XXV Cen, “L’affettività nella cultura dei senza”

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Il Congresso eucaristico nazionale di Ancona ha aperto i suoi lavori la mattina di lunedì 5 settembre con una sessione dedicata al primo degli “ambiti” delineati nel 2006 al Convegno ecclesiale di Verona e proposti come percorso per tutta la Chiesa italiana: quello dell’“affettività”. Gli altri quattro ambiti, sui quali si è avviata una profonda riflessione di tipo pastorale, teologico e spirituale, sono “fragilità”, “lavoro e festa”, “tradizione” e “cittadinanza”. “La sfera affettiva del nostro tempo può essere definita come ‘cultura dei senza’: sesso senza amore, amore senza matrimonio, matrimonio senza figli”. Ha esordito con queste parole Ina Siviglia, docente alla Facoltà teologica di Palermo, richiamando un pensiero di Amedeo Cencini sul tema dell’affettività. I fenomeni “molto diffusi” cui assistiamo – ha affermato – riguardano “rapporti sessuali estemporanei fuori da ogni progetto di vita comune, convivenze, diminuzione del numero delle nascite, aumento delle relazioni tra omosessuali, pratica diffusa dell’aborto, separazioni, divorzi”. Tutto questo – ha aggiunto – “deve indurci ad analisi e riflessioni molto puntuali che, evitando un moralismo esagerato, conducano a una progettualità educativa che sappia accompagnare in maniera continuativa il bambino, il ragazzo, il giovane”. Il fine – ha poi rimarcato – “è quello di condurre a una maturazione adeguata e responsabile della sfera affettiva”.

 Chi ha bisogno del medico. “Nella mentalità corrente della nostra società, pensando ai numerosi adolescenti che vivono le prime esperienze sessuali, ai giovani che decidono di convivere piuttosto che celebrare il sacramento del matrimonio, alle giovani coppie alle prese con i problemi relativi alla morale coniugale, o a quanti fanno i conti con esperienze di tipo omosessuale, o ancora ai divorziati risposati” c’è la tendenza “a pensare che l’Eucarestia sia per i ‘sani’”, ha proseguito Ina Siviglia, ricordando le parole di Gesù: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico”. In questa esortazione a incoraggiare al ricorso ai sacramenti, specie a quelli della riconciliazione e della comunione, la relatrice ha ricordato che proprio l’Eucarestia “è il cibo dei viandanti, dei deboli, dei malati, dei peccatori che aspirano alla santità, cioè all’unione totale col Cristo morto e risorto”. Il “cibo eucaristico” – ha sottolineato richiamando la teologia sacramentale – opera “una vera e propria trasformazione, cambiando l’essere umano in tutte le sue componenti fisiche, psichiche e spirituali” e “conformando i credenti a Cristo”.

 Tra autonomia e insicurezza. “L’incertezza esistenziale che qualifica la società contemporanea aumenta le difficoltà dei giovani a compiere scelte rilevanti e percepite dai soggetti come ‘irreversibili’. Sono giovani per certi aspetti determinati e autonomi, ma tale determinazione e autonomia, che si manifesta quando si muovono sull’asse del presente, segna il passo allorché sono chiamati a sintonizzarsi sulla linea della continuità temporale”. Lo ha detto il pedagogista dell’Università Cattolica e presidente della Confederazione dei consultori d’ispirazione cristiana, Domenico Simeone. Nella sua relazione, Simeone ha notato che oggi, “di fronte alla necessità di compiere scelte, l’autonomia cede il passo all’insicurezza. Per far fronte alle esigenze di una prospettiva progettuale i giovani hanno bisogno di orientamento, di qualcuno che insegni loro a mediare il desiderio”. Simeone ha poi notato che va riconsiderato il ruolo della famiglia: “L’educazione – ha riconosciuto – è un dovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surrogato”.

 La conversione di Narciso. L’importanza dell’affettività oggi rappresenta per Simeone un’“occasione” di sviluppo di un rapporto educativo. Infatti, ha affermato, “l’esperienza dell’amore spinge i giovani a uscire da sé per approdare al territorio dell’altro. Questo ‘decentramento’ permette di avvicinarsi all’altro, di conoscerlo, di comprenderlo e di amarlo. Questo amore diviene ‘fecondo’ quando è aperto al dono e alla vita”. Il pedagogista ha proseguito ricordando che “per giungere all’amore adulto è necessario passare dall’amore-che-prende all’amore-che-dà, realizzando cioè il dono di sé. Possiamo descrivere il processo di crescita come un passaggio dall’amore egocentrico all’amore progettuale, indicando il percorso che la persona compie e che genitori ed educatori hanno il dovere di promuovere”. Infine, ha messo in luce l’urgenza di “aiutare i giovani a compiere, attraverso l’esperienza d’amore, la transizione dalla centralità dell’io alla centralità dell’altro, per attuare la conversione di Narciso”, cioè il trapasso “dal pensiero di me all’impegno per chi mi sta di fronte, senza di che non vi è adito alla maturità personale”.

a cura di Luigi Crimella – inviato SIR ad Ancona

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