Libri / “Dante e la Sicilia” visto da Mazzoleni

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Dante

Dante e la Sicilia è l’argomento di  un saggio di Achille Mazzoleni, scritto nel 1893, dal titolo “La Sicilia nella Divina Commedia“, edito da Algra editore. L’associazione ex alunni del Gulli e Pennisi di Acireale ne ha curato la pubblicazione insieme alla Consulta della Cultura di Acireale. Desiderando in tal modo contribuire al ricco programma delle celebrazioni per il settimo centenario della morte di Dante. Ne abbiamo parlato con il prof. Alfonso Sciacca che ha curato l’introduzione del saggio, mentre il testo è stato esaminato dal prof. Salvo Valastro.

Preside, chi è Achille Mazzoleni?

È un docente che ha insegnato italiano al Gulli e Pennisi dal 1890 al 1893. Era nato nel 1864 a Bergamo, ma aveva studiato a Pavia presso la cui università si era laureato in lettere. Mazzoleni fa parte di quella schiera numerosissima di docenti che laureatisi al Nord venivano qui  nelle scuole del meridione per insegnare.Dante libro Mazzoleni Sicilia Se ci facciamo caso, si realizzava in questo modo una sorta di mutuo scambio culturale. Perché i nostri giovani si formavano secondo forme e stili educativi senza dubbio nuovi. In Sicilia ed al Sud la formazione dei giovani era affidata in genere a vecchi pedagoghi o a sacerdoti attempati.

Mentre questi docenti del nord, che possedevano una cultura aggiornata ed aperta alle necessità del tempo, venivano a contatto con situazioni complesse.  Ammirando, nel frattempo, le bellezze di questa altra parte dell’Italia. In questo senso il Gulli e Pennisi è stato il luogo privilegiato del rinnovamento culturale della nostra città. Ma è stato il luogo di un circuito di idee dove si è venuto a concretizzare un milieu di culture, una sintesi che ha prodotto effetti sorprendenti. Potremmo dire che ha «fatto» gli italiani della nostra terra, alcuni decenni dopo che si era «fatta» l’Italia.

 Mazzoleni, uomo del nord, come si trovò nella nostra piccola città?

Mazzoleni ad Acireale si trovò benissimo. Era già stato a Caltagirone, e prima ancora a Castelvetrano.  A fine ottocento, c’era un vero fervore culturale ad Acireale e si vedevano i segni della voglia di cambiare. Voglia di liberarsi da una certa «archeologia» (il termine è di Capuana), che ingombrava ancora la mentalità degli acesi.

Ad Acireale trovò uomini di cultura, tra i quali mi piace ricordare Mario Puglisi Pico, un intellettuale formidabile e dalla mente aperta, che è stato dimenticato dagli storici locali.
E trovò un editore appassionato, il Donzuso, che in quel tempo pubblicava la maggior parte dei libri degli scrittori acesi. Donzuso affidò al Mazzoleni il compito di scrivere una monografia di Michele Calì, morto qualche anno prima, e del quale il Donzuso, oltre che essere amico fraterno, si considerava anche l’erede culturale e politico. E Mazzoleni scrisse una monografia del Calì che ancora oggi leggiamo per documentarci ed approfondire lo studio della nostra città quasi alla fine dell’Ottocento.

Riuscì ad ambientarsi molto bene…

Abbiamo l’impressione che questo studioso nato in territorio lombardo, venuto in Sicilia, si sia innamorato della nostra terra. E non solo dei suoi aspetti naturalistici (pensiamo al sole, al mare, all’Etna), ma soprattutto della sua cultura. La Sicilia, quanto a cultura e storia non sta dietro a nessuna altra regione. Forse siamo noi Siciliani, che non vogliamo o non sappiamo riconoscere il valore di questa cultura che risale ai Greci, o a popoli più antichi.

Mazzoleni, della nostra Acireale, rimase affascinato. Studiò anche i miti, ed in particolare quello di Aci e Galatea, lasciandocene un saggio assai importante. Collaborò con l’Accademia degli Zelanti, e non fu il solo docente del Gulli e Pennisi ad essere invitato a tenere conferenze o a scrivere saggi. Ma soprattutto scrisse il saggio su Dante e la Sicilia che noi abbiamo voluto pubblicare in questi giorni.

Dante e la Sicilia di Mazzoleni: come mai questo lavoro, perché un testo antico viene recuperato?

