Intervista / Don Stefano Presti e i suoi 60 anni di sacerdozio: “La parrocchia è sempre stata la mia famiglia”

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Domenica scorsa, 16 agosto, nella chiesa parrocchiale Santa Maria delle Grazie, con una solenne concelebrazione eucaristica, presieduta dal nostro vescovo mons. Antonino Raspanti, la comunità diocesana di Acireale ha voluto rendere grazie al Signore in occasione del 60° anniversario dell’ordinazione sacerdotale di don Stefano Presti, avvenuta il 14 agosto 1960 attraverso l’imposizione delle mani del vescovo di allora mons. Salvatore Russo.
La celebrazione eucaristica, fortemente voluta nella chiesa di “S. Maria delle Grazie” dove don Stefano per tanti anni ha svolto il suo prezioso ministero di Parroco, è stata un segno di comunione e di affetto da parte della parrocchia e un momento per esprimere riconoscenza al Signore e alla Chiesa per i tanti anni di vita sacerdotale spesi a servizio della comunità. Per l’occasione tutta la parrocchia si è voluta stringere attorno al suo ex parroco per ringraziare il Signore dei tanti benefici ricevuti ed elevare preghiere affinchè susciti nuove vocazioni: giovani disposti a mettere la propria vita nelle mani di Dio per annunciare la Parola ed essere dispensatori della Sua misericordia.
La vita pastorale di don Stefano è stata molto intensa e ricca di tante esperienze. Ordinato sacerdote, a partire dal 1963 è Rettore della chiesa di “S. Antonio di Padova” in Acireale; dal 1965 Vicario Economo della Parrocchia “S. Maria Odigitria” e successivamente Vicario Cooperatore nella Parrocchia “S. Maria del Suffragio”. Nel 1969 inizia la sua lunga esperienza di parroco che lo porterà nelle parrocchie di “S. Maria della Purità” di Capomulini e dal 1990 in quella di “S. Maria delle Grazie”. Dal 2017 è Canonico della Basilica dei “SS. Pietro e Paolo” di Acireale.
Ma ciò che da sempre ha caratterizzato l’esperienza presbiterale di don Stefano è la particolare vicinanza al mondo dello sport. Per tanti anni è stato Consulente Ecclesiastico del CSI di Acireale, Direttore dell’Ufficio per la pastorale del tempo libero, del turismo e dello sport e dal 2016 Incaricato per la pastorale diocesana dello sport. Un servizio che gli ha dato la possibilità di vivere a contatto di tanti giovani e vissuto con amore e dedizione, nella consapevolezza che lo sport non è solo uno strumento ricreativo ma una grande occasione di evangelizzazione. La grande forza aggregativa offerta dallo sport consente, infatti, agli operatori pastorali di trasformare l’attività agonistica in luogo di evangelizzazione per quanti non hanno conosciuto Gesù Cristo.
Abbiamo sentito don Stefano ed è stata una bella occasione per fare una piacevole chiacchierata, durante la quale, con molta disponibilità, ha risposto alle nostre domande, condividendo con noi la sua intensa esperienza e approfondendo alcuni aspetti della sua attività pastorale.

 Don Stefano, la sua esperienza di parroco è stata lunga ed intensa. Quarantotto anni trascorsi nelle parrocchie di Capomulini e Santa Maria delle Grazie. Potrebbe dirci come è stata la sua vita parroco?

Quella di Parroco è stata una esperienza fruttuosa ed edificante. Per me la parrocchia è sempre stata la famiglia che il Signore mi ha voluto affidare. Presiedere l’Eucaristia domenicale, occuparsi di anziani e malati, di adulti e famiglie oltre che dei cari giovani, ragazzi e bambini è stata una grande esperienza di comunione.  Certo la cura pastorale di una comunità comporta anche delle responsabilità e non nascondo che a volte ho sperimentato la stanchezza, ma ho sempre vissuto il mio ministero nella gratitudine al Signore, nella gioia e nella consapevolezza che la Madonna ha sempre accompagnato la mia esperienza di pastore.

Il suo cammino di parroco è stato sempre segnato dalla presenza di Maria. Quale ruolo ha avuto la Vergine Santissima nella sua vita di presbitero?

