Quali considerazioni possiamo trarre, rispetto a cosa accade quando la religione in una società viene studiata con gli strumenti delle scienze sociali? È la domanda da cui parte l’approccio della sociologia della religione, una disciplina che si interroga sul ruolo che la fede gioca all’interno della società, osservando le sue manifestazioni non solo come fenomeni spirituali, ma anche sociali, culturali e politici.
A differenza di altre prospettive – come la teologia o la psicologia – la sociologia esplora il legame tra credenze religiose e istituzioni, movimenti, comportamenti collettivi. Studiosi come Durkheim, Marx e Comte hanno inaugurato le riflessioni classiche: tuttavia oggi, queste analisi si evolvono in uno scenario mutato, dove la secolarizzazione non significa più necessariamente scomparsa della religione, ma una ridefinizione dei suoi spazi.
Religione e società: considerazioni sulla riflessione di Franco Garelli
In Italia, il fenomeno religioso continua a giocare un ruolo tutt’altro che marginale. Il sociologo Franco Garelli ha sottolineato come, anche in un’epoca segnata da individualismo e pluralismo, la religione venga ancora percepita da molti come una risorsa etica e culturale. Anche tra i non credenti, emerge un apprezzamento per i valori che la fede può promuovere nella sfera pubblica: dalla solidarietà al senso di appartenenza.
Tuttavia, si assiste a cambiamenti significativi: la fede facilmente rientra in ambito privato, viene ritenuta più soggettiva. Si parla di “bricolage religioso”, un fai-da-te spirituale che attinge a tradizioni diverse e indebolisce il senso di appartenenza a una confessione.
Religione e società: considerazioni sulle riflessioni di Lübbe e Putnam
A offrire ulteriori chiavi di lettura sono due studiosi: il filosofo Hermann Lübbe e il politologo Robert Putnam. Lübbe propone una visione che supera il concetto tradizionale di secolarizzazione: non siamo di fronte alla scomparsa del religioso, ma a una sua trasformazione in senso post-laico. La religione continua ad affermarsi come fonte di senso e di valori, anche nelle democrazie occidentali. È il caso degli Stati Uniti, dove – osserva Lübbe – la libertà religiosa ha favorito una presenza pubblica della fede più marcata che in Europa.
Robert Putnam, invece, guarda alla religione dal punto di vista della coesione civica. Nei suoi studi, sottolinea come una comunità viva e partecipe sia favorita dalla presenza di associazioni religiose attive. In Italia, però, osserva una certa distanza tra religione e impegno civico: la fede sembra più rivolta alla “città di Dio” che alla “città dell’uomo”. Tuttavia, l’associazionismo, anche religioso, rimane un motore di partecipazione sociale.
Religione e società: considerazioni sugli esiti della ricerca empirica
Ma cosa pensa davvero la gente sul rapporto fede, religione e società? Per rispondere a questa domanda, un’indagine condotta nel 2004 in Emilia, Marche e Umbria ha esplorato opinioni e percezioni di cittadini appartenenti a fasce sociali diverse (cfr. L’Italia elastica: tra conformismo e creatività. Religione e vita civile in Emilia-Romagna, Marche e Umbria, pag. 53 e ss). I risultati mostrano che la religione è vissuta soprattutto come esperienza del sentimento, più che della ragione, e come risposta al senso della vita, più che come codice morale o regola di comportamento pubblico. Soprattutto tra i giovani, si afferma una visione della religione non vincolata all’appartenenza confessionale.
Il rapporto tra fede e politica appare debole: per la maggioranza degli intervistati, la religione non influisce sulle scelte elettorali, e la laicità dello Stato non è percepita come condizionante sulla moralità. Anzi, prevale l’idea che sia possibile mantenere un equilibrio tra rispetto delle credenze personali e adesione a valori civici condivisi.
Interessanti anche le risposte sul tema della giustizia sociale. I cittadini italiani si dichiarano fortemente favorevoli al valore dell’uguaglianza, anche se non in contrapposizione alla libertà individuale. Per molti, la famiglia rappresenta il luogo dove si condensano e trasmettono questi valori. Infine, emerge un atteggiamento generale che potremmo definire “moderatamente conservatore”: si tende a vedere con sospetto i cambiamenti troppo rapidi e si mostra fiducia verso l’autorità, ma al tempo stesso si mantengono autonomia di giudizio e senso critico.
Religione e società: verso nuove prospettive
L’esito di questa ricerca invita a una riflessione più ampia. In un mondo complesso e in continua trasformazione, il rapporto tra religione e società civile non può essere letto in termini di opposizione. Piuttosto, si tratta di costruire un dialogo maturo, capace di valorizzare i contributi positivi della fede alla convivenza civile, senza cadere in nostalgie teocratiche né in irrigidimenti laicisti.
Stato e religione, pur con ruoli distinti, possono trovare terreni comuni, soprattutto quando si tratta di promuovere la dignità della persona, la solidarietà, la giustizia. Perché superare l’antagonismo storico tra “trono e altare” è una sfida non solo possibile, ma necessaria, se si vuole costruire un nuovo umanesimo all’altezza delle sfide del nostro tempo.
Riccardo Naty