Festa della Divina Misericordia / Papa Francesco: “Siamo chiamati a ridonare l’amore ai più fragili e ai più deboli”

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“Domenica scorsa abbiamo celebrato la resurrezione del Maestro, oggi assistiamo alla resurrezione del discepolo”.

Inizia con queste parole Papa Francesco la bellissima omelia nella domenica della Divina Misericordia, celebrata nel Santuario di Santo Spirito in Sassia, a poche decine di metri da piazza San Pietro a Roma.

(Foto Vatican Media / Sir)

Riflettendo sul brano del Vangelo che parla dell’apparizione di Gesù risorto ai discepoli e a Tommaso ( Gv 20, 19 – 31 ), il Papa evidenzia la grandezza della Misericordia che attende l’ultimo arrivato. La resurrezione del discepolo inizia proprio qui, da questa Misericordia fedele e paziente; dalla scoperta che Dio non si stanca di tenderci la mano per rialzarci dalle nostre cadute.

Dio, infatti, non vuole che lo si veda come un padrone con il quale dobbiamo regolare i conti, ma vuole che lo vediamo come un nostro  papà che ci rialza sempre.

La misericordia di Dio è questa mano tesa che ci permette di rialzarci sempre al di là delle svariate fragilità e miserie, Dio sa che per camminare abbiamo bisogno di essere rimessi in piedi.

Ma per permettere che Dio ci rialzi dalle nostre fragilità è necessario dare a Dio la nostra miseria, mostrargliela sinceramente e non trattenerla o camuffarla: un peccato, un rimorso del passato, una ferita che si porta dentro, un rancore, un’idea verso una determinata persona; il Signore attende che gli portiamo le nostre miserie per farci scoprire la sua misericordia.

Nel racconto giovanneo si dice che i discepoli erano a porte chiuse, impauriti. Dopo la crocifissione di Gesù si sentivano in colpa per averlo abbandonato. Gesù entra nel loro luogo e si mette in mezzo mostrandogli i segni del suo amore: le ferite sulle sue mani e sul suo costato.

Di fronte a questa loro fragilità Gesù mostra i segni del suo amore.

Tommaso, il discepolo che era venuto per ultimo, toccando le ferite di Gesù, tocca con mano la vicinanza tenera di Dio. Tommaso quando abbraccia la misericordia di Dio, supera gli altri discepoli: non crede solo alla Resurrezione ma anche all’amore sconfinato di Dio, facendo la sua confessione di fede: “Mio Signore e mio Dio.

Ecco la resurrezione del discepolo, spiega il Papa, si compie quando la sua umanità fragile e ferita entra in quella di Gesù; lì si dissolvono i dubbi, lì Dio diventa il mio Dio, lì s’incomincia ad accettare se stessi e ad amare la propria vita.

Nella prova che si sta attraversando,  come Tommaso, continua il Papa, con i nostri timori e i nostri dubbi ci siamo ritrovati fragili; abbiamo bisogno del Signore che vede al di là delle nostre fragilità una bellezza insopprimibile. Con Lui ci riscopriamo preziosi nelle nostre fragilità. Scopriamo di essere come dei bellissimi cristalli:fragili e preziosi al tempo stesso, e se come il cristallo siamo trasparenti di fronte a Lui, la sua luce, la luce della Misericordia brilla in noi e attraverso di noi nel mondo. Questo è il motivo che ci porta ad essere ricolmi di gioia anche se ora per un po’ di tempo, afflitti da varie prove ( Cfr. 1Pt  1, 3 – 9 ).

In questa festa della Divina Misericordia, sottolinea il Papa, l’annuncio più bello ci giunge dal discepolo arrivato per ultimo, mancava solo lui, Tommaso, ma il Signore lo ha atteso, la Misericordia non abbandona mai, non abbandona chi rimane indietro.

La difficoltà che stiamo vivendo c’insegna che siamo tutti fragili,tutti uguali, tutti preziosi.

Quello che sta accadendo, rileva il Papa, ci scuote dentro; è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice dell’intera umanità.

Dobbiamo imparare dalla comunità cristiana delle origini descritta negli Atti degli Apostoli, la quale avendo ricevuto misericordia viveva con misericordia. I primi cristiani avevano tutto in comune:vendevano le loro proprietà ed il ricavato lo mettevano a disposizione secondo il fabbisogno di ciascuno. Questo, afferma il Papa, non è ideologia, ma è cristianesimo.

Bisogna evitare il pericolo di cadere nell’errore dell’indifferenza, di pensare che altri devono pensare a risolvere i problemi della povertà, della disuguaglianza, pensando che non spetta a noi, rimanendo così nel proprio egoismo.

Suor Faustina, ricorda Papa Francesco, dopo aver incontrato Gesù scrisse: “ In un’anima sofferente dobbiamo vedere Gesù Crocifisso e non un parassita ed un peso… Signore, ci dai la possibilità di esercitarci nelle opere di  misericordia e noi ci esercitiamo nei giudizi”. E un giorno suor Faustina lamentandosi con Gesù del fatto che molti approfittavano della sua bontà, si sentì rispondere da Gesù: “Non importa figlia mia, non te ne curare, tu sii sempre misericordiosa con tutti”.

Misericordiosi con tutti, ribadisce il Papa, non pensiamo solo ai nostri interessi.

Cogliamo questa prova, esorta il Papa, come un’opportunità per preparare il domani di tutti, senza scartare nessuno: di tutti. Perché senza una visione d’insieme non ci sarà futuro per nessuno.

Oggi, conclude il Papa, l’amore disarmato e disarmante risuscita il cuore del discepolo. Anche noi, come l’apostolo Tommaso, accogliamo la misericordia, salvezza del mondo. E usiamo misericordia a chi è più debole: solo così ricostruiremo un mondo nuovo.

L’omelia di Papa Francesco nella festa della Divina Misericordia ci ricorda tutto questo: ricorda che siamo figli amati di un Padre misericordioso che sa attendere il ritorno del figlio lontano, e quando questo figlio ritorna, il Padre gioisce perché questo suo figlio ha consegnato la sua miseria alla Misericordia per essere risanato. Siamo figli fragili, ma preziosi allo stesso tempo come i cristalli, agli occhi di questo Padre misericordioso. E da figli che hanno incontrato l’Amore siamo chiamati a ridonare questo amore ai più fragili, ai più deboli e a chi è rimasto indietro.

Letizia Franzone

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