principale di ricerca nei suoi soggiorni in Inghilterra e a Parigi.

Nel 1925 Montini viene nominato assistente ecclesiastico nazionale della Fuci, dove familiarmente viene chiamato don Gibiemme: visita circoli di diverse città, aperto ai giovani e da loro fortemente sostenuto. I Patti Lateranensi del 1929 non lo convincono. Tempi difficili, con il fascismo; aiutato dai presidenti fucini nazionali, prosegue nel suo apostolato; specie è ammirato da Igino Righetti, con il quale fonda con spirito moderno il Movimento dei Laureati Cattolici (1933). Montini è inoltre tra i fondatori della rivista culturale mensile “Studium”: i suoi articoli saranno pubblicati in “Coscienza  universitaria”, “La via a Cristo”,”Introduzione allo studio di Cristo”. Interessante  l’incarico d’insegnamento di storia della diplomazia pontificia: pubblicati alcuni corsi vertenti su problematiche tra Chiesa e Stato.
Proficua la collaborazione con Agostino Gemelli e l’Università Cattolica, la Fuci e i laureati cattolici: alla base l’amicizia, la cultura e la libertà di coscienza, in momenti ambigui in cui il fascismo avrebbe voluto il monopolio educativo dei giovani.
L’attività molto determinata e aperta alla modernità di Montini viene fermata dal cardinale Francesco Marchetti  Selvaggiani, manipolando la gerarchia ecclesiastica, nel marzo del ’33; con spirito di obbedienza l’incarico viene abbandonato, ma con rilevante sofferenza : continua a seguire privatamente i giovani fucini e soprattutto gli ex, ormai impegnati nell’attività professionale, mentre detiene  l’insegnamento di Storia della diplomazia pontificia.  Prosegue a lavorare  nella  Segreteria di Stato con slancio moderno: nel 1937 Pio XI lo nomina Sostituto alla Segreteria di Stato, date le sue alte doti diplomatiche e spirituali. Difficili i rapporti con la Spagna di Franco. Acuta e perspicace la diplomazia con l’Italia: Montini contribuisce a farla uscire dalla guerra e a far vivere la Repubblica.

Montini è al seguito del card. Eugenio Pacelli, legato pontificio al Congresso Eucaristico internazionale di Budapest. La seconda guerra mondiale è ormai alle porte; le leggi razziali procurano molto dolore a Pio X I: muore dopo alcuni mesi, nel febbraio del ’39. Viene eletto papa nel mese successivo il card. Pacelli,  Pio XII, che mette subito in programma un messaggio di pace per il mondo. In agosto Pio XII, in sintonia con il Sostituto Montini, antifascista per eccellenza, invia al mondo un secondo radiomessaggio di pace molto significativo: “Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi.” Scoppiata la seconda guerra mondiale, Pio XII istituisce l’Ufficio Informazioni del Vaticano, in attività dal 1939 al 1947, per aiutare le famiglie di militari prigionieri, dispersi o scomparsi, drammi terribili, specie nel caso di deportazioni. Responsabile supremo, mons. Montini, anche per concedere rifugio ai ricercati, in alloggi del Vaticano. Assieme a lui collabora l’altro Sostituto, mons. Domenico Tardini.

L’ Anno Santo, il 1950, con la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria, è tempo di forte impegno. Montini e Tardini sono pro-segretari di Stato. Il 30 agosto 1954 con la morte dell’insigne card. Alfredo Ildelfonso Schuster, arcivescovo dell’arcidiocesi di Milano per 25 anni, distintosi per il suo straordinario impegno negli anni di guerra, Pio XII, il primo novembre 1954 eleva, alla cattedra di Sant’Ambrogio e San Carlo, Giovan Battista Montini, il quale, da papa, dichiarerà, in una conversazione con il card. Willebrands: “Sa lei dove ho conosciuto la Chiesa?…A Milano! ….Niente è comparabile con l’esperienza della Chiesa  con il popolo che vive nelle parrocchie, nelle riunioni e gli incontri con il popolo”.  Il 6 gennaio 1955, Montini prende possesso dell’arcidiocesi con un gesto particolare: il bacio della strada bagnata a Melegnano, all’entrata nel territorio milanese. Milano è la maggiore diocesi cattolica per clero, parrocchie, associazioni, istituzioni; il 15 febbraio  Montini pubblica la prima lettera pastorale; l’8 settembre comincia a visitare le parrocchie: in 8 anni ne visita più di 800 su un totale di 968. Il magistero episcopale comporta omelie e discorsi, che sono impregnati di modernità; i due santi milanesi, San Carlo Borromeo, 4 novembre, Sant’Ambrogio, 7 dicembre, vengono festeggiati da lui in modo speciale.
