L’intelligenza artificiale ha un ruolo sempre più centrale nelle attività quotidiane, ma può averlo post mortem? Il suo progresso tecnologico continua ad inserirsi in nuovi ambiti, tra cui l’intrattenimento, la comunicazione e la sanità. Cosa succederebbe perciò se esistesse un modo per “tenere in vita” i nostri cari defunti attraverso l’intelligenza artificiale?
È sato discusso durante la terza edizione del Sud Innovation Summit, tenutasi a Messina. Il professore Francesco Pira, docente associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Messina, e i suoi dottorandi, U. Spaticchia e R. Casagrande, hanno condiviso le loro ricerche sul tema.
Intelligenza artificiale post mortem? Sviluppi dell’intelligenza artificiale
Negli ultimi decenni, l’intelligenza artificiale è così tanto migliorata da poter elaborare il linguaggio in modo più naturale e ad utilizzare tecnologie deepfake. Uno degli sviluppi dell’IA e della realtà aumentata è la tanatecnologia. Questa combina sintesi vocale avanzata, deepfake per la creazione di video e script generati dall’IA per la simulazione di conversazioni realistiche. è utilizzata per interagire con persone che non sono più in vita, mediante ciò che viene definito deadbot.
Intelligenza artificiale post mortem? Casi studio

Uno dei casi studio, presentati dai relatori, è il Project December¸ un chatbot basato su una deep IA che permette all’utente di partecipare a conversazioni simulate estremamente realistiche. L’utente ha, per la prima volta, la possibilità di personalizzare il chatbot attraverso le caratteristiche del defunto.
In Corea, invece, l’idea dell’immortalità, in qualsiasi modo e forma, si trasforma in commercializzazione. Infatti, Meeting You è un progetto cinematografico coreano che mostra come sia possibile vedere e “toccare” una persona defunta attraverso un’esperienza di realtà virtuale. L’idea nasce dopo la morte di Jang Nayeon, una bimba coreana. La madre, contattata da una rete televisiva, ha avuto la possibilità di rivedere sua figlia sotto forma di avatar, contribuendo alla produzione del suddetto documentario.
Intelligenza artificiale post mortem? Impatto sulla gestione del lutto
Il rischio di questi modelli innovativi è l’evitare, o rimandare, importanti tappe relative alla gestione e accettazione del lutto. Si crea una forma di affettività mediata dalla tecnologia, sollevando la questione: innovazione o regressione? L’intelligenza artificiale è fonte di continuità, sostegno e presenza costante, ma attraverso questi modelli crea un legame con un’entità che non è e non sarà mai un reale essere umano. Si viene così a modificare l’approccio alla memoria e all’oblio. Si genera una sovrapposizione tra memoria reale e memoria costruita digitalmente. Quindi, se da un lato offre sollievo, dall’altro rischia di rimandare il naturale processo di rielaborazione del lutto.
Sabrina Levatino
