In una Roma baciata dal caldo sole di maggio un emozionato Papa Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, ha salutato domenica 18 maggio i fedeli giunti da tutto il mondo per la messa di insediamento del nuovo Santo Padre, salito al soglio di Pietro lo scorso 8 maggio.
Un appuntamento con la storia che anche una piccola delegazione della diocesi di Acireale, guidata da monsignor Antonino Raspanti, non ha voluto mancare.
A raccontare le emozioni di questo giorno, già incastonate in centinaia di fotografie scattate, le riflessioni di don Antonio Agostini, segretario particolare del vescovo Raspanti e lo stesso episcopo, che ci restituiscono le impressioni a conclusione della Celebrazione Eucaristica.
Alla santa messa di inizio del ministero petrino di Papa Leone XIV anche il cardinale Paolo Romeo, vescovo emerito di Palermo e acese di nascita.
Antonio Agostini / L’appuntamento di Roma per essere partecipi della storia
“È una sensazione unica essere partecipi della storia – ha detto don Antonio Agostini, segretario particolare del vescovo, intervistato in una Piazza San Pietro ancora gremita di fedeli che ordinatamente lasciavano la Città del Vaticano dopo la messa celebrata da Papa Leone.
Il fatto che lui abbia pronunciato parole di unità e di amore, che sono i due lasciti di Gesù nel Vangelo, ci ricorda che vengono a noi attraverso Pietro. A Pietro ha affidato appunto il compito di guidare l’unità nell’amore, questo credo sia la sensazione più bella che oggi abbia avuto dinanzi alle parole del Santo Padre”.
L’emozione del sacerdote acese è stata poi condivisa anche da Don Orazio Tornabene, altro membro delegato dalla Diocesi che ha presenziato alla Santa Messa. I due sacerdoti hanno potuto concelebrare insieme a decine di confratelli provenienti da tutte le parti del mondo: la Santa Sede ha reso noto che hanno preso parte al rito 200 cardinali, 750 tra arcivescovi, vescovi e sacerdoti sul sagrato, più altri 3.000 presbiteri nel settore della piazza a loro riservato.
Monsignor Raspanti: “Il Santo Padre ci guiderà con grande attenzione”
“Una giornata straordinaria, con una partecipazione imponente e raccolta. Il Santo Padre ci ha colpiti con parole semplici ma profonde, incentrate sull’amore e l’unità della Chiesa. Ripartiamo con fiducia e rinnovata speranza, certi di essere affidati a una guida salda, attenta e spiritualmente profonda”.
Con questa dichiarazione il vescovo di Acireale, monsignor Antonino Raspanti, ha raccontato le sensazioni raccolte durante la santa messa, alla luce dell’omelia che Papa Leone ha pronunciato.
“Oggi è il primo incontro con Papa Leone: era palpabile il desiderio di intuire e capire la sua voce, la sua figura. Tanta gente calorosa ha pregato in estremo silenzio per lui. Sono certo che il Santo Padre ci guiderà con forza e con fermezza, ma anche con grande attenzione”.
L’arrivo in Piazza San Pietro di Papa Leone XIV
Accolto da una folla festante, il Santo Padre Leone XIV nel primo giro in papamobile ha attraversato piazza San Pietro, percorrendo i corridoi tra i diversi settori, per poi proseguire con il suo saluto ai fedeli riuniti in via della Conciliazione. La papamobile ha poi raggiunto Piazza Pia, sulle sponde del Tevere, ed infine è rientrata in Basilica, tra due ali di folla che inneggiavano al nuovo Pontefice.
La folla, riunita già dalle prime ore del mattino, ha acclamato con applausi e cori il Papa. Da una nota ufficiale si evince la presenza di 200mila persone al momento del Regina Caeli, provenienti da ogni angolo del mondo. Nel suo primo “bagno di folla” il Santo Padre, ha salutato e benedetto quanti lo attendevano, rivolgendo sorrisi emozionati ai presenti.
La celebrazione Eucaristica e i riti di inizio pontificato
Prima della Santa messa, insieme ai Patriarchi delle Chiese Orientali, Papa Leone ha raggiunto il Sepolcro di San Pietro. Qui, sotto l’altare della confessione della Basilica Vaticana, il Santo Padre ha pregato sulla tomba del primo Papa e ha incensato il Trophaeum Apostolico, luogo in cui erano deposte il pallio, l’anello del pescatore e l’Evangelario poi portati in processione dai diaconi. Sotto le note del canto Laudes Regiae il Santo Padre si è messo in processione insieme ai cardinali concelebranti.
Dopo la lettura del Vangelo in greco hanno avuto luogo i riti dell’inizio pontificato: la consegna del pallio pastorale e dell’Anello del Pescatore.
Ad imporre il Pallio è stato il cardinale diacono Mario Zenari, con una preghiera recitata dal cardinale presbitero Fridolin Ambongo Besungu. Il cardinale vescovo Luis Antonio Tagle ha invece consegnato l’Anello del Pescatore. Entrambi i momenti sono stati segnati da un’evidente commozione tradita dallo sguardo del Pontefice americano.
A nome di tutto il Collegio cardinalizio, infine, i cardinali Frank Leo, per l’America del Nord, Jaime Spengler, per l’America del Sud, e John Ribat, per l’Oceania, hanno prestato obbedienza al Santo Padre.
A prestare obbedienza anche alcuni rappresentanti del Popolo di Dio: monsignor Luis Alberto Barrera, vescovo peruviano di Callao, don Guillermo Inca Pereda, il diacono Teodoro Mandato, i religiosi suor Oonah O’Shea, presidente dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali, e padre Arturo Sosa, presidente dell’Unione dei Superiori Generali. Hanno ancora offerto la propria obbedienza gli sposi Rafael Santa Maria e Ana María Olguín, e i giovani Josemaria Diaz e Sheyla Cruz.
Le parole dell’omelia / Il ricordo di Papa Francesco e il conclave
Un ancora commosso Papa Leone ha poi preso la parola, scandendo con lentezza la sua omelia.
Il primo ricordo va immediatamente a Papa Francesco, colui che lo ha creato cardinale. Papa Leone fa memoria della sua morte, ricordando come al senso di smarrimento delle “pecore senza pastore” ha risposto il Collegio cardinalizio che si è raccolto in conclave per eleggere il nuovo Pontefice.
Papa Leone non tralascia di raccontare l’impegno dei cardinali elettori, che nonostante provenissero da realtà e mondi diversi, si sono fatti guidare dallo spirito nella scelta del successore di Papa Francesco: “Arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia”.
Le parole dell’omelia / “Scelto senza alcun merito, fratello che vuole farsi servo”
Ha ancora continuato il pontefice: “Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia”.
Amore e unità sono i cardini su cui il nuovo Pontefice vuole basare il suo ministero petrino. Lo ribadisce più volte, scegliendo queste due parole come le chiavi di lettura di un ministero che inizia in quel giorno ma sembra già delineato nelle intenzioni.
“Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”.
Papa Leone continua a mantenere centrale il desiderio della pace, parola già scandita nel suo discorso appena eletto.
Papa Leone ha poi concluso il suo discorso con queste parole: “E’ lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.
Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo (…)
Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità. Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi”.
Imponente la partecipazione dei grandi della terra
A prendere parte all’insediamento di Papa Leone, sul sagrato della Basilica 156 delegazioni di tutto il mondo e 39 delegazioni ecumeniche in rappresentanza delle altre Confessioni religiose. Presenti anche il Patriarca Bartolomeo, del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, e il Patriarca Nestor, esarca per l’Europa Occidentali. Al lungo appello hanno preso parte anche il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, oltre che esponenti musulmani, induisti, buddisti, sikh, zoroastriani e giainisti.
Il neoeletto Papa era atteso anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, dal vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance e dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky con la moglie. Tra i convenuti ancora il presidente di Israele Isaac Herzog.
Anche i rappresentanti di movimenti, gruppi, associazioni e istituzioni cattoliche hanno presenziato alla funzione, tra questi ricordiamo il rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Elena Beccalli.
L’impressione di chi scrive / Il confronto con Papa Francesco
Il racconto di questa giornata non arriva da una lettura impersonale dei fatti, ma dalla possibilità di chi scrive di essere presente domenica in Piazza San Pietro, insieme alla delegazione diocesana acese, durante la messa di insediamento di Papa Leone XIV.
Di ritorno da Roma la riflessione è, in qualche modo, d’obbligo.
Papa Leone non è Papa Francesco e questo, che si voglia o meno, è chiaro.
Non è impetuoso, non è istintivo nelle affermazioni, ma ha tutto misurato fin dalla scelta delle parole da usare o, meglio ancora, da non usare.
La sensazione, a stare tra il popolo della Chiesa domenica mattina, è che la curiosità nei suoi confronti è tanta. Le impressioni sono diverse e contrastanti, viziate forse da una certa familiare confidenza a cui Papa Francesco ci aveva abituati e che invece si scontra con l’apparente rigore di Papa Leone.
Ed allora, come nelle migliori storie d’amore, scatta l’immediato confronto.
L’impressione di chi scrive / Due Papi dai temperamenti differenti
Papa Francesco ai suoi gesti impetuosi ci aveva abituati, alla sua natura latinoamericana mai del tutto mitigata, all’apertura delle sue idee, alla tolleranza e alla misericordia di cui aveva fatto bandiera e voto.
Papa Leone è quello che arriva dopo il grande amore, quello che deve però restituire una certa concretezza ai fatti.
Arriva con l’aria di chi non si sente meritevole di tanto onore, nella sua omelia lo dice pure, si aggrappa allo Spirito Santo con forza, si commuove ma riesce ad usare le parole per indicare i punti fermi del suo progetto.
Papa Leone è quello che arriva dopo l’amore che ti ha riempito di sogni e fantasie.
Perché si sa, solo un grande amore ti riesce a fare amare con tutto te stesso. E Papa Francesco, nel decennio del suo pontificato, è riuscito a farsi amare a farci amare. Ci ha lasciato sognare una Chiesa più tollerante, più aperta, più fragile ed umana. Ha aperto un conto con il mondo e ha saputo creare un amore viscerale che ancora ci scuote. Siamo stati tutti suoi nipoti, in un modo o nell’altro, nelle idee o nelle intemperanze.
Ma poi, quando quel grande amore deve lasciare il posto al nuovo è chi arriva a dover pagare i conti, a confrontarsi con quelle idee che sono entrate nel cuore di tanti e che a volte sono state mistificate e piegate alle personali ideologie.
Papa Francesco ha fatto decisamente bene alla Chiesa: è stato abilissimo comunicatore e lettore dei tempi, eccezionale nella sua vita e incredibile ancora dopo la sua morte.
Un Papa della gente, un pò forte nei modi ma che tutti abbiamo amato fin da subito, fin dal suo primo “buonasera”.
L’impressione di chi scrive / Il Papa che poteva essere un duro ed invece vive l’emozione
Papa Leone invece, e questa è una riflessione non mia ma che mi sento di appoggiare, è quello che voleva essere un duro ma che evidentemente non c’è riuscito.
Si commuove, ingoia lacrime, misura le virgole alle frasi per non lasciare tremare la voce.
Nell’anno di Lucio Corsi la canzone che ha vinto Sanremo sembra la colonna sonora perfetta per questo nuovo Papato.
E forse ci piace questo, l’umanità di dire non sono degno, ma mi impegno.
Questa cosa mi ha colpito molto dell’omelia che ha pronunciato in Piazza San Pietro.
Non la pace, non l’amore, ma l’essere indegno. Come tutti noi davanti alle cose importanti della vita.
In un mondo performante, in cui tutti sanno sempre fare tutto e farlo nella maniera migliore, un uomo vestito di bianco alza le mani e ammette il suo non essere degno di un compito così importante. Più volte nei momenti salienti della sua omelia costeggia l’emozione, sembra rendersi conto man mano di quello che dovrà affrontare e si commuove.
Forse non eravamo abituati nemmeno a questo, all’umanità che davanti all’impegno si trova disarmata e può solo emozionarsi per l’immensità della responsabilità presa.
L’impressione di chi scrive / Le conclusioni
Non so se gli scettici entreranno mai in empatia con lui o se, alla fine, vincerà la titubanza.
Di una cosa però sono certa: impareremo ad amare quello che dice, le parole scelte con cura e i messaggi che consegna, sapienti e precisi. E per me, che gioco con le parole, come si sceglie di usarle ha sempre un certo fascino.
E molto, moltissimo, mi incuriosisce il Papa che poteva essere un duro e che alla fine, invece, si emoziona sempre. Forse il vento della rivoluzione gentile sta già soffiando, portando a planare il volo dei gabbiani che sovrastano la Città del Vaticano e speriamo, allora, che porti con sè quella pace giusta che tutto il mondo aspetta e che più volte durante la sua omelia nella santa messa domenicale Papa Leone ha invocato.
Chiara Costanzo