In arrivo l’iPad2. Ma a cosa serve?

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Si avvicina l’Ipad 2. La nuova versione del tablet – in arrivo a fine mese e presentata in questi giorni – sta già imperversando sui siti specializzati, che mettono in evidenza le novità: più versatile, applicazioni multimediali video e musicali migliorate, una speciale cover, maggiore velocità. La domanda da porsi e che i siti specializzati ignorano, possiamo riassumerla così: a cosa serve? La risposta ufficiale è che si tratta di oggetti utili in mobilità. La rivoluzione si chiama infatti mobilità: termine con cui si intende la possibilità di essere connessi ovunque. Siamo alla democrazia della connessione? Basta avere un tablet, una scheda per un abbonamento telefonico e da qualunque parte del mondo possiamo navigare in rete. Tuttavia ci serve davvero?

Questa è la domanda intrinsecamente etica. Il mondo del commercio è intrinsecamente non-etico: importa solo vendere prodotti e far sentire la necessità di possederli come uno status symbol. Se ne parla così tanto che bisogna averli, senza prendere in considerazione i costi e senza valutare se davvero ci sono utili. Nello specifico caso italiano non si parla mai dei costi di connessioni, pure elevati visto che si viaggia su rete dati per cellulari. Se si usa il tablet con l’adsl di casa siamo allo spreco in quanto evidentemente è più pratico utilizzare il pc.

Il vantaggio della mobilità riguarda particolari e selezionate categorie di persone a cui per lavoro o per studio serve una connessione sempre disponibile. In ogni caso, pure lasciando ad ognuno il giudizio e i conti da fare con le disponibilità economiche, la mobilità presenta dei vantaggi evidenti. Se sappiamo utilizzarla al meglio. Per aggiornamento professionale ad esempio. Qui occorre che ognuno costruisca il portfolio delle proprie risorse. E in questo settore gli adulti possono aiutare i più giovani oppure possono farsi aiutare da loro in particolari ambiti. Ad esempio se voglio utilizzare un social network, da genitore posso chiedere ai miei figli come lo usano loro e i loro amici in modo da comprendere alcune dinamiche. Poi posso decidere se mi serve un tablet per restare sempre connesso e se i costi valgono l’impresa.

Se invece occorrono delle ricerche su temi culturali o materie professionali, forse i figli possono ricorrere all’esperienza degli adulti. Mio figlio che deve fare una relazione per un laboratorio sugli anziani, invece di fare come tutti, cioè una ricerca con la parola “anziani” su Google, potrebbe ricorrere a siti specializzati nel sociale. Se non li conosce, l’esperienza degli adulti può venire in aiuto. In questo modo la rete e le sue possibilità diventano una palestra di dialogo e apprendimento reciproco, antidoti alla tendenza della società dei consumi a farci comprare oggetti senza chiederci a cosa servono.  Solo così siamo nel campo educativo; solo così siamo in un campo eticamente sostenibile.

Fabrizio Mastrofini

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