Intervista / Maria Lucia Ferlisi, col suo romanzo”Un leggero caldo vento di scirocco”, invita a non giudicare gli altri

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Ferlisi romanzo

A tutto campo con Maria Lucia Ferlisi, autrice siciliana, al debutto negli scaffali con “Un leggero caldo vento di scirocco”. Un’opera ambientata a Marsala nella Sicilia degli anni ’30, in cui i personaggi femminili, prepotentemente, hanno richiesto tutta l’attenzione della scrittrice. Pregiudizi ed ipocrisia sullo sfondo del romanzo breve della Ferlisi ma anche tanta voglia di riscatto e il forte invito a non giudicare gli altri.

Intervista / Maria Lucia Ferlisi, col suo romanzo”Un leggero caldo vento di scirocco”, invita a non giudicare gli altri

“Sono nata a Marsala, e emigrata nel mantovano nel lontano 1973. Lavoro presso il comune di Mantova, sposata, ho una figlia di 24 anni. Sono laureata in Scienze della Comunicazione, un’attenta osservatrice, amo guardare le persone, immaginare quali sono le loro vite, quali sentimenti provano o quali segreti nascondono dietro ai gesti quotidiani. Nutro diversi interessi, tra cui la pittura, l’uncinetto creativo e il giardinaggio.

Pongo particolare attenzione alle problematiche dell’universo femminile e delle culture dei popoli. Per diversi anni ho svolto volontariato in un centro antiviolenza. Da alcuni anni scrivo racconti brevi e fiabe, ricevendo diversi riconoscimenti. Ho un blog: La lettrice di carta, dove amo recensire libri di esordienti e di autori conosciuti. Ho scritto il mio primo libro: Un leggero caldo vento di scirocco per la casa editrice Leucotea”.

Intervista / Maria Lucia Ferlisi, col suo romanzo “Un leggero caldo vento di scirocco”, invita a non giudicare gli altri

“Ho sempre di più amato leggere, fin da piccola ed ancora adesso. Sono passata alla scrittura quando mi sono trasferita al nord ed il mio carattere, da estroverso, è diventato terribilmente introverso ed ho trovato libero sfogo nella poesia. Poi nella maturità ho iniziato a scrivere racconti, fino ad arrivare alla stesura del mio primo romanzo”.

“Sono profondamente legata alla mia terra d’origine, anche se manco da quarant’anni, la mia città è sempre nel mio cuore. Cerco sempre di dimostrare quanto è grande il patrimonio culturale della Sicilia e di non soffermarsi allo stereotipo della Sicilia uguale mafia”.

“Volevo raccontare la storia di Domenico, un bambino abbandonato, da un vissuto autobiografico, ma poi la storia, mentre scrivevo, è cambiata. I personaggi femminili, prepotentemente, hanno richiesto tutta la mia attenzione.

La figura della donna è di particolare importanza nel suo racconto, ci parli della donna degli anni 30, protagonista del suo racconto, e di come sia oggi la figura della donna?

“Dalla donna di ieri a quella di oggi sono cambiate molte cose, sono stati apportati notevoli cambiamenti, soprattutto dopo il movimento femminista. La donna adesso ha conquistato molti diritti. Tuttavia la strada è ancora lunga, il corpo della donna continua ad essere mercificato ed oltraggiato.

Questi femminicidi, che negli ultimi anni stanno aumentando come uno dei peggiori bollettini di guerra, ci dimostrano che il lavoro da fare è ancora tanto, e deve essere improntato sin dall’infanzia, soprattutto a livello culturale, per cercare di rendere possibile la parità fra i due sessi. Soltanto quando cominceremo a pensare alle persone in quanto tali, e non come uomo e donna, soltanto allora saranno state eliminate tutte le differenze”.

“Ho voluto descrivere un uomo siciliano come tanti, costretto dalle convenzioni, a non essere se stesso. Anche se uomo è assoggettato ugualmente ai parametri che la società impone. Alla fine sono i sentimenti veri a non avere spazio, soffocati dalla consuetudine e dall’ipocrisia della società”.

Qual è il messaggio che vorrebbe si percepisse dall’opera?

“Vorrei che si riflettesse sui pregiudizi e sull’ipocrisia che investe la società, oggi come ieri. Bisogna cercare di conoscere le persone, con la mente aperta e con la disponibilità all’accettazione dell’altro. Se riuscissimo a non giudicare a priori e ad accettare l’altro, allora la società potrebbe davvero essere migliore”.

Vuole lanciare un invito alle nuove generazioni siciliane?

“Fate conoscere la Sicilia quella vera, delle persone oneste che sono tante, ribaltate i soliti stereotipi che vedono ancora i mafiosi e le donne vestite di nero. Fate conoscere la cultura siciliana e la grande bellezza di questa terra”.

Annalisa Coltraro

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