Libri / “Stare dentro la storia con amore”

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“Stare dentro la storia con amore” – per l’Edizione Palumbo, 6 euro – è un volumetto di 80 pagine che don Sergio Siracusano, presbitero della Chiesa messinese, dedica alla rilettura del Convegno Ecclesiale Nazionale, celebratosi a Palermo, 25 anni fa, “Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia”.
Come se questi anni non fossero trascorsi e il convegno non si fosse mai celebrato.

Al Convegno fece seguito un documento dell’Episcopato italiano dal titolo “Con il dono della carità dentro la storia. La Chiesa in Italia dopo il convegno di Palermo”, nel quale ci si chiedeva: “C’è un nesso tra l’intimità dello spirito e la vita nella città dell’uomo? Può la catechesi aiutare i laici a vivere l’impegno nella città?”.

In soli 7 capitoletti, preceduti da una prefazione del Vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti e una postfazione del prof. Giuseppe Notarstefano, vice presidente nazionale settore adulti di ACI, l’autore passa in rassegna i documenti prodotti dal magistero italiano ed entra nel cuore del problema della evangelizzazione.

Dentro la storia

Se solo volessimo fermarci al titolo, ogni termine meriterebbe una riflessione personale e comunitaria. E anche  un discernimento sul nostro modo di abitare la città e starci con amore, accogliendo tutte le conseguenze che questo comporta.libro Stare dentro la storia

Già dai primi secoli, nella lettera “A Diogneto”,  viene esplicitato che il cristiano vive nel mondo ma non è del mondo.  E più vicino ai nostri giorni, Sturzo fa intendere la vita cristiana come vita sociale, senza la quale c’è disintegrazione spirituale e sociale.
Il prof. Lazzati affermava che la vera vocazione e missione della Chiesa è “farsi sale e lievito dell’umanità”.  Il Concilio Vaticano II, già da oltre 50 anni, ha reso esplicito  l’impegno proprio dei laici: “cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e orientarle secondo Dio”. Giovanni Paolo II nel suo discorso al Convegno di Palermo affermava che “non c’è rinnovamento, anche sociale, che non parta dalla contemplazione”.

La Conferenza Episcopale Siciliana in un documento “Amate la giustizia, voi che governate sulla terra” del 2012, auspicava un salto culturale, di tutta la società. Soprattutto attraverso il lavoro, nella costruzione della casa comune.

La città prende forma con il contributo di tutti, la fede illumina il vivere sociale. L’impegno per il bene comune animato dalla carità “ha una valenza superiore a quello soltanto secolare e politico” (CV Papa Benedetto).

Vivere dentro la storia vuol dire affrontarla da protagonisti

Papa Francesco, nel 2019, parlando alla diocesi di Roma, esplicitava:  “Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo. Ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze”.
Vivere dentro la storia con amore vuol dire vivere la propria cittadinanza,  non da sudditi, ma da protagonisti. Non si può essere cittadini a metà. “Stare dentro la storia con amore” esprime la convinzione che “collaborare alla costruzione della casa comune è compito di ogni fede autentica che non è mai comoda né individualista”. E “implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra … Tutti i cristiani sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore”( E. G. 183 )

La scollatura esistente tra Chiesa e Città, nel 1985, spinse il Vescovo di Messina, Ignazio Cannavò, a scrivere una lettera pastorale in cui parlava della necessità di una “riconciliazione” tra la Chiesa e la Città “nell’interesse per l’uomo, per il quale l’una e l’altra devono operare pur nella distinzione dei compiti”, avvertendo “una insufficiente presenza dei cristiani e della Comunità cristiana nella Città.
La loro presenza è spesso limitata all’offerta di un servizio [ … ], supplendo alle numerose carenze ai vari livelli della vita sociale, non si fa intervento attivo per contribuire alla creazione e al rinnovamento di strutture più rispondenti ai diritti e alla dignità dell’uomo”.

Uno sguardo evangelico sulla realtà

Catechesi e dottrina sociale, svelano la vocazione terrena e trascendentale del credente, lo abilitano ad uno sguardo evangelico sulla realtà. Rivelando, da una parte, le strutture di peccato che degradano il tessuto sociale e l’ambiente. E dall’altra, lo abilitano ad agire per il bene comune nella quotidianità del suo lavoro e nell’impegno sociale e politico più diretto.  Contribuendo così alla sua umanizzazione e alla difesa dei diritti.

Annuncio, celebrazione e testimonianza non possono scindersi, sono le tre dimensioni della pastorale e della vita cristiana. Le comunità devono riscoprire il loro ruolo sociale sul territorio. Pertanto, la formazione primaria di base di educazione al sociale e al  politico non è un compito marginale, richiede una progettualità pastorale … Un’azione educativa che renda capaci di  “dare ragione della speranza”, dentro uno stile di discernimento comunitario, di apertura alle istanze di crescita sociale ed economica … Una formazione sociale e politica … come pratica ordinaria della vita delle comunità, per la formazione di una coscienza politica che renda i cristiani laici preparati ad esercitare il potere politico, come servizio al bene comune, riconosciuta come vocazione e via di santità.

Il testo è ricco di citazioni tratte dai documenti prodotti dalla Chiesa italiana. Il lettore è sollecitato a riprenderli in mano e studiarli, comprenderli. Talvolta, si ha l’impressione che il popolo dei fedeli non li conosca nemmeno. Allora veramente dobbiamo porci la domanda: A quale profilo di laico stiamo educando, per saper  “Stare nella città da attori”  e costruire la “città a misura d’uomo”?  “Chi sono gli evangelizzatori”, “Chi si lascia formare?”

Ripensare la pastorale comunitaria

La CEI, in un documento del 2014 delinea l’evangelizzatore come “un cristiano adulto, cittadino responsabile, capace di narrare e motivare la propria vicenda di fede … Annunciatore della Parola, accompagnatore leale e affidabile … [anche se non può conoscere tutto], sa che il Vangelo è capace di illuminare ogni dimensione umana”.

L’invito a ripensare la pastorale comunitaria sembra quasi una risposta all’appello alla città di Milano, nel 2018, dell’arcivescovo mons.  Delpini, ripetuto ancora una volta, in occasione del centenario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

A partire dai documenti citati dall’Autore, da leggere e rileggere, anche insieme nelle nostre comunità, possiamo tutti riflettere. Ciò per provare a discernere le ragioni di un impegno concreto e comunitario dentro la vita delle nostre città e dei nostri luoghi di vita e di lavoro. Non c’è più tempo da perdere!

Teresa Scaravilli

 

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