Economia / Addio vincoli europei. Lo tsunami della guerra sulle rigidità dei bilanci e sull’accordo di Schengen

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La strage di Parigi probabilmente farà un’altra, illustre “vittima”: la “disciplina economica comunitaria” così com’èBandierap-268x176 stata impostata negli ultimi anni soprattutto per volere tedesco. Quella disciplina che ha rivoltato come un calzino l’Italia nell’autunno del 2011; la stessa che ha imposto medicine amare a Irlanda e Portogallo, quindi ha messo in ginocchio una Grecia in questo senso totalmente indisciplinata.
Conti pubblici in ordine, riforme strutturali dei welfare, contenimento del debito pubblico con tanto di “compiti” da fare a casa, sotto dettatura di Berlino, Francoforte (Bce), Washington (Fmi). Una rigidità interpretativa che ha provocato reazioni politiche in diversi Paesi, e relative conseguenze. Il tutto verrà quasi sicuramente sbriciolato dagli attentati a Parigi, perché Parigi – e non la Comunità Europea, non la presunta Unione degli Stati che la definisce – ha dichiarato guerra a chi quegli attentati li ha realizzati, fiancheggiati, approvati. Quindi non solo un enorme sforzo di polizia interna (si prevedono addirittura leggi speciali e un cambiamento della Costituzione francese) ma pure la portaerei Charles De Gaulle a stazionare a largo della Siria; aerei militari transalpini a solcare quei cieli e a bombardare il territorio occupato dall’Isis.
Insomma, uno sforzo bellico che si aggiunge a quello sostenuto dai francesi nel Mali, sempre contro l’integralismo islamico in armi, e che costerà un pacco di miliardi di euro. Perché le guerre costano tantissimo, né si sa come e quando finiranno.
Va da sé che la Francia recupererà – volenti o nolenti gli altri partner europei – la piena autonomia di bilancio. Non rispetterà i vincoli di deficit (non ci sarebbe riuscita comunque…), se necessario aumenterà il debito pubblico e attuerà tutte le politiche fiscali e finanziarie che riterrà opportune per lo scopo. Senza che alcuno avrà qualcosa da dire, vista la completa riluttanza dei partner europei – per l’appunto la Germania in primis – a fiancheggiare la dichiarazione di guerra francese. E se qualcuno avrà qualcosa da dire, il tipico sberleffo francese arriverà in automatico, mandando anche formalmente in crisi un’Unione Europea già priva di una politica estera comune, e da quel punto pure di una politica economica. Rimarranno le regole comunitarie sulla giusta taglia dei cetrioli commerciabili, e poco altro, perché pure Schengen e la libertà di circolazione dentro i confini comunitari sono andati in profonda crisi nei mesi scorsi con l’ondata migratoria che sta attraversando l’Europa.
In ultimo, dietro la Francia si accoderanno pure quegli Stati – a cominciare dall’Italia – che chiedono a Bruxelles e a Francoforte meno rigore finanziario per stimolare una crescita economica che manca da anni.
Se si aggiunge che la Gran Bretagna, uno degli assi portanti della Comunità ma che non ha voluto né perdere l’autonomia monetaria (c’è la sterlina e non l’euro) né quella di bilancio, sta decidendo se e come continuare ad aderire all’Ue pure nel capitolo cetrioli&C., ci si rende conto che l’effetto di quegli attentati è alla fine paragonabile ad uno tsunami. O rischia di essere lo scricchiolio fatale di un’impalcatura che non ha mai voluto trasformarsi in una vera Unione degli Stati Europei.

Nicola Salvagnin

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