Società / La rivoluzione digitale ci ha resi tutti più soli

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Viviamo nel XXI secolo e proprio questo è stato definito il secolo della solitudine!
Abitiamo un mondo dove possiamo scegliere e acquistare in una manciata di secondi qualsiasi prelibatezza o ninnoli strampalati, recapitati dopo poche ore all’uscio della nostra abitazione. Ma allo stesso tempo ignoriamo il nome del nostro vicino di casa.

Apparteniamo ad una generazione che sa di essere collegata con tutto l’universo. Per cui non esistono limiti di sosta per una specie di interconnessione planetaria che in ogni istante della nostra giornata ci aggiorna sullo stato di salute del mondo. Ben sapendo, però, che sono stati chiusi ad arte e, tante volte, anche avvelenati, i pozzi della cittadinanza attiva, per un ripiegamento sul privato, su un “io” sempre più idolatrato.

La solitudine è come un male sottile che si è insinuato dentro di noi e ha permeato ogni aspetto della nostra società. E’ una “solitudine strutturale”, come un’ombra si è allungata su noi tutti, dettando le sue leggi che tendono a bloccare i processi rigenerativi per una nuova società che invece si ripiega così sempre più su sé stessa.soli con i cellulari

In Inghilterra c’è il Ministero della solitudine!

Mi torna in mente la paradossale, ma reale, notizia che lessi nel 2018. Venni così a conoscenza che molti anziani giapponesi, per la maggior parte donne, per fuggire alla povertà ma principalmente alla solitudine, commettevano reati minori al fine di farsi arrestare e trovare in carcere una forma di comunità.

Anche l’istituzione del “Ministero della solitudine”, da parte del governo britannico, la dice lunga sulla condizione della nostra vita. A confermarlo ci sono anche i dati ISTAT che, tra l’altro, rivelano che un nucleo familiare su tre è formato da una sola persona. Abbassando, così, drammaticamente la possibilità di una crescita reale e non fittizia della popolazione in Italia.

La rivoluzione digitale che ci ha investito ha cambiato e sta continuamente rimescolando le carte in tavola, modificando tutti i paradigmi delle generazioni passate. Ha intaccato profondamente la vita di tutti, cominciando dagli adolescenti fino ad arrivare agli anziani.
Con il suo alto potere di seduzione il mondo virtuale ci ha attratto tutti nel groviglio dei suoi ingranaggi. Senza permettere di districarci da esso e riemergere, anche solo per un istante, per prendere una boccata d’aria all’aperto.

Sempre interconnessi, non ci rendiamo conto della nostra solitudine

Sempre interconnessi e perciò, nello stesso tempo, dimentichi del rapporto con la nostra realtà circostante, a cui comunque dobbiamo rendere conto! Il non farlo ci costringe a vivere in bolle digitali avvolgenti, totalizzanti, introitandovi i virus della scomposizione del soggetto umano che, quindi, totalmente isolato, entra in un delirio di apparente onnipotenza. E costruisce solo sistemi comunicativi virtuali con gli altri sulla stessa frequenza, scagliando fulmini e saette su coloro che abitano in mondi diversi dal loro.solitudine

Zygmunt Bauman, il sociologo della nostra “società liquida”, ha parlato della solitudine odierna come di una “affollata solitudine”. Poichè la connessione sempre accesa ha portato all’isolamento affollato e alla perdita del terreno che sta sotto i nostri piedi.

In questo quadro generale di riferimento, l’isolamento sociale, sperimentato durante la pandemia ancora in atto, non ha fatto altro che aumentare esponenzialmente l’uso delle tecnologie e dei social contribuendo ad un rapido cambiamento relazionale tra gli individui soprattutto a partire dagli adolescenti che preferiscono chattare in pigiama sul divano o letto di casa piuttosto che scambiare qualche confidenza o qualche sana risata con l’amico più caro!  I ragazzi hikikomori, che si chiudono nella propria stanza isolandosi dal contatto con le altre persone, non sono più solo in Giappone ma anche in Italia. Le stime parlano di un numero intorno ai centomila.

Un tempo c’era l’appartenenza al gruppo…

Nei decenni passati, quando esistevano le appartenenze forti e importanti, la regola aurea era la militanza, l’appartenenza al gruppo, alla comunità. Ora, nell’impero della società digitale, tutto è così magnetico e fluido da rendere difficile anche l’opera degli stessi esperti nella decifrazione sempre più attenta e completa del problema.

Mai come ora, è diventato urgente e non più rinviabile – dice il sociologo Francesco Pira- trovare una risposta a questo isolamento molto preoccupante. Il problema, seppur evidente, è enormemente sottovalutato e rivela anche un’assoluta impreparazione da parte della società odierna.

Urge metterci insieme, superare la logica della contrapposizione, cercare di renderci presenti. E creando nelle nostre stesse comunità, come – ad esempio – ha fatto don Ciotti, a Torino, un laboratorio sulle nuove tecnologie. Laboratorio fatto di presenza, non solo di natura clinica, quanto piuttosto a livello educativo e formativo.

La solitudine è un’emergenza educativa

Nel tempo del Sinodo, non è possibile chiudere gli occhi. E’ nostra responsabilità assoluta provare ad affrontare l’emergenza educativa; è la cosa più indifferibile da fare!
Unendo le forze, le idee, i talenti di ciascuno e, soprattutto, le professionalità presenti nel nostro territorio, dobbiamo porci accanto e a difesa del tesoro più fruttuoso del nostro territorio, rappresentato dai giovani e dagli adolescenti che frequentano l’Istituto comprensivo “Santo Calì”, il liceo Scientifico-Linguistico “Michele Amari” di Linguaglossa.

Riservando loro un’ attenzione che deve andare oltre le parole e le buone intenzioni. E deve tradursi in un Centro di Sostegno Educativo, nel tempo delle nuove sfide tecnologiche, a fianco delle famiglie.
Ovviamente, avendo chiesto a queste di diventare soggetto attivo, a fianco della Parrocchia, dell’Azione Cattolica cittadina, della Confraternita Sant’Egidio Abate e dell’Università “Salvatore Incorpora” delle Tre Età.

Ci sostenga l’audacia dei coraggiosi! Impegniamoci ad eliminare la monotonia, la noia, l’impotenza nei nostri comportamenti di ogni giorno. E, allora, qualcosa di buono, la semineremo, sicuramente!

Don Orazio Barbarino
Arciprete di Linguaglossa

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