Ai bordi della cronaca / Il filo rosso di un sogno: il film “Serma” racconta la prima marcia per i diritti civili

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Le grandi notizie di attualità, nazionali e internazionali, occupano le prime pagine dei giornali, scritti, radiofonici, televisivi, on line ed entrano immediatamente nei circuiti dell’opinione pubblica. I grandi dibattiti politici, le tensioni europee e internazionali sono, come sempre e come giusto, al primo posto.
Poi arrivano le altre notizie, quelle che mediaticamente hanno un peso leggero. Ad esempio quella che annuncia l’uscita imminente di un nuovo film su Martin Luther King. Il titolo è “Selma”, dal nome della città da cui il 7 marzo 1965 partì, per raggiungere Montgomery, la prima marcia pacifica dei diritti civili.selma locandina
Il film di Ava Du Vernay, che sarà anche sugli schermi italiani dal 12 febbraio, riproporrà una pagina di storia in cui alla non violenza si rispose con la violenza e alla richiesta di giustizia si rispose con l’odio e con il rifiuto dell’altro.
Neppure il Premio Nobel per la Pace, assegnato il 10 dicembre 1964 a un uomo che aveva “un sogno”, riuscì il 4 aprile 1968 a fermare la mano dell’assassino.
Oggi il tema del rifiuto dell’altro che è in tutte le aperture mediatiche, pur con altri autori di terrore e morte, porta a riflettere sul sacrificio di quanti persero la vita pur di affermare la dignità di ogni uomo e di ogni donna.
Certamente un film non basta per cambiare il corso della storia ma può essere l’occasione per tenere vive nella quotidianità e nella normalità le ragioni della speranza.
Martin Luther King nel film appare provato, affaticato, preoccupato per i riflessi delle scelte politiche sulla famiglia. Non ci si trova davanti a un eroe ed è la stessa produttrice ad affermare che “uno degli obiettivi del film è anche far vedere che Martin Luther King era un uomo, non un mito”.
Un intento il cui significato non sfugge a chi, ai bordi della cronaca, ascolta, pensa, si pone domande.selma- scena
Perché è resa così difficile la strada verso l’Oscar per un film come “Selma” che consente di rivivere la stagione inquieta e inquietante delle lotte per i diritti civili?
Non è facile dare una risposta, anche perché occorre una specifica competenza, ma colpisce la serenità di Ava Du Vernay di fronte alle difficoltà che il film ha incontrato negli ambienti cinematografici: “Sono piena di speranza, non avevo mai visto un’ondata di solidarietà così forte, non solo negli Usa, ma in tante altre parti del mondo, da Londra o Hong Kong. Tutto questo produrrà qualcosa di positivo”.
Un’altra notizia minore arriva ai bordi della cronaca. La morte, il 6 febbraio, di André Brink a Città del Capo. E’ stato uno dei più significativi scrittori bianchi del Sud Africa. Domenica 1° febbraio l’Università cattolica di Lovanio gli aveva consegnato la laurea honoris causa. Grande amico di Nelson Mandela aveva ricevuto dall’Inghilterra il Premio alla memoria di Martin Luther King.
Nei libri “Conoscenza della sera” e “Un’arida stagione bianca” aveva preso posizione contro l’apartheid e a chi lo intervistava aveva detto: “Lo scrittore ha un ruolo sociale e morale da affrontare”.
Un ruolo di cui si avverte l’urgenza e l’importanza. Un compito che si confronta con l’inquietudine, con la continua ricerca di significati alti della vita dell’uomo.
Il filo rosso del “sogno” di una umanità unita nella diversità lega Martin Luther King, André Brink e quanti non intendono lasciarsi sconfiggere dal nulla dell’odio.
Un filo che occorre rafforzare, anche con la memoria, perché oggi, come ieri, la disumanità, con le sue maschere, non abbia l’ultima parola.

                                                                                                                                                                                                   Paolo Bustaffa

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