La prestigiosa Pinacoteca dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale custodisce, tra le collezione d’arte, la testa in gesso di Garibaldi di dimensioni colossali dello scultore acese Michele La Spina (Acireale, 5 febbraio 1849 – Roma, 4 aprile 1943). Lo incontriamo.
Bentrovato, maestro La Spina. Anna Maria Damigella su Memorie e Rendiconti del 2011 dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale, pubblica un articolo in cui descrive il vostro stile artistico per mezzo delle vostre opere conservate a Roma.
Quando arrivo a Roma apro lo studio in via Margutta, al numero 113. Gli anni 1929 e 1931 sono soprattutto quelli in cui il regime fascista rende omaggio alla mia arte. Nel 1929 ho compiuto 80 anni e in una sala della mostra del Sindacato laziale fascista è allestita una piccola antologia delle mie opere, 16 sculture rappresentative: il Ritratto della madre, Faunetto e il Satiro. Mi è stato assegnato anche il primo premio di lire 10.000 e il Governatorato ha acquistato addirittura il busto in bronzo Mia madre per la Galleria d’arte moderna. Nel 1931 sono invitato alla prima Quadriennale nazionale romana dove espongo due sculture. Mi hanno invitato anche nelle mostre del 1935 e del 1939.

Ad Acireale, la vostra città d’origine, avete realizzato numerose opere.
La Pinacoteca dell’Accademia conserva alcune opere, diversi busti bronzei e in gesso patinato e in terracotta. Ho realizzato il Monumento ai Caduti collocato in piazza Garibaldi, una composizione degli anni ‘20 con figure in bronzo su un basamento in travertino.
Al cimitero ho realizzato il monumento funebre per la famiglia Geremia e in giro per la città dei busti di personaggi illustri. Come quello di Lionardo Vigo nella piazzetta omonima, il busto di San Filippo Neri nell’Oratorio dei padri Filippini. E anche busti di cittadini emeriti di Acireale collocati nella Villa Belvedere: Agostino Pennisi, Leonardo Vigo Fuccio, Giambartolo Romeo Marone in marmo, Francesco Samperi Melita e Teodoro Musmeci in bronzo.
Nel 1930, Michele La Spina riceve a Roma una nomina prestigiosa….
Nell’aprile di quell’anno l’Accademia di San Luca mi conferì la nomina di socio benemerito. Onestamente ebbi delle reticenze ad accettare questo prestigioso riconoscimento per l’età avanzata, perché non mi avrebbe permesso di contribuire molto per l’istituzione. In quell’occasione è entrato a far parte della collezione dell’Accademia l’opera a olio Autoritratto.
Cosa accade dopo il 1930?
Verso la fine di quell’anno sono sfrattato da via Margutta, ma il Governatorato fascista mi aiutò concedendomi un affitto di favore presso la chiesetta sconsacrata di S. Maria in Tempulo in via Valle delle Camene, nei pressi della Passeggiata Archeologica.
Ci potete spiegare perché avete voluto realizzare la testa di Garibaldi di dimensioni colossali?
Non c’è un vero e proprio motivo sul desiderio di aver creato la testa del valoroso Garibaldi. I giornali dell’epoca hanno dedicato all’opera articoli e fotografie come l’Ora di Palermo del 1930 che riporta la seguente didascalia “Lavora con giovanile lena ed entusiasmo l’ottantenne scultore siciliano Michele La Spina. Dalla figura dello scultore si può vedere quali siano le mastodontiche proporzioni dell’opera. Anche l’Istituto Luce realizzò un filmato”.
Dopo la vostra morte, avvenuta nell’ospizio presso S. Maria in Cappella a Trastevere, si discusse sulla collocazione delle vostre opere e soprattutto della testa di Garibaldi.
Volevano collocare la testa di Garibaldi a Nizza, secondo la mia volontà. Ahimè, il mio desiderio non si è avverato, perché il 29 settembre 1948 decidono di conservare l’opera alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, ma la testa oltre a essere intrasportabile, misurava 7×5 m, non riesce a passare dalla porta e non si può demolire l’ingresso per il valore culturale dell’edificio sconsacrato. Alla fine, come ho potuto apprendere con dispiacere, decidono di distruggerla.
Marcello Proietto