Lo scaffale / “Era destino”, le memorie di un giovane avvocato nel terzo libro di Salvo Cavallaro

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Terza fatica letteraria per l’avvocato Salvo Cavallaro. “Era Destino” segue i primi due libri dell’autore “Ma di cosa stiamo ancora parlando?” pubblicato dalla casa editrice Carthago nel 2011 e “Date da mangiare ai pesci” della stessa casa editrice, pubblicato nel 2013.

La scrittura scorrevole, il testo che cattura dalle prime pagine l’attenzione e la curiosità del lettore, questa è l’arma vincente, la bravura di Salvo Cavallaro nel narrare storie che coinvolgono, pagine che parlano di vita vera.
“Era destino” si compone di due racconti, “Senza alcun appello (memorie di un giovane avvocato)” e in appendice “Sogni di giustizia”. L’introduzione è curata da Giuseppe Pennisi che ha affiancato lo scrittore anche nella presentazione del libro al pubblico acese.copertina libro Cavallaro
Il corpo centrale è il primo racconto, che narra la vita di un giovane avvocato alle prime esperienze con il mondo del lavoro e la voglia di entrare a far parte di quell’ambiente che si è scelto, dopo anni di studi e non pochi sacrifici. L’avvocato Cavallaro sa bene come “trattare” la materia in questione esercitando la stessa professione e quindi vivendo in prima persona l’esperienza lavorativa del protagonista del suo racconto.
Bello l’inizio del II capitolo dal titolo “La causa iniziale” dove il protagonista racconta il momento in cui decide di diventare un avvocato. Chi non ricorda il ritorno di Enzo Tortora in televisione dopo essere stato ingiustamente coinvolto in un caso giudiziario che fece scalpore negli anni ’80. Era il 20 febbraio 1987 e Tortora, dopo aver visto riconosciuta la sua innocenza ed essere ritornato un uomo libero, tornava al timone del suo storico programma: Portobello. Purtroppo il presentatore morì l’anno successivo a causa di un male incurabile. Molti saranno rimasti sgomenti per questa triste pagina di storia della giustizia italiana. Come può essere distrutta da un errore giudiziario la vita di un uomo, e per un bambino di dieci anni (questa l’età del protagonista del libro nel 1987) deve essere stato un ricordo indelebile.
Nei capitoli che seguono lo scrittore narra sapientemente gli anni dell’università del protagonista, la figura paterna che lo vorrebbe come aiuto in bottega e invece si ritroverà presto un figlio laureato e, come tutti i padri, non si tira indietro nell’aiutare quel figliolo con l’idea fissa di fare l’avvocato. La ricerca di uno studio in cui cominciare la pratica forense è fondamentale per prepararsi adeguatamente a quei “tre terribili giorni” dell’esame di abilitazione alla professione legale. Giorni vissuti con terrore e disagio, ma che, una volta superati, finalmente aprono di diritto alla professione tanto amata dal protagonista.
Scorrono veloci gli altri capitoli che fanno amare al lettore sempre più questo giovane avvocato, con le vicende del suo quotidiano, dove protagonista importante è la sua professione, arrivando così all’ultimo capitolo “Verdetto finale”. Un capitolo che racchiude l’essenza del destino di ogni uomo che, aldilà delle sue scelte volontarie, dettate dalla sua indole e dai suoi desideri, a volte è costretto da una sorte a lui avversa a dare una svolta alla sua esistenza. Una caduta accidentale del padre, la sua lunga e forse definitiva assenza dal lavoro, la bottega di famiglia lo mettono di fronte ad una scelta: chiudere l’attività paterna sapendo di arrecare un immenso dolore al proprio genitore o accettare il proprio destino e cambiare vita, abbandonando tutto quello in cui si era creduto per anni, per amore del proprio padre.
L’appendice “Sogni di giustizia” è la storia in chiave moderna di Edipo, eroe della mitologia greca. Un tema che cattura sempre per la sua drammaticità, nell’ineluttabile avvicendarsi degli avvenimenti della vita che a volte sfuggono al controllo e alla volontà dell’essere umano.

Gabriella Puleo

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