Dunque, anche questa volta, come accaduto in diverse precedenti elezioni papali, le scelte del Sacro Collegio hanno colto di nuovo di sorpresa tutti. Nessuno, tra i diversi esperti, approfonditi ed informati, aveva immaginato un Conclave così breve, ed un epilogo con una scelta tanto sorprendente.
La prima cosa che occorre sottolineare è l’estrema brevità del tempo. Necessario per decidere il nuovo Pontefice. Infatti, tra l’Extra Omnes con il ritiro dei 133 porporati nella Cappella Sistina e la fumata bianca che ha annunciato al Mondo l’elezione del nuovo successore di S. Pietro e nuovo Vescovo di Roma, sono appena trascorse 24 ore.
Unita e collegata a questa prima sorpresa, si è aggiunta l’altra, ancora più qualificante: la decisione di far convergere i voti sul cardinale Robert Francis Prevost. Che è il primo Papa statunitense della storia della Chiesa Cattolica. E che – altro particolare non secondario – ha scelto di chiamarsi Leone XIV.
Per trovare un altro Papa Leone, occorre risalire indietro nel tempo di oltre cento anni. L’ultimo Leone a guidare la Chiesa – nel passaggio tra i due secoli 1800 e 1900 – fu Leone XIII, il Papa della “Rerum Novarum”. Un’ elezione che già si presenta con diverse chiavi di lettura. Vediamo di coglierne gli elementi. Ad iniziare proprio dalla biografia di Papa Leone XIV, Robert Francis Prevost.
Leone XIV: il perché di una scelta
Dai tratti essenziali della biografia del nuovo Papa apprendiamo importanti elementi che servono a comprendere e conoscere meglio gli aspetti della sua formazione religiosa, culturale, morale e spirituale, al vertice della Chiesa.
Figlio d’immigrati, dalla Francia agli Stati Uniti, Robert Francis Prevost nasce a Chicago (Illinois) il 14 Settembre 1955, e là sviluppa la sua vocazione sacerdotale.
L’essere figlio d’immigrati è un tratto che lo unisce – dal lato biografico – a Papa Francesco, suo predecessore e figlio d’immigrati italiani in Argentina.
Dopo la formazione presso la Catholic Theological Union di Chicago ed il diploma in Teologia, consegue le lauree in Filosofia e Matematica. Diviene vicario generale degli Agostiniani (Papa Bergoglio lo era per i Gesuiti) e sviluppa una vasta cultura. A tal punto da essere in grado di parlare correntemente ben 7 lingue, latino compreso.
Sceglie di andare missionario in Perù. Cioè in una di quelle Repubbliche Sudamericane che si dibattevano tra problemi enormi. Problemi economici, carenza di scuole, analfabetismo, traffici di droga e dittatura militare. Una di quelle realtà verso le quali il Presidente John Fitzgerald Kennedy aveva istituito l’Alleanza per il Progresso, il Corpo dei Volontari della Pace ed il Food For Peace. In quell’epoca, importante e determinante per tutto il Mondo. Epoca di grandi speranze e sogni interrotti, e rivoluzioni pacifiche incompiute. L’epoca di John e Robert Kennedy che sicuramente influì ed ebbe il suo valore nella formazione dell’allora sacerdote missionario Robert Francis Prevost.
Missionario in Perù e vescovo a Chiclayo
In Perù lo conosce Papa Francesco, nel 2015. E lo nomina vescovo della diocesi di Chiclayo. Papa Francesco vede in Robert Francis un uomo di fede a lui vicino. Con le sue stesse inclinazioni e priorità: soccorrere gli ultimi, vivere accanto a tutti i poveri e gli oppressi, capirne le condizioni, soccorrerli nei loro bisogni e nelle loro priorità. Un pò come l’esperienza di Papa Francesco a Buenos Aires. Un’altra esperienza che li accomuna.
Ma Robert Francis porta con sé anche l’esperienza ed i punti di vista dell’altra America. Quella delle lotte politiche per i diritti civili degli anni ‘60, di Martin Luther King e di Robert Francis Kennedy. Per riportare la pace – NOW – là in Vietnam. E per riportare in patria i ragazzi americani che morivano là in terra d’Indocina. Ecco dunque perchè è stato esattamente definito: “Il Papa che unisce i desideri ed i bisogni delle due Americhe: la Settentrionale e la Meridionale”.
La scelta di chiamarsi Leone
In questo senso, la scelta del nuovo Papa di chiamarsi Leone, dopo oltre 100 anni dall’ultimo Papa autore della grande Enciclica sociale della Chiesa, “Rerum Novarum”, dedicata alle condizioni lavorative ed alla giusta remunerazione del lavoro, non è affatto casuale o priva di chiari elementi innovativi.
Anche oggi, come allora, agli albori del 900, l’umanità si trova alle soglie di grandi mutamenti della struttura lavorativa. Là, allora, in quel contesto, iniziava l’avvento delle macchine industriali. Esse sostituivano la mano umana nel processo lavorativo.
Oggi, nel terzo millennio, siamo in presenza di una nuova rivoluzione tecnologica che sconvolge i processi lavorativi. Robot ed intelligenza artificiale sottopongono l’uomo a delicati problemi etici, su cui la Chiesa dovrà ben far sentire la propria voce.
La scelta di Papa Leone – oggi come allora all’inizio del Novecento – impone alla Chiesa di richiamare gli aspetti più importanti della sua dottrina sociale, con riferimento al processo produttivo ed alle condizioni umane ed etiche di esso. Sia dunque sul tema dei diritti fondamentali dei migranti, sia sul tema delle scelte dei processi lavorativi, la voce di Papa Leone XIV certamente si farà sentire. E segnerà indubbiamente una continuità di intenti lungo il solco tracciato mirabilmente dal Papa di Buenos Aires.
Papa Francesco chiamò a Roma l’arcivescovo Robert Francis Prevost
Chiamato a Roma da Papa Francesco, all’inizio del 2023 e nominato arcivescovo, Prevost è stato destinato a presiedere l’importante incarico di Prefetto della Congregazione dei Vescovi. Tale nomina – che denotava la piena ed assoluta fiducia di Papa Bergoglio nelle grandi risorse spirituali e morali del nuovo Papa – lo ha preparato, per la fine del 2023, per il conferimento della porpora cardinalizia.
Un incarico dunque di grande impegno, importanza e prestigio, ed il conferimento poi della porpora cardinalizia, rendevano pertanto l’allora cardinale Robert Francis Prevost il candidato fondamentale di un eventuale, futuro Conclave, per la nomina a Papa. Ecco, dunque, un importante e decisivo motivo del perché ai media potesse essere sfuggita la collocazione della statura del cardinale Prevost come futuro Papa. Non tutti i cultori ed i vaticanisti poi colgono in pieno il cursus honorum di ogni singolo candidato a Papa. E probabilmente è giusto che sulla materia regni una giusta riservatezza. Almeno nel pre-Conclave e poi durante il Conclave stesso.
“Habemus Papam!”: Leone XIV
Il resto è cronaca di pochi giorni addietro. Papa Prevost ha in effetti sorpreso tutti, sia nel testo del messaggio rivolto a Roma ed al Mondo, sia nella stessa semplicità di esso. Testo, innanzitutto, di grande spessore evangelico: ha richiamato la pace di Gesù risorto dai morti. (“La Pace sia con tutti voi!”). E, secondo l’insegnamento di S. Paolo: “se non si credesse in Gesù Cristo risorto dai morti, vana sarebbe la nostra fede!” .
Ma Papa Leone ha aggiunto un altro ed assai importante commento sulla pace, parlando di “Pace disarmata e pace disarmante”. Concetto e pensiero che riecheggia e fa rivivere a distanza di più di 60 anni quello di un altro importante uomo di Stato statunitense. “A che genere di pace mi riferisco? A che genere di pace noi aspiriamo? Non alla pax imposta dalle armi americane, non la pace dei cimiteri o la tranquillità degli schiavi. Parlo di quel genere di pace che rende la vita sulla terra degna di essere vissuta, e migliore per i propri figli. Pace non solo nel nostro tempo, ma per tutti i tempi”. (John Fitzgerald KENNEDY, Orazione all’American University, Washington, 10 Giugno 1963).
La pace attraverso il disarmo
Il collegamento sulla linea tracciata da Papa Bergoglio è evidente: la pace attraverso il disarmo. Non solo in senso stretto. Disarmo delle coscienze, secondo l’insegnamento di Papa Francesco; disarmo anche attraverso le stesse parole. Disarmo dunque in tutti i sensi e riconciliazione. Questo concetto significativamente e costruttivamente unisce i due Papi, il presente ed il predecessore. Ma li unisce, ed è importante rilevarlo, anche al messaggio presidenziale di John Kennedy.
Anche nella Dottrina della “Nuova Frontiera” si faceva riferimento al disarmo degli animi, ed ad una revisione dell’atteggiamento americano verso gli altri nell’epoca della Guerra Fredda. Papa Leone conosce quell’epica era indimenticata della “Nuova Frontiera”. La conosce anche il presidente Donald Trump. Su quel versante, il Papa e il presidente sono concordemente uniti. Possono divergere i mezzi prefigurati per arrivare ad una pace stabile nel Mondo, tra il Papa ed il presidente americani. Ma le intenzioni, le speranze, gli auspici ed i voti sono identici.
Su questo non sussistono dubbi. Le intenzioni dell’Amministrazione repubblicana sono serie e sincere. Papa Leone XIV è pertanto chiamato all’importante ruolo di mediazione e d’interposizione che così coraggiosamente e costruttivamente Papa Francesco ha saputo, per la sua parte, svolgere e ricoprire. Con incomparabile saggezza ha tentato di sedare tutti i conflitti.
Riprendere l’impegno di Papa Francesco
Occorre prendere ispirazione dall’impegno del predecessore e riprenderlo con la sua personalità e con il suo carisma, certamente diversi da quelli di Papa Bergoglio. Si è detto e scritto che lo farà con maggiore sinodalità, con più apertura agli altri ruoli ecclesiastici. Più che agli impegni esterni, e forse in parte incompiuti di Papa Francesco, l’auspicio di una maggiore sinodalità forse è rivolto alle riforme interne alla Chiesa. Avviate certamente da Papa Francesco, ma non portate a termine, dato che non ne ha avuto il tempo. Occorre guardare al migliorato ruolo delle donne: potranno aspirare al sacerdozio? E quale sarà il giudizio sulle unioni tra persone dello stesso sesso? E la riforma delle finanze Vaticane, dove e come approderà?
Auguri quindi, sinceri e devoti al nuovo Papa. Atteso da un compito impegnativo e difficile, ma pieno di sfide e speranze. Come constatava per la sua epoca, il presidente John Fitzgerald Kennedy.
Sebastiano Catalano
Giovanna Fortunato