Nella mia vita di presbitero, più che un ruolo, la Vergine Santissima ha sempre occupato il posto della mamma. La devozione mi è stata trasmessa in famiglia. Il ricordo della recita del Santo Rosario, insieme ai miei genitori, è stata una esperienza fondamentale che ha sempre accompagnato la mia vita di cristiano e di sacerdote. La maternità di Maria è cresciuta, ancora di più, quando nel 1980, appena laureato, ho perso la mia mamma. Una grande perdita, che ha generato nel mio cuore un senso di vuoto che solo la Vergine Santissima poteva colmare. Come presbitero, nelle difficoltà che ho incontrato ho sempre contato nel suo aiuto. A Lei ho affidato il mio ministero pastorale, chiedendo di farlo fruttificare in abbondanza.

Alla luce dell’esperienza accumulata negli anni, prima come Consulente Ecclesiastico del CSI di Acireale e poi in tanti altri settori della vita sportiva della nostra città, può dirci quanto, ancora oggi, nella nostra Chiesa, può essere utile una pastorale dello sport a misura dei giovani?

Credo che l’impegno pastorale della Chiesa nel mondo dello sport è molto importante ed utile. Come Consulente Ecclesiastico del CSI, osservando questo mondo da vicino, mi sono accorto che con l’aiuto di operatori pastorali preparati, lo sport può diventare un vero luogo di evangelizzazione e di crescita umana. Il Centro Sportivo Italiano, infatti, è un’organizzazione nazionale, fondata sul volontariato, che intende promuovere lo sport come momento di educazione e di crescita nel territorio, ispirandosi ai valori cristiani. Come sacerdote, da tanto tempo, sono vicino anche all’Acireale Calcio. Ringrazio i tanti presidenti che nel tempo hanno accolto con gioia la mia presenza. Un impegno che, in tanti anni, mi ha fatto conoscere tanti giovani, in molti casi, bisognosi di ricevere il primo annuncio del vangelo. E’ stato molto bello celebrare la cresima ad alcuni calciatori. Ho provato anche la gioia di celebrare le nozze di Giuseppe Russo ex giocatore dell’Acireale tra la fine degli anni novanta e il decennio successivo e ringrazio il Signore per i profondi sentimenti di amicizia e di stima reciproca che ancora oggi conservo con tanti di loro. Oggi mi sento di dire che lo sport non è solo un gioco, ma, se vissuto correttamente, può diventare un valido aiuto per la riflessione e la ricerca della fede.
La passione sportiva ha sempre accompagnato la mia vita. E quando alcuni mesi fa, mi è stato chiesto di non essere più Consulente Ecclesiastico del CSI, per fare posto, come è giusto che sia, ad un mio confratello più giovane, è stata una prova molto dura.
Si sente di suggerire ai giovani, qualche motivo per cui vale la pena seguire Gesù?

Tanti sono i motivi per cui vale la pena seguire Gesù. Come parroco ho avuto modo di accompagnare tanti giovani alla vita sacerdotale. La vocazione è un mistero, una chiamata che non puoi prevedere, si manifesta in tempi e modi che non si possono programmare. Spesso nasce in parrocchia. Per me è stato così! Facevo il chierichetto e un giorno il mio parroco, con una tipica espressione dialettale, mi disse: “Stefaneddu ti voi fari parrinu?”. Questa domanda ha segnato la mia vita per sempre e ancora oggi la ricordo con immenso piacere. Era la chiamata del Signore! Da qui inizia il mio cammino di discernimento vissuto nel silenzio, nell’ascolto della Parola e nella preghiera personale di tutti i giorni, vissuta nella verità e nella sincerità davanti a Dio. Così, giorno dopo giorno, è maturata in me la consapevolezza e la decisione di farmi compagno di viaggio per tutte le persone che il Signore voleva mettermi accanto. A tredici anni sono entrato in seminario e a venticinque ho avuto la gioia di essere ordinato sacerdote.

Grazie a don Stefano per la testimonianza di vita vissuta al servizio dei fratelli. Certo sessant’ anni di sacerdozio non sono pochi. Noi possiamo solo immaginare quante cose sono avvenute in tutti questi anni di vita donata al Signore. Il tempo scorre e oggi si affacciano alla ribalta nuovi problemi, nuovi stili di vita e nuove sfide, ma il sacerdote resta sempre un testimone visibile dell’amore di Dio, di quell’amore che non abbandona mai.

Giovanni Centamore

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