Quando vado a visitare una cantina porto sempre con me un taccuino su cui annoto dati, curiosità e aneddoti. Ogni qualvolta incontro un produttore la nostra chiacchierata si svolge all’aperto. In mezzo alla vigna. Perché se non si ascolta la natura, le parole da sole non bastano a rendersi conto del patrimonio dell’umanità in cui per fortuna siamo nati: l’Etna. Con questa rubrica racconterò a voi lettori tesori nascosti in mezzo ai vigneti ed alcune rare formazioni geologiche creatisi al seguito della metamorfosi del vulcano. Lo farò cercando di trasmettere la stessa emozione vissuta trovandomi davanti ad esse. Una forte energia, così la definirei.
Tra i vigneti dell’Etna / Un camino vulcanico in contrada Croce monaci
La prima tappa è nel versante nord, in contrada Croce monaci, nel comune di Randazzo. Come un meteorite a forma di scheggia schiantatosi in mezzo agli alberelli centenari ed “irregolari” di nerello mascalese e nerello cappuccio si presenta un camino vulcanico. Un avamposto della mutazione dell’Etna, come testimoniano anche le pietre vulcaniche giganti che sembrano sparpagliate da un titano all’interno di una nota azienda in prossimità del fiume Alcàntara. Questo “collo” non è l’unico osservabile alle pendici dell’Etna. La sua particolarità è che si annida dentro uno storico vigneto. Un punto di contatto, quindi, tra il cielo e la terra.

Tra i vigneti dell’Etna / Un’insospettabile grotta
Spostandoci in direzione quota mille, nei pressi di contrada Rampante, si incontra una delle tante “sciare” dell’Etna. Una volta superato un uliveto di nocellara etnea ci si imbatte in una grotta ricoperta da una folta vegetazione di ginestra. Una volta raggiunta, si è colti di sorpresa. Quell’angusto ingresso non lascia presagire che in quel rifugio di poco più di venti metri quadri, durante la seconda guerra mondiale, diversi nuclei familiari trovarono riparo dai massicci bombardamenti che interessarono la vicina Randazzo.
In seguito diventò un avamposto degli alleati, sull’asse che conduceva verso Palermo. Al suo interno si scorge anche una nicchia a muro, molto probabilmente utilizzata per ardere la legna e riscaldare il vano naturale. La grotta è il risultato di uno scorrimento lavico e sull’Etna ve ne sono parecchie. Diventarono ben presto ripostigli per i vignaioli in cui depositare i loro attrezzi e ripararsi dalle piogge.
Tra i vigneti dell’Etna / Una “torretta” a Montargano

Nel versante in cui il sole dal mare è protagonista, in contrada Zotti, nel territorio di Mascali, precisamente a Montargano a 700 metri dal mare, all’interno di un tipico vigneto etneo suggellato da terrazzamenti, rasole e alberelli, la forza della natura si esibisce da secoli. Un principio di “torretta”, alta un paio di metri e larga altrettanto, si erge in basso alla tenuta. Dalla base di questo accumulo di pietre restituite dalla terra all’uomo, una vite centenaria rimane misteriosamente incastonata al suo interno e ancora oggi restituisce i suoi frutti all’uomo, quasi come un premio per le enormi fatiche consumatesi nei campi.
Le torrette, totalmente realizzate in pietrame a secco, sono costituite da un certo numero di gradoni sovrapposti, comunicanti l’un con l’altro mediante piani inclinati e serie di scalette. Alla loro sommità una cameretta con un’apertura, sempre rivolta a ponente. Oggi in gran parte demoliti per le esigenze dell’edilizia speculativa, quelle esistenti si celano dentro i rigogliosi vigneti attorno al vulcano. Per chi volesse approfondire di più su queste affascinanti costruzioni, consiglio di consultare la pubblicazione di Rosa Schipani de Pasquale.
Da Fornazzo panorama sulla colata lavica del 1971
Restando sempre sul versante est, in località Fornazzo è possibile osservare uno dei punti panoramici più suggestivi. Situato sulla colata lavica del 1971, da qui si ammirare la costa jonica in tutta la sua estensione e alle spalle lo skyline dell’Etna. Quella del 1971 fu una delle più intense colate laviche e, in una sua seconda fase, minacciò anche la locale popolazione di agricoltori e vignaioli. Quello che si può godere da un altro punto panoramico poco più sotto è un paesaggio spettrale: un imponente fiume di lava creatosi a seguito dell’impatto della colata con il vallone del Cavagrande, all’interno del quale scorreva il corso d’acqua Cubania.

Tra i vigneti dell’Etna / Un paesaggio da Gran Canyon
Concludiamo questo prima tappa nel territorio compreso tra Biancavilla e Santa Maria di Licodia, nel versante sud-ovest. Osservando i valli di San Filippo e Sommacco sembra quasi di immaginarsi catapultati nel Gran Canyon. La roccia rossastra delle pareti è un deposito lavico del pleistocene. Ha rilevanza geologica ed anche enologica, da quindicimila anni. È nota come Ignimbrite di Biancavilla-Montalto: colate di fango liberate da improvvise riprese dell’attività eruttiva, caratterizzata da violente esplosioni, anche con la liberazione repentina di enormi quantità d’acqua. Ammirando queste rocce rossastre al calare del sole, qui nel versante in cui il tramonto è tardivo a ragione delle maggiori ore di luce solare, nella punta estrema della mezza luna che come una calamita si aggancia al vulcano dal settore settentrionale, si finisce per ricevere più di quanto si stava cercando. A volte, ce lo ha detto Eraclito, “la natura ama nascondersi”.
Domenico Strano
