Nota / I cattolici e il tradimento dell’Italia europea

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Il nostro futuro in Europa rischia di essere compromesso da una serie di calcoli sbagliati del governo che non soltanto ci isolano dal resto degli Stati europei, ma isolano l’Italia dalla sua storia.  L’Italia è stata uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea non per caso, ma perché intorno al progetto europeo si sono ritrovate visioni e idee profonde, di lungo periodo, tipicamente cristiane.
Rari sono i momenti storici in cui fede e politica avanzano insieme: uno di questi è stato quello degasperiano di un’Europa di pace, di prosperità e di fratellanza tra popoli dopo secoli di nazionalismi e di guerre fratricide.
De Gasperi ha guidato la ricostruzione nazionale e la politica estera italiana tra il 1946 e il 1954 ed ha segnato indelebilmente non soltanto la storia italiana ma anche il cattolicesimo politico. Rompere il legame che in politica estera ci lega alla politica degasperiana significherebbe inoltre  tradire una  storia che non appartiene più soltanto ai cattolici, ma all’intero paese.

Se davvero non si riesce a rientrare a testa alta nel consesso europeo si commetterebbe un errore che non soltanto costerebbe moltissimo, ma muterebbe il nostro Dna politico.

Come ha detto il presidente della Cei il 12 novembre scorso, “se l’Italia rinnega la sua storia e soprattutto i suoi valori civili e democratici, non c’è un’Italia di riserva. Se si sbagliano i conti non c’è una banca di riserva che ci salverà”. La politica ha logiche proprie ed ogni maggioranza ha il diritto di imporre democraticamente il suo programma, ma nel rispetto non soltanto dell’interesse nazionale, ma anche di quello internazionale, come dice la Costituzione all’art. 11. Non manca in Parlamento e nel Paese l’esperienza per comprendere che l’Europa di oggi, piena di tensioni, non può più permettersi di tollerare sfide così forti alle regole liberamente sottoscritte anche dall’Italia. Il gioco si fa duro non contro l’Italia, ma perché l’Unione europea e l’eurozona stanno lottando per la propria sopravvivenza. In Germania la maggioranza è debole, in Francia Macron non ha più il consenso che aveva, gli inglesi sono nel guado per uscire dall’Unione, molti Paesi dell’Est europeo scalpitano, gli Stati Uniti fanno una politica internazionale che punta anche a spezzare l’unità europea e la Russia cerca di sfruttare le nostre divisioni interne. Ebbene,
tutti gli Stati europei, anche quelli che hanno molto da ridire sulla politica comunitaria, sono compatti nell’isolare l’Italia.

Ma senza amici dove andiamo? Non è solo un problema di debito pubblico o di austerità: in politica tradire gli amici è un grave azzardo morale. De Gasperi si era formato nella prima metà del XX secolo ed è stato testimone sia della follia delle Guerre mondiali che della indulgenza delle diplomazie europee di fronte al fascismo. Le ragioni della sua scelta atlantica e della sua ostinata ricerca delle basi di una Europa unita non stavano in interessi meschini o di calcolo elettorale. In uno dei suoi discorsi più profondi, Le basi morali della democrazia, pronunciato nel 1948 a Bruxelles, De Gasperi legò strettamente la dimensione religiosa e quella politica all’idea dell’amore civile. Perché la democrazia diventasse davvero un fatto di coscienza, egli invocava quell’amore che “si chiama socialmente fraternità ed esige lo spirito di sacrificio nel servizio della comunità”. L’amore era la “forza propulsiva” della democrazia, il fondamento di quella filosofia concreta che, assimilata dal popolo, doveva guidare le sorti di un Paese, e senza la quale la democrazia non poteva crescere.

Nell’amore stavano le “origini evangeliche” dell’aspirazione democratica che avevano permeato gran parte della storia politica della modernità, fino a plasmare le parole d’ordine – liberté, égalité, fraternité– della più importante di tutte le rivoluzioni moderne.

Lo statista trentino morì nel 1954 con l’amarezza di vedere bocciato il progetto di una politica comune per la sicurezza, ma oggi il più è fatto: perché rimettere in discussione tutto l’impianto europeista? E se anche si volesse giudicare la politica degasperiana figlia del suo tempo, superata, non si può non vedere che sul piano della politica estera non c’è una politica migliore della sua. I limiti dell’Europa di Bruxelles sono evidenti, ma nessuna grande politica internazionale è mai esistita né mai potrà esistere se non si fonda su basi storiche solide. L’Europa unita è una di queste. L’ignoranza della storia non è ammessa, così come per i cattolici non è ammessa l’ignoranza della fede. Su certe questioni tradire la prima significa tradire anche la seconda.

Giuseppe Tognon

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