La predilezione per i poveri continua ad essere al centro della sua vita. Un episodio singolare riguarda il suo rapporto con la San Vincenzo. Un giorno, dopo l’assemblea, a cui l’arcivescovo partecipa, avviene l’incredibile: Montini, non avendo con sé denaro, nella sacchetta delle offerte depone il suo anello; molto munifico è anche con le dame di carità. In rapporto alla città, spinto dal suo spirito dinamico e moderno, vuole valorizzare le periferie, dando agli abitanti l’occasione di frequentare  parrocchie aperte alla vita sociale: costituisce il Comitato nuove chiese. Nel suo episcopato consacra 34 edifici di culto  e ne lascia in costruzione 89. Per quanto riguarda l’intera città, indice una missione, coinvolgendo una ventina di cardinali e vescovi, 600 sacerdoti diocesani e altrettanti religiosi, concludendo l’esperienza apostolica con un pellegrinaggio diocesano a Lourdes. Ogni Giovedì Santo invia una lettera ai sacerdoti, che definisce “uomini di Dio”, a cui riserva anche colloqui personali; per i preti in difficoltà ha particolari attenzioni. Desidera che il clero sia preparato e aperto. Per il mondo del lavoro è così attento, visitando fabbriche, officine e così via, da essere definito “l’arcivescovo dei lavoratori”. E’ tra i fondatori delle ACLI. Montini partecipa a manifestazioni in altre diocesi d’Italia e anche in Europa.

Il 9 ottobre 1958 muore Pio XII: Montini si reca a Roma lo stesso giorno; in diverse occasioni in pubblico lo commemora. Il nuovo papa Giovanni XXIII, che dal 1925 conosce Montini, lo crea cardinale insieme a mons. Tardini, ammirandolo per le sue virtù umane e sacerdotali. All’inizio dell’anno seguente, il Papa annuncia di voler convocare un concilio ecumenico, approvato con gioia da Montini, che, comunicando con Tardini, rileva l’urgenza della promozione del dialogo ecumenico ai fini dell’unità dei cristiani. Ottimi i rapporti con Giuseppe Lazzati, che diverrà il rettore dell’Università Cattolica. Interessanti i viaggi di Montini negli Stati Uniti, in Brasile e in sei Paesi africani.
Nel 1962 fonda l’Istituto Superiore di Scienze religiose, finalizzate all’approfondimento della fede dei laici, elevandone l’impegno apostolico. Belle figure  a Milano si distinguono per la moderna innovazione nell’esercizio del loro apostolato: primeggiano  il beato Carlo Gnocchi e il servo di Dio don Luigi Giussani.
