Libri / I giornali della Fisc raccontati da don Giorgio Zucchelli, che indica anche come rilanciare la stampa cattolica

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IL SETTIMANALE DIOCESANO. QUESTO SCONOSCIUTO,
Libreria  Editrice Vaticana, pp. 508, € 20,00 

Un libro sui settimanali diocesani? Il direttore de “Il Nuovo Torrazzo” di Crema, don Giorgio Zucchelli, presidente della Fisc, Federazione Italiana Settimanali Cattolici, per sei anni (2005-2010) ne conosce vita, morte e miracoli e ha voluto raccontarli in un volume edito dalla Libreria Editrice Vaticana, per rompere il silenzio su questa bella realtà dei giornali delle Chiese italiane. Sì, perché in ogni diocesi si legge il proprio settimanale, ma probabilmente pochi sanno che esistono altre 193 testate analoghe, nelle 225 diocesi d’Italia, che pubblicano ogni settimana circa 800.000 copie.

È una presenza notevole, dunque, anche se nei media nazionali non se ne parla mai. Ecco perché il settimanale diocesano risulta uno sconosciuto e l’autore tenta di rimediare con questo suo libro. La storia di ciascuno di essi infatti è reperibile in pubblicazioni locali, ma non è ancora stato scritto un testo che ne offra un’adeguata visione d’insieme.

L’autore racconta la storia dei giornali diocesani, partendo dal Movimento Cattolico Italiano dell’Ottocento nel quale molti di essi affondano le radici. Poi una dettagliata fotografia dei periodici attualmente esistenti in Italia, regione per regione, e delle loro diverse tipologie. Infine un breve excursus sul pensiero della Chiesa a riguardo dei media, dalla Etsi Nos di Leone XIII, la prima enciclica che ha promosso la stampa cattolica, al Concilio, al recente messaggio di papa Francesco.

La presentazione del libro di don Zucchelli a Crema
La presentazione del libro: il moderatore Angelo Marazzi, il vescovo mons. Oscar Cantoni, il presidente Fisc, Francesco Zanotti, e don Giorgio Zucchelli

Per i settimanali diocesani ne viene un identikit ben preciso di giornali d’evangelizzazione. Non testate d’opinione, ma prima di tutto d’informazione. Testate che s’appassionano per la difesa e la promozione dei valori cristiani, quotidianamente e in occasione di celebri iniziative come il Referendum sulla Legge 40 del 2005. Testate che formano società civili e comunità ecclesiali, con direttori e giornalisti motivati, perché sanno che il loro non è un lavoro, ma una missione. Perché tutto è carità: persino la lingua con la quale si comunica.

Insomma, una panoramica generale di questo universo ecclesiale che soffre purtroppo la crisi odierna di tutta l’editoria. Don Zucchelli vuole contribuire al rilancio di questi periodici, non intende scrivere un libro che sia l’ultima fotografia di gruppo dei settimanali diocesani. Ma sono necessarie alcune scelte e per far queste scelte bisogna aver ben chiare le caratteristiche del prodotto.

L’autore dedica molto spazio a dimostrare che i settimanali diocesani devono essere innanzitutto giornali d’informazione, perché il racconto della vita di un territorio, illuminata dalla fede, fa crescere nell’opinione pubblica, una certa visione della realtà e della storia. Inoltre, giornali di opinione per diffondere direttamente e testimoniare i valori umano-cristiani. Giornali infine di servizio di cui la gente di un territorio finisce per non poterne fare a meno. Il tutto per dimostrare che è ancora possibile una forte presenza dei media diocesani, anche in questo periodo di crisi.

“Ritengo non sia più rinviabile – si legge nell’introduzione – che la Cei raduni attorno a un tavolo gli stati generali della comunicazione ecclesiale italiana, da Avvenire, ai quotidiani cattolici, ai più grandi rotocalchi, ai settimanali diocesani, alle radio e tv locali, all’agenzia Sir, per abbattere gli attuali steccati e studiare insieme un progetto di rilancio globale della comunicazione ecclesiale che crei forti sinergie interne, pur garantendo le autonomie, e potenzi l’informazione locale, ponendo subito alcuni paletti. Ad esempio: “vietato” alle diocesi chiudere qualsiasi testata fino a nuovo ordine, fino cioè a un nuovo riassetto del sistema, per non rischiare di buttare all’aria un patrimonio secolare di straordinario valore. Una sorta di “linea del Piave”: da qui non si retrocede!

“Secondo: creare subito un pool di professionisti all’altezza. Ciascuna diocesi dovrebbe deputare almeno un prete e/o alcuni laici alla formazione universitaria specifica: saranno i direttori, i giornalisti e i responsabili delle comunicazioni sociali dei prossimi anni, protagonisti del progettato rilancio”.

M. P. R.

 

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