Libri / “Cosa Nostra S.p.A”, racconto di vita vera del magistrato Ardita

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E’ stato presentato a Catania, presso la sede della “ Fondazione La città invisibile” in collaborazione anche con “Antimafia 2000” e il “Movimento Agende Rosse” di Catania, il nuovo libro del Procuratore del Consiglio Superiore della Magistratura, Sebastiano Ardita, dal titolo “Cosa Nostra S.p.A.”. Ha moderato l’evento Alfia Milazzo.
Il libro, anche se scritto da un magistrato, che è un addetto ai lavori, non è un comune saggio ma va oltre la semplice descrizione degli eventi, non usa, cioè, parole precise e pesate per non rischiare di non essere sufficientemente chiaro.
In quest’ultimo lavoro, Ardita è diventato uno scrittore che, più che descrivere, racconta la vita vera. Toccante, nel testo, il momento in cui riporta un incontro, durante una conferenza in un istituto scolastico, con un giovane che lavorava come puliziere nella scuola.
Carmelo –  così lo chiama nel libro –  gli chiede qualche minuto per parlare con lui e, come un fiume in piena, gli racconta una storia, la sua, figlio di un detenuto per mafia che per tutta la sua esistenza combatte per tirarsi fuori da quel mondo, con un desiderio forte di diventare un carabiniere.
Tante le tentazioni, ma lui con fatica ha sempre resistito, anche quando la propria madre viene uccisa dall’uomo, a cui per un periodo si era legata, che non aveva accettato il suo rifiuto. Ma tutto questo impegno non era riuscito a redimerlo e a far si che venisse accettato nell’Arma dei Carabinieri che lui aveva tanto ammirato ed amato.
Sebastiano Ardita parla anche di sé, narra chi era il giovane magistrato e come è diventato oggi. Descrive come era la mafia prima e di come si sia trasformata fino ad oggi.
Il libro parla del nostro passato criminale e di come si sia modificata la criminalità catanese sostituendo, cioè, la faccia brutta e criminale con un aspetto rassicurante e salottiero. Il tutto in una città, Catania, che da molto tempo, aiutata dall’ apparente tranquillità, è diventata modello sia in Sicilia, che nel resto del Paese. A Catania non si spara più. Ma la mafia, a detta del magistrato Ardita, preferisce stringere “relazioni” con le imprese e la politica, incrociando con essi, ahimè, il proprio fatturato.

Mariella Di Mauro

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