“San Giuseppe era un carpentiere che ha lavorato onestamente per garantire il sostentamento alla sua famiglia. Da lui Gesù imparò il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro” (Papa Francesco, Lettera Apostolica Patris corde, 2020).
In tale raffigurazione, una trasmissione di valori il cui retaggio ci invita ora più che mai a un nuovo patto intergenerazionale. Chiamato da Dio a servire la persona e la missione di Gesù nell’esercizio della paternità, San Giuseppe coopera al mistero della Redenzione come ministro della salvezza (San Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica Redemptoris Custos, 1989).
La crescita di Gesù «in sapienza, in età e in grazia» nella Santa Famiglia (Lc 2, 51-52) è sotto l’egida di Giuseppe, che assolve al compito di «allevare» cioè nutrire, vestire e istruire Gesù nella legge e a un mestiere in conformità ai doveri a lui assegnati.
Gesù è sottomesso, ricambiandone col rispetto le attenzioni e così santificando i doveri della famiglia e del lavoro prestato accanto a lui. Obbedienza che si esprime pure in partecipazione al lavoro di Giuseppe e che avvicina il lavoro umano al mistero della Redenzione.

In tale contesto ha un ruolo notevole la virtù di laboriosità “essendo il lavoro un bene dell’uomo che trasforma la natura e rende l’uomo «in un certo senso più uomo». L’importanza del lavoro nella vita dell’uomo richiede che se ne conoscano ed assimilino i contenuti «per aiutare tutti gli uomini ad avvicinarsi per il suo tramite a Dio, creatore e redentore, a partecipare ai suoi piani salvifici nei riguardi dell’uomo e del mondo (San Giovanni Paolo II Lett. Enciclica Laborem Exercens, 1981).
San Giuseppe esempio di laboriosità trasmessa di padre in figlio
Modello degli ultimi ma mosso a grandi destini (San Paolo VI, Insegnamenti, 1969), San Giuseppe col suo lavoro ci indica una via di santificazione accessibile a tutti e ce ne suggerisce la chiave: la trasmissione della sua arte.
Una consegna da Giuseppe a Gesù e quindi da ogni padre al figlio e, in senso lato, da una generazione alla successiva. Un patrimonio valoriale reso divino nella sacra famiglia e proposto alla famiglia umana d’ogni epoca. Fino ad oggi.

Nel suo libro Il Dna delle competenze. Come salvare l’abilità umana nell’era delle macchine intelligenti Matt Beane così illustra le dinamiche sempre attuali e mai obsolete dell’apprendimento, nella trasmissione di conoscenze e competenze da un esperto a un neofita.
“Osservando un esperto per un po’di tempo, venendo coinvolti in fasi più semplici e sicure del lavoro, passando a compiti più difficili e rischiosi sotto la sua guida, e infine, facendo da guida ad altri. Tale prassi, nota in chirurgia come see one, do one, teach one (osserva, esegui, insegna) si estende a ogni altra attività umana. Che si tratti di idraulica, ostetricia o falegnameria, in un’aula delle elementari o in un laboratorio di fisica delle particelle, è sempre lo stesso processo di apprendimento, uguale a sé stesso dai tempi antichi”.
L’educazione al lavoro
L’assunto del ricercatore californiano, di cui non è dato cogliere se il riferimento pure al lavoro di Gesù possa essere voluto o casuale, non per questo è meno pertinente. Infatti il passaggio dell’arte da Giuseppe a Gesù avviene ad alti livelli di cognizione tecnica dell’epoca.
Se i protagonisti delle parabole sono spesso lavoratori dei campi, è perchè Gesù ne ha analizzato con cura l’operosità. Per realizzare manufatti quanto più idonei ad alleviarne la fatica e assicurarne la resa. Il che implica l’apprendimento della tecnica dal padre, da ritenere non scevro di un suo aggiornamento (cfr. James Martin Gesù. Un pellegrinaggio. Da Nazaret alla Galilea San Paolo Edizioni, 2018).
Alla luce di ciò si impone, tanto a livello normativo che occupazionale, un nuovo patto intergenerazionale. Non solo professionale ma pure educativo e così votato alla santificazione nell’accezione appena vista. L’adozione sempre più ampia nel pubblico e nel privato, di modalità di abbinamento tra esperti e principianti in progetti volti alla formazione, secondo il modello del banco di lavoro di Giuseppe. Con una compresenza resa possibile pure dalla stipula di contratti di lavoro ad hoc a tempo parziale. Il che peraltro risponde all’esigenza di un gran novero di lavoratori anziani, di articolare la progressiva uscita dal posto del lavoro prima dell’acquiescenza o anche dopo, in forme miste di lavoro-pensione.

Il diritto al lavoro va garantito a tutti
Del pari a quella ancor più pressante di tanti giovani, pur muniti di titoli di studio adeguati ma privi di esperienza, di poter accedere al lavoro già con contratti a tempo indeterminato in learning by doing. Al contempo garantendo all’ente o azienda datori di lavoro il mantenimento di know how valoriali umani. Diversamente non acquisibili ex novo o comunque difficilmente mantenibili integri nel tempo. Ciò che con alterne fortune s’è già sperimentato nel settore bancario, da estendere a vari altri comparti. Con quanto ne consegue in termini di stabilità della società, per la formazione di tante nuove famiglie!
E che può attuarsi con un più coraggioso supporto statale in ambiti contributivi, previdenziali e fiscali. In parte già coi fondi di solidarietà di cui all’art 12 ter d.l. 21/22 convertito in L. 51/22, che disciplina la c.d. staffetta generazionale, da riadattare e implementare nei termini suddetti con maggiori risorse.
In definitiva l’insegnamento di San Giuseppe ci ricorda che Dio stesso fatto uomo non ha disdegnato il lavoro. E ci ammonisce che tale prerogativa, diritto archetipo per Legge Naturale, va garantita a tutti.
Il lavoro diventa così partecipazione all’opera stessa della salvezza. Occasione per affrettare l’avvento del Regno, sviluppare le proprie potenzialità e qualità, mettendole in comune al servizio del prossimo. Luogo di realizzazione non solo per sè stessi ma per il nucleo fondamentale della società: la famiglia.
Perciò si auspicano iniziative legislative e strategie di incentivi economici, che concorrano a tale fine. Pure in questo la Sacra Famiglia di Nazareth ci sia di esempio impareggiabile e da guida indefettibile.
Giuseppe Longo