Solidarietà / Grégoire Ahongbonon, il gommista che cura in Africa chi “scoppia”

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Ho sentito parlare di Grégoire Ahongbonon la prima volta per caso, in un breve articolo pubblicato  su un quotidiano locale in penultima o ultima pagina.

Era il 2015 e credo che Grégoire fosse intervenuto per raccontare la sua esperienza all’Expo di Milano. L’articolo, e questo mi ha colpito, titolava di un “Basaglia nero”, che stava rivoluzionando il trattamento dei malati mentali in Africa; essendo io psichiatra la cosa mi ha interessato.

Ho risentito parlare di Grégoire un paio di anni dopo, quando ho visto su una rivista la recensione di un libro su Grégoire Ahongbonon, che lui stesso avrebbe presentato al Salone del Libro di Torino, dove avevo già programmato di andare. Peccato che la presentazione era stata già fatta  il giorno prima del mio arrivo.

L’inseguimento si è concluso nell’autunno del 2019, quando grazie ai Padri Camilliani che hanno Missioni e Ospedali in Benin, dove vive Grégoire (quando non è in giro per l’Africa), sono riuscito a incontrarlo e a stare con lui una settimana.
Successivamente, nell’estate del 2021 sono ritornato in Benin per tre settimane.

Fratel Carlo Mangione, Sonia Abbotto, Grégoire Ahongbonon, Pippo Scudero
Incontro dai Camilliani Acireale 2019. Da sinistra: Fratel Carlo Mangione, Sonia Abbotto, presidente consiglio comunale Acireale, Grégoire Ahongbonon, Pippo Scudero

Grégoire è una persona straordinaria: stai ore ad ascoltarlo o a guardarlo in quello che fa. Ha una capacità comunicativa eccezionale, riesce a stabilire immediatamente un contatto con i malati, che si fidano di lui. E’ un grande organizzatore, ma è una persona semplice e di grande Fede. Lui dice che la sua scelta di servire i malati mentali nasce da una scelta di Fede: è Gesù che assiste nei malati.

Grégoire Ahongbonon e la sua missione in Africa

D’altronde prima faceva tutt’altro: da giovane era emigrato dal Benin in cerca di lavoro in Costa D’Avorio. Faceva il gommista e gli affari andavano abbastanza bene; aveva anche aperto una società di Taxi. Poi le cose non andarono più bene, e andò in crisi economica e personale.

Dopo un pellegrinaggio in Terra Santa, dove lo portò un amico sacerdote, decise di dedicare la sua vita agli altri, in particolare ai più poveri. E in Africa i malati mentali sono i più poveri, perché vengono considerati oggetto di malefici e di stregonerie (il Benin  è la patria del Voodoo) o posseduti dal diavolo. Per questo sono tenuti ai margini della società, a volte legati o incatenati, o relegati in “campi di preghiera” in mano a presunti santoni o guaritori, che li “curano”, naturalmente a pagamento, facendoli digiunare e tenendoli legati agli alberi.

Grégoire cominciò assistendo i malati per strada, dove con sua moglie (è un laico, è sposato con Leontine e ha sei figli) portava cibo e bevande. Poi aprì un centro per i malati mentali presso dei locali in disuso all’ospedale di Bouakè, in Costa D’Avorio. Da lì nacque l’Association Saint Camille De Lellis (Grégoire si ispira alla spiritualità camilliana), che successivamente si è estesa in Benin dove Grégoire è ritornato, in Togo e in Burkina Faso.

Grégoire Ahongbonon in Africa cura i malati mentali

La prima rivoluzione di Grégoire, la più evidente, fu quella di liberare i malati mentali, dai pregiudizi e spesso anche dalle catene, e di ridargli dignità.
La seconda rivoluzione, la più consistente,  è quella di assicurare una struttura dove abitare (i centri di accoglienza) e poter effettuare le necessarie cure mediche e farmacologiche. Grégoire non è medico, e non ha la pretesa di sapere di medicina, ma ha una grande competenza che gli deriva dall’esperienza e dalla sua curiosità di conoscere. Si fa quindi aiutare da una rete di psichiatri da mezzo mondo, francesi, canadesi, spagnoli, italiani. In particolare in Italia è attiva l’Associazione Jobel in Friuli -Venezia Giulia, di cui uno dei fondatori è il dott. Marco Bertoli, che segue Grégoire da tanti anni.Grégoire Ahongbonon

Gli psichiatri hanno elaborato dei protocolli diagnostici e terapeutici abbastanza semplici, che le strutture attuano con la presenza di medici locali (di recente la figlia di Grégoire, Nicole, si è specializzata in psichiatria), di psicologi e soprattutto di infermieri, che in Africa hanno una funzione molto importante.
Grégoire acquista i farmaci direttamente da industrie farmaceutiche indiane, in grandi quantitativi e per fare scorte per tempi lunghi. Nei protocolli vengono usati psicofarmaci che in Europa sono un po’ datati, ma certamente ancora efficaci e sicuramente meno costosi.
Quello dei costi, infatti, è un problema fondamentale in Africa.
Grégoire fa pagare una piccola quota per le cure, ma chi non può pagare è curato gratuitamente. Il sostegno economico all’Association Saint Camille deriva da donazioni e da qualche finanziamento di progetti.

In Africa Grégoire Ahongbonon combatte anche le tossicodipendenze

Spesso lui va a raccogliere quelli che chiama “i malati di strada” e li porta nei centri. A volte è lo Stato che glieli porta nelle strutture, quando decide di “ripulire le città”. Negli ultimi periodi si sta avviando una collaborazione con il Ministero della Famiglia del Benin.
La maggior parte dei malati che segue Grégoire sono schizofrenici. In misura minore depressi; le nevrosi sono meno considerate.

E’ molto grave il fenomeno delle tossicodipendenze, con sostanze sintetiche e non solo con erbe e piante locali come si potrebbe pensare. Grégoire ha in costruzione un centro per seguire i tossicodipendenti, e vorrebbe creare un centro per bambini e ragazzi epilettici.
Anche l’epilessia qui costituisce uno stigma.

La terza rivoluzione di Grégoire è la “riabilitazione”, attraverso i centri dove svolgere attività lavorative, tessitura, sartoria, orto, allevamento, forno per cuocere il pane, che viene venduto anche all’esterno.
L’attività lavorativa è fondamentale nella prospettiva di un rientro in famiglia. Le famiglie sono coinvolte in tutto il percorso di cura e riabilitazione.
Gran parte degli operatori attuali sono ex pazienti che Grégoire fa qualificare attraverso corsi specifici, per assistere i malati.

Grégoire in questi circa trenta anni di attività ha seguito, curato e riabilitato decine di migliaia di malati. E continua a seguirli nei centri di accoglienza e riabilitazione e anche nei villaggi, con piccoli centri periferici (centri di relais) dove effettuare periodici controlli ed essere forniti dei farmaci per continuare le cure.

In Benin ormai è raro assistere alla liberazione di malati mentali dalle catene vere e proprie, che forse è la parte più eclatante del lavoro di Grégoire. Ma in Togo e in altri Paesi dell’Africa i malati mentali in catene ci sono ancora.
Ma il lavoro grande e straordinario è quello di ogni giorno. Quello che permette a migliaia di malati mentali in Africa di essere considerati persone, assistiti, curati e seguiti.

Per superare lo stigma della  malattia mentale Grégoire svolge anche un’opera di continua sensibilizzazione nelle città e nei villaggi, per spiegare, e per convincere la popolazione che la malattia mentale non è opera della stregoneria e del diavolo, ma è una malattia che si può curare. In questo è fondamentale anche la testimonianza di ex malati.

In Africa Grégoire Ahongbonon precursore della legge Basaglia

La rivoluzione di Grégoire è ancora più straordinaria se la leggiamo non con i nostri occhiali europei, ma la leggiamo nella realtà africana, in cui l’opera di Grégoire ha precorso i tempi di qualche decina di anni, come è stato per noi con le intuizioni di Franco Basaglia per la chiusura dei manicomi, che hanno portato alla legge 180 del 1978 e al rinnovamento della Psichiatria  in Italia. Percorso ancora non del tutto completato.

Grégoire si può caratterizzare con tre parole chiave: la sua grande Fede, la fiducia che il malato mentale può guarire e quindi va data fiducia alle sue possibilità. E la sfida, per cui non esistono per lui cose impossibili a priori da realizzare: almeno occorre provare a realizzarle.
Bisogna andare avanti, riorganizzare le strutture (Grégoire non rifiuta nessuno, ma adesso sono veramente tanti), migliorare i servizi, rivedere e aggiornare in parte i protocolli.

Intanto se in alcuni Paesi dell’Africa le condizioni dei malati mentali sono cambiate, in gran parte è merito suo. Il lavoro da fare non manca. Aspettiamo la prossima tappa della rivoluzione di Grégoire.

Pippo Scudero

 

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