Il 10 ottobre 1962, vigilia dell’apertura del Concilio, il cardinale Montini, che parteggia per riforme sulla santa Chiesa, in Campidoglio inaugura una serie d’incontri sull’universalità di Roma; contemporaneamente partecipa ad una conferenza preliminare su “Roma e il concilio”. I cardinali tradizionalisti, tra cui Ottaviani, malvolentieri accettano il Concilio, mentre la conferma dell’ adesione di Montini al concilio è chiara: dall’inizio al giugno 1963 invia da Milano sette lettere, per evidenziare l’importanza dei lavori conciliari. La morte del grande papa, Giovanni XXIII, amico dell’umanità, oltre ovviamente del mondo cattolico, avviene il 3 giugno 1963. Montini ne esalta la figura: “Giovanni ha segnato alcune traiettorie al nostro cammino, che sarà sapienza … seguire.” Inoltre mette l’accento sull’ecumenismo e la predicazione della pace. Il 13 giugno 1963, festa del Corpus Domini, è l’ultima volta che l’arcivescovo Montini appare in pubblico nella processione. Nell’omelia afferma come il culto eucaristico deve essere al centro della vita religiosa e sociale. Interessante rilevare che quel giorno stesso, rispondendo a una lettera di Giorgio La Pira, lo ringrazia per la sua attenzione nel cogliere ‘i segni dei tempi’. Montini viene considerato colui che garantisce la continuità con Giovanni XXIII. Il Vaticano II è composto da più di 2.000 vescovi; uno dei temi più dibattuti è il “Dialogo con il mondo moderno”; da rilevare le tre dichiarazioni sulla libertà religiosa, i non cristiani, l’educazione cristiana. Paolo V I nel 1967 istituisce il sinodo dei vescovi, ogni 3 anni.

Il 21 giugno 1963 Montini, eletto papa, sceglie il nome dell’Apostolo delle genti, intendendo di imitarlo: Paolo VI. L’indomani proclama che il suo pontificato s’impegnerà al massimo delle energie, nella continuazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Nel primo radiomessaggio “Urbi et Orbi”, Paolo VI si rivolge particolarmente ai soci di Azione Cattolica, di cui elogia  il coadiuvare con la gerarchia ecclesiastica nell’apostolato, e a quanti collaborano in tutte le varie organizzazioni di carattere nazionale e internazionale.”
Dal mese di luglio 1963 alla fine dell’anno, con la sua apertura alla modernità, pronuncia nove discorsi ai vari rami dell’Azione Cattolica, dai presidenti e delegati ai rispettivi assistenti ecclesiastici; il 2 settembre rivolge la parola alla Fuci; il 7 dicembre 1963 alla Giunta Centrale dell’Azione Cattolica Italiana. Il 3 gennaio 1964 s’incontra con il Movimento”Laureati di Azione Cattolica”, oggi Meic. In meno di sette mesi Paolo VI riesce a entrare in contatto con l’Azione Cattolica, ovvero con il mondo laico dei testimoni, che, secondo la sua definizione, “appartiene oramai al disegno costituzionale della Chiesa.”

Il 29 settembre 1963 si apre le seconda sessione del concilio, che si chiuderà il 4 dicembre. Paolo VI si presenta con umili parole: “Così vi accoglie il più piccolo tra di voi, il servo dei servi di Dio .” Durante il viaggio in Terra santa, incontra Atenagora, patriarca di Costantinopoli.
Nella prima enciclica, “Ecclesiam suam”, al centro viene posta la Chiesa cattolica, incentrata sul Cristo, poi le comunioni cristiane, dopo i credenti di altre religioni, infine la fraternità universale. Appare chiara la preoccupazione del Pontefice sul problema delle missioni. Un fatto di grande umanità è la rinuncia di Paolo VI alla tiara papale, dono della diocesi di Milano: è messa in vendita in favore dei bisognosi. Promotore di una sottoscrizione è il card. Spellman, arcivescovo di New York: oltre un milione di dollari per la tiara, conservata oggi nella basilica dell’Immacolata di Washington. Con la “Lumen gentium”, Maria viene proclamata Madre della Chiesa.
L a costituzione pastorale “Gaudium et spes” verte sui rapporti tra Chiesa e mondo: gli avvenimenti storici e i mutamenti epocali vengono inseriti nella cosiddetta costruzione del Regno di Dio. Attraverso i segni dei tempi il cristiano sarebbe in grado d’interpretare il piano divino di salvezza.  Inoltre, la famiglia e la pace sono al centro dell’attenzione di Paolo V I. Il 7 dicembre 1965, viene pubblicata con grande sensibilità moderna la dichiarazione sulla libertà religiosa; i decreti sull’attività missionaria della Chiesa; la revoca della scomunica del 1054, decretata dalla chiesa romana contro il patriarca di Costantinopoli.
Interessante l’ istituzione  del Sinodo dei vescovi di tutto il mondo, affrontando positivamente il tema della collegialità. Si rivela molto opportuna per i fedeli l’introduzione delle lingue parlate.  Il Vaticano II si chiude l’8 dicembre 1965. Ora sono le Chiese locali  ad entrare in azione per l’applicazione delle riforme conciliari. In seguito, si attuerà la riforma liturgica e quella della curia romana.  Il 1967 , anno della fede, nella ricorrenza del 19° centenario del martirio dei Santi Pietro e Paolo, il Papa della fede lo incentra sul Credo. Per la riforma della Curia Romana, prevale lo spirito di modernità: totale di 144 nuovi cardinali, in maggioranza non italiani: nel 1967, viene creato cardinale Karol Wojtyla; nel 1977, Joseph Ratzinger. Interessante la dichiarazione di Paolo VI al Consilium de Laicis: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”. Con la “Populorum progressio” Paolo VI si rivela profeta: lo sviluppo dei popoli è “il nome nuovo della pace … Per essere autentico, si deve promuovere tutti gli uomini e tutto l’uomo … Combattere la miseria e lottare contro l’ingiustizia, è promuovere, … insieme con il miglioramento delle condizioni di vita, il progresso umano e spirituale di tutti”. Le encicliche “Sacerdotalis coelibatus” e “Humanae vitae” sono occasioni di dibattiti; la “Gaudete in Domino” nell’Anno Santo 1975 è una testimonianza della bellezza della gioia cristiana; a chiusura, nel Natale, Paolo VI dirà che il segno dei tempi è l’amore al prossimo:”La civiltà dell’amore prevarrà nell’affanno delle implacabili lotte sociali, e darà al mondo la sognata trasfigurazione dell’umanità finalmente cristiana.” Ancora altre encicliche manifestano il fervore del suo pensiero: è un intellettuale di valore.
Nella “Marialis cultus” del 1974, Paolo VI considera Maria e la Chiesa inseparabilmente insieme. In occasione della Natività di Maria, l’8 settembre, il papa, rievocando la festa in chiesa e in famiglia, rivela che “in quel pio domicilio, casa e chiesa di culto mariano, maturò la Nostra giovanile vocazione sacerdotale”. Nei suoi viaggi Paolo VI diffonde il Vangelo nel mondo. Visita il Libano; l’India, in occasione del 38°congresso eucaristico, a cui regala per i poveri la sua bianca Lincoln, messa all’asta. Nel 1965 va a New York e all’ONU, nel suo ventesimo anniversario: “Noi, esperti in umanità rechiamo a questa Organizzazione il suffragio dei nostri ultimi Predecessori …. e nostro, convinti come siamo che essa rappresenta la via obbligata della civiltà moderna e della pace mondiale”. Cita le parole del grande scomparso John Kennedy: “L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità”. Dal primo gennaio 1968, Paolo VI istituisce la giornata mondiale della pace.
Molti i viaggi:  Fatima, Istanbul, Colombia, Ginevra, Uganda, Iran, Estremo Oriente, Manila, dove un attentatore lo ferisce, Hong Kong, Australia e Nuova Guinea. In Italia, va in una decina di città. Sin da giovane Paolo VI predilige il dialogo, è il Papa del dialogo. A Milano, dà segni di accoglienza ai fratelli separati, specie agli anglicani. E’ aperto al dialogo ecumenico attraverso incontri significativi, dettati dall’amore, con gesti eloquenti, mentre sul piano dottrinario è prudente. Con Atenagora colloqui a Gerusalemme, Roma, Istanbul ; con il primate anglicano Michael Ramsey, incontro a Roma in san Paolo fuori le Mura: dopo la preghiera in comune gli fa dono del  suo anello. Visite di rappresentanti della Chiesa Ortodossa Armena e del metropolita Nikodim e di altri. Accorda fiducia a varie, insigni personalità del dialogo ecumenico, tra cui Max Thurian di Taizé.   E’ riconosciuto da personalità autorevoli che Giovanni XXIII e Paolo V I, in questo campo hanno agito in modo eccezionale, seguendo il principio che si deve “riprendere ad amarci gli uni gli altri”.
Per quanto riguarda i rapporti diplomatici della Chiesa con gli Stati, Paolo V I riesce ad allargarli, specie in seguito alla decolonizzazione, giungendo a circa 80 paesi e 10 organizzazioni internazionali governative. In Vaticano, visite di molti capi di Stato e di governo, tra cui Stati Uniti, Unione Sovietica, Jugoslavia, Israele, stati africani e asiatici. Gli serve molto l’esperienza vissuta nella Segreteria di Stato con Pio XI , assistendo al consolidarsi dei rapporti tra la Santa Sede e gli Stati, ma anche lavorando pesantemente con le dittature di destra e di sinistra. Il cardinale Jozsef Mindszenty, rifugiato nell’ambasciata americana di Budapest, nel 1971, ormai libero, va a Roma e nel Sinodo dei vescovi parla della Chiesa del silenzio; dopo pochi anni muore a Vienna. Paolo VI nel suo pontificato fa un discorso ai membri del Consiglio d’Europa; un altro discorso al simposio dei vescovi europei; nel 1977 invia un messaggio al Consiglio d’Europa.
Esperienze di modernità; significative le sue affermazioni:” La tradizione europea è un fatto innegabile … all’Europa tocca una responsabilità particolare per testimoniare nell’interesse di tutti i valori essenziali come la libertà, la giustizia, la dignità personale, la solidarietà, l’amore universale”.
Negli anni ‘60 e ‘70 si ha la fine dell’unità politica dei cattolici e il distacco dalla gerarchia ecclesiastica;  1968, inizio contestazione studentesca, comunità di base, legislazione su divorzio e aborto, anni di piombo. Il Papa, deriso più volte, sempre perdona. L’Anno Santo1975 è introdotto da Paolo VI  all’insegna del rinnovamento e della riconciliazione: circa 12 milioni i pellegrini a Roma; numerose le beatificazioni, tra cui quella del medico Giuseppe Moscati. Nella lettera apostolica il Papa invita i pellegrini a Roma sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, dove avverrà la conversione, ovvero il cambiamento di mentalità, di scelta, di vita nuova in Cristo redentore. Inoltre Paolo VI sottolinea il legame con il Concilio e la promessa della gioia cristiana, la gioia nello Spirito Santo.
Il 16 marzo 1978, rapimento dell’onorevole Aldo Moro e uccisione della scorta. Il 21 aprile Paolo VI scrive una drammatica lettera alle Brigate Rosse, definendo Moro, uomo politico “buono ed onesto”, esaltandolo per il suo impegno eccezionale e dichiarando di amarlo come fratello di fede e come figlio della Chiesa di Cristo, implorando la sua liberazione. Il 9 maggio in via Caetani, vicino alle sedi di DC e PCI, il corpo freddo di Moro. Successivamente il Papa in San Giovanni in Laterano commemora l’amico defunto con strazianti preghiere a Dio. Paolo VI prevede la sua fine, parlando a Castel Gandolfo con la gente venuta a salutarlo. L’ultima udienza risale al 2 agosto 1978: è sul tema prediletto della fede. Per la festa della Trasfigurazione, di sera, Paolo VI lascia la terra, per entrare nella gloria del Cielo. Il 12 agosto le esequie in piazza San Pietro. Sulla bara, il Vangelo aperto.
Il 27 agosto, il suo immediato successore, Giovanni Paolo I, traccia il ritratto di questo Papa della modernità: “ Paolo VI non solo a me, ma a tutto il mondo ha mostrato come si ama, come si serve e come si lavora e si patisce per la Chiesa.” I giudizi su Paolo VI sono molto lusinghieri. Significativo, quello del card. Ratzinger: “Metamorfosi della fede … Si poteva vedere quanto l’uomo, che per sua natura era un intellettuale, si consegnava giorno dopo giorno a Cristo … E come ciò lo rendeva sempre più libero, sempre più profondo, perspicace e semplice.”

Il patriarca Atenagora nel 1967, in una lettera a mons. Macchi, segretario dell’arcivescovo Montini di Milano, definisce Paolo VI “la più grande personalità, non solo della nostra Chiesa cristiana, ma anche di tutta l’umanità”. Il 7 agosto 1978, don Zeno di Nomadelfia invia un telegramma in Vaticano con queste stupende parole: “Ha vissuto le nostre battaglie. Ha vissuto le nostre sconfitte. Ci è stato padre sempre.”Parole che provengono dalla città della fraternità, Nomadelfia,  fondata nel 1948 nell’ex campo di concentramento di Fossoli. Don Zeno dà questa testimonianza: “ Quando era alla Segreteria di Stato ci faceva tanti piaceri: ci ha sempre difeso. Sempre, perché ogni tanto c’erano battaglie grosse”. Nel 1955 don Zeno, ridotto allo stato laicale, invia all’arcivescovo di Milano Montini, il suo libro”L’uomo è diverso”. Nel 1962 don Zeno riprende l’esercizio sacerdotale. Montini , eletto papa, fa giungere a Nomadelfia aiuti straordinari per la comunità.

Giovanni Paolo II nel 1993 dà l’autorizzazione di apertura del processo di beatificazione di Paolo VI. Nel dicembre 2012 Benedetto XVI, dopo il congresso dei teologi sulla vita virtuosa con risultati ottimi,  riconosciute le virtù eroiche di Paolo VI, lo dichiara “Venerabile”. Il 18 febbraio 2014 viene riconosciuto il miracolo di guarigione completa di un bambino, la cui nascita sarebbe stata con gravi problemi fisici. La mamma, consigliata di ricorrere all’aborto, rifiuta e si rivolge al Venerabile Montini . Il secondo miracolo della nascita di Amanda, per la canonizzazione, è simile.  Il 19 ottobre in Piazza San Pietro, papa Francesco ringrazia Paolo VI, “grande timoniere del Concilio”.

La spiritualità di Paolo VI si basa su Cristo e la Chiesa. La sua vita si svolge con un profondo senso del dovere, accompagnato da fede e preghiera, dal dialogo attento: il servizio diplomatico lo svolge con grande impegno; Cristo, amore infinito,  è sempre presente nella sua giornata, con la preghiera e la meditazione.
L’arte, in tutte le sue espressioni, dalla musica alla poesia, alle arti figurative, lo affascina; le scoperte scientifiche sono per lui preziosi doni di Dio; la sua umiltà, sconfinata; la gioia, compagna fedele, anche in momenti difficili; in Cristo la felicità; la carità, amata con slancio.
La Chiesa è per Montini il centro della sua vita, anche nella sofferenza. La luce divina si proietta sulla storia della Chiesa, sull’indefesso lavoro dei Padri Conciliari, che amano la carità al di sopra di tutto, prediligendo quanti non sono rispettati nei loro diritti. Infine, l’amicizia, fondata su Cristo, è per lui un grande sostegno. Don Emilio Guano, don Franco Costa, Aldo Moro, don Mariano Rampolla ed altri del periodo giovanile sono amati  come amici dell’anima.  In conclusione,  è necessario riconoscere le alte doti intellettive di Paolo VI, capace di comprendere fino in fondo il suo tempo, Papa della modernità; ogni giorno, mirare alla verità, affinché possa avere il suo giusto posto nelle questioni socio-politiche e l’uomo essere rispettato. Il Papa della modernità, nell’omelia della Domenica delle Palme 1978, inneggia alla gioia, con un exploit poetico: ” O Cristo sii al centro del nostro cuore, / per donarci generosamente agli altri; / al centro della nostra intelligenza / per dare una prospettiva cristiana / alla storia e alla cultura;  / al centro della nostra vita di cittadini / in una società che ha sempre più bisogno della forza / e delle idee di noi giovani. / Amen”.

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