Riflessione / Mantenere relazioni per non essere camminatori solitari

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Nella vita, soprattutto in età matura, siamo soliti fare un bilancio e valutare lo scorrere del tempo in base a ciò che abbiamo fatto o realizzato, al grado di successo ottenuto, alle nostre capacità messe a profitto. Senza nulla togliere a tutto questo, credo che un singolare grado di valutazione sia dettato, umanamente e spiritualmente, dalle relazioni che siamo stati in grado di costruire e portare avanti.
L’uomo, non è stato creato per un attivismo frenetico. Ma per instaurare relazioni con gli altri simili, per camminare insieme e condividere un quotidiano che non sempre è facile.

Qualcuno obietterebbe, dicendo, che le relazioni si possono tramutare in delusione, ed è vero, e capita!  Ciò non sta a significare che in forza di questo, siamo relegati alla solitudine. O , peggio ancora, a vivere come se nulla o nessuno ci circonda.
Ricordiamo il monito de “Il piccolo principe“:  “È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito. Una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito. Non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele. Buttare via tutte le possibilità di essere felici solo perché qualcosa non è andato per il verso giusto. Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c’è un nuovo inizio” (Antoine de Saint-Exupéry).relazioni

Le relazioni aiutano a crescere, obbligano a non essere camminatori solitari, sostengono nelle avversità, sono di incoraggiamento nelle imprese personali, “Perché da solo l’uomo non è nulla, abbiamo bisogno gli uni degli altri“ (Paolo Crepet).

Anche la relazione con Dio è fondamentale nella nostra vita. Se noi superassimo il concetto del “sacro timor” a cui ci hanno educato, e rendessimo Dio parte integrante della nostra esistenza, intesseremmo una relazione vera e profonda e impareremo a rapportarci con Lui. E a pregare non facendo ricorso a formule stereotipate, bensì con un semplice “ti voglio bene”.

Perché, come scrive P. Ermes Ronchi: “Pregare è come voler bene. C’è sempre tempo per voler bene; se ami qualcuno, lo ami sempre, qualsiasi cosa tu stia facendo. «Il desiderio prega sempre, anche se la lingua tace. Se tu desideri sempre, tu preghi sempre» (S. Agostino). Quando uno ha Dio dentro, non occorre che stia sempre a pensarci. La donna incinta, anche se il pensiero non va in continuazione al bimbo che vive in lei, lo ama sempre. E diventa sempre più madre, ad ogni battito del cuore. Davanti a Dio non conta la quantità ma la verità …“.

Nella bellissima omelia pronunziata durante la suggestiva celebrazione della Parola, in Piazza San Pietro, il 27 marzo 2020, durante i giorni del lockdown, Papa Francesco disse: “Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli … anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”.

Se comprendessimo fino in fondo tutto questo, se imparassimo che “Ogni uomo, per l’amore di Dio operante in lui, non è un’isola, ma parte di tutta l’umanità”, faremmo a gara, non per accaparrarci i primi posti (a scapito, molte volte, di altri più meritevoli di noi), ma ad instaurare vere e profonde relazioni. E l’altro non sarà mai un rivale, ma un compagno di viaggio con cui condividere “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” della vita.
Superiamo la tentazione della sociopatia e constatiamo che: “una volta spogliati di tutto, le relazioni umane sono tutto ciò che ci resta” (Carlo Di Napoli).

 

Don Roberto Strano

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