La nostra iniziativa non vuole essere archeologica, nel senso che non vuole recuperare un testo antico per sottoporlo all’attenzione dei contemporanei. Essa vuole essere una operazione culturale, nel senso vero del termine. Perché desidera attualizzare qualcosa del passato, inserendone il valore ed il significato nel tessuto vivo del presente. E non sarà certamente un caso che questa nostra operazione sia stata fatta in coincidenza delle celebrazioni dantesche del 2021. Le quali rischiano di essere solo celebrative. Di essere cioè un mero apparato di formalità accademiche, o festaiole, di fermarsi alla superficie del ricordo di Dante senza scendere in profondità.

Alfonso Sciacca
Il prof. Alfonso sciacca ha curato l’introduzione del saggio di Achille Mazzoleni

Accadrà se non riusciamo ad interrogarci sul perché noi oggi vogliamo richiamarci a Dante a settecento anni dalla sua morte. Dando su questo una risposta vera e credibile. E questa interrogazione va fatta non solo avendo riguardo ad una considerazione complessiva della nostra nazione (l’Italia di oggi e Dante), ma anche di ogni singola regione, di ogni città, e perché no, anche della nostra Acireale. Augurandoci che essa, trascorso il periodo delle feste dantesche, possa uscirne fuori con maggior consapevolezza di sé e del suo stato. Perché la conoscenza di Dante dovrebbe dare coscienza e consapevolezza di sé.

 

Dante e la Sicilia visto da Mazzoleni: ci parla della struttura del libro?

Nell’opera il Mazzoleni (esaminato con attenzione da un saggio, una sorta di postfazione di Salvo Valastro che, con grande intelligenza critica, ne mette in evidenza gli aspetti più importanti e l’attuale valore) vuol far conoscere quella che è stata la Sicilia di Dante. Il quale, non essendo mai venuto in questa nostra terra, come invece sosteneva senza alcun fondamento Lionardo Vigo, aveva di essa solo una conoscenza letteraria e storica.

Salvo Valastro
Il prof. Salvo Valastro ha esaminato il testo del Mazzoleni

Il lavoro del Mazzoleni è analitico (Valastro parla di un caleidoscopio di immagini), attento, a tratti anche mosso da una vis filologica che lo sostiene e regge. C’è la voglia di indicare un nuovo Dante ed una nuova Sicilia. Ed è questo il particolare che più ci piace. Una «nuova» Sicilia per nulla estranea alla storia dell’Italia, dove perfino i miti e le leggende hanno un significato ed una portata storica.

Una nuova consapevolezza della Sicilia

Il lombardo Mazzoleni consegna ai siciliani di allora, e vorremmo anche di oggi, l’immagine di una Sicilia viva e forte, non estranea alla storia dell’Italia. Capace di atti eroici come i Vespri Siciliani, terra meravigliosa e ricca di risorse.
Dovremmo prenderne consapevolezza oggi soprattutto, perché proprio oggi serpeggia nella mente di molti di noi questa visione antistorica, quasi un destino assurdo. Di una terra isolata dal mondo, estranea a tutte le suggestioni e priva di tutto. Di una terra della quale viene narrata solo la mafia, senza passato e senza futuro. Dalla quale i giovani fanno bene a scappare, se vogliono davvero pensare al loro futuro.

La Sicilia c’è, invece. Un nuovo fervore di vita, una diversa considerazione della nostra storia, una più ponderata valutazione delle nostre responsabilità, maggiore attenzione alla cultura ed ai giovani. Leggere Dante – mi sembra che sia dell’Alfieri questa riflessione – è un dovere; comprenderlo una necessità; apprezzarne il valore e l’attualità, presagio di grandezza. Per ogni tempo.

A chi si rivolge, soprattutto, questa nuova e più ricca edizione?

Faremo dono di un certo numero di copie di questa pubblicazione agli studenti del Gulli e Pennisi. Avremmo voluto raggiungere altri istituti. Ma le nostre risorse sono molto limitate e non ce lo consentono. Il libro infatti è soprattutto rivolto ai giovani. È chiaro che anche gli altri, i non-giovani, sono destinatari della nostra iniziativa. Ma per i giovani noi abbiamo una speciale predilezione. Vorremmo che essi si accostassero a Dante. La sua lettura è sempre più difficile. Il linguaggio di Dante è distante dagli stilemi espressivi dei giovani, dagli slogan, dalle canzoni che essi ascoltano e cantano. C’è purtroppo, anche se non in tutti, un degrado linguistico che sembra inarrestabile. E Dante non si studia più come una volta. Il nostro è un invito: speriamo sia accolto.

                                                                                                       Mariella Di Mauro

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