Tecnologia / Pira, algoritmi e la sfida educativa: umanità nell’era dell’IA

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Pira algoritmi sfida educativa

Riportiamo la riflessione del professor Francesco Pira, che si concentra in questo editoriale su algoritmi e introduce una sfida educativa.

In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale sembra espandersi ben oltre i confini dell’immaginabile, la domanda cruciale non è più se la macchina potrà superare l’uomo. La vera questione è: cosa resterà dell’umano se l’uomo smetterà di interrogarsi? Il recente Festival dell’Economia di Trento, con il panel “L’intelligenza artificiale e l’uomo”, ha offerto molto più di un confronto tra esperti. È stato uno specchio teso verso il futuro. Una lente sociologica che ha cercato di mettere a fuoco le nostre responsabilità, la nostra coscienza e la nostra identità nell’era degli algoritmi.

Pira, algoritmi e la sfida educativa: visione di Padre Benanti

Il giornalista Andrea Biondi, in un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore, ha riportato i principali spunti emersi durante il Festival. Padre Paolo Benanti, teologo e presidente del Comitato per l’intelligenza artificiale della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha delineato una visione lucida del rapporto tra uomo e tecnologia. Non possiamo più ridurre il dibattito sulla tecnologia a una questione tecnica. L’intelligenza artificiale, ha spiegato Benanti, rappresenta “una situazione analoga alla rivoluzione industriale”. E ha posto la domanda: how much is too much?

Il punto non è stabilire se le macchine siano buone o cattive. Dobbiamo riconoscere che “l’unica vera piattaforma abilitante per l’innovazione tecnologica nell’intelligenza artificiale è l’essere umano”. Se non educhiamo e formiamo l’uomo, la produttività non cresce. In più, si generano tensione sociale e squilibri.

L’urgenza educativa

In questo contesto emerge con forza l’urgenza educativa.
“Nel Medioevo l’analfabetismo era non sapere leggere i manoscritti. Oggi è non sapere interpretare l’informazione digitale”, ha avvertito ancora Benanti. La vera impresa è formare persone capaci di orientarsi in un mondo sempre più opaco e frammentato. Il discernimento critico diventa la nuova alfabetizzazione.

Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano, ha offerto una chiave di lettura incisiva sul piano culturale. Secondo lui, la transizione digitale può mettere in crisi l’identità culturale occidentale. In Asia, invece, il cambiamento incontra meno resistenza. Lì prevale un modello culturale che esalta la connessione e non mette l’individuo al centro, ma la sua proiezione sociale. In Europa il confronto tra macchina e uomo è più complesso. Tocca corde profonde come autonomia, dignità e libertà.

Algoritmo e controllo: la proposta di Lapucci

Dal mondo della finanza arriva un ulteriore monito.
Massimo Lapucci, manager e accademico, ha ricordato che “non possiamo nutrire una fiducia cieca negli algoritmi”. Dobbiamo guidarli e monitorarli, soprattutto in ambiti cruciali come il credito o la gestione patrimoniale, dove l’intelligenza artificiale ha assunto un ruolo centrale.

Se mancano controllo trasparente e progettazione etica, le macchine possono diventare strumenti di discriminazione. “È fondamentale avere regole, come quelle proposte dall’AI Act europeo”, ha detto Lapucci. Ha inoltre proposto l’introduzione di “curatori” delle IA, figure capaci di garantire che la tecnologia resti al servizio dell’umano.

Pira, algoritmi e sfida educativa: le parole di Papa Francesco

In questo panorama complesso, fatto di opportunità e rischi, non possiamo ignorare la voce di Papa Francesco, recentemente scomparso. Il Pontefice, lucido interprete del nostro tempo, ha più volte messo in guardia contro l’“algocrazia”, il governo degli algoritmi. Ma senza mai perdere la speranza. In un suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, aveva scritto: “La tecnologia è un dono di Dio, ma come ogni dono va custodita, orientata, governata. Solo un cuore formato può farne buon uso”.

Francesco parlava di una “algoretica”, una nuova etica per l’epoca dell’intelligenza artificiale. Un’etica capace di rimettere al centro la dignità della persona. Il suo appello era chiaro: non temere la macchina, ma educare l’uomo. Solo così possiamo parlare davvero di progresso. Educare all’uso dell’intelligenza artificiale significa anche educare al pensiero critico, alla lettura delle fonti, alla gestione dell’ambiguità. È un compito che riguarda la scuola, le istituzioni, le imprese e il mondo della comunicazione. Nessuno può chiamarsi fuori. In definitiva, il nostro futuro non dipenderà da quanto saranno intelligenti le macchine, ma da quanto sapremo restare umani.

Francesco Pira, sociologo
Il prof. Francesco Pira, sociologo

Francesco Pira, delegato del Rettore alla comunicazione all’Università di Messina. Professore di Comunicazione e giornalismo presso l’Università di Messina e coordinatore didattico del master in Social Media Manager del Dipartimento di civiltà